Il-Trafiletto
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23/10/14

Denis Mukwege, il medico che "ripara le donne"

Il ginecologo era anche candidato al Nobel Denis Mukwege, l'uomo che "ripara le donne"

E' un ginecologo congolese che ha curato migliaia di donne vittime di stupri di guerra che continuano da 16 anni nella Repubblica Democratica del Congo. Conosciuto in tutto il mondo per la sua opera, viene definito "l'uomo che ripara le donne" per la sua costante assistenza a donne vittime di stupri di gruppo e di violenze, disonorate vengono messe al margine della società e usate come schiave del sesso. Lui le cura le ridà dignità e, in un certo senso gli restituisce l'"onore".

Ha diffuso il problema in tutto il mondo , sensibilizzando l'opinione pubblica ha ricevuto aiuti e premi. Candidato anche al Nobel, e poi, facendogli vincere il premio Sacharov per la libertà di pensiero, importante riconoscimento del Parlamento Europeo. Il suo discorso alle Nazioni Unite nel 2012 iniziò così:
"Vorrei iniziare il mio discorso con la formula di rito: ho l'onore e il privilegio di parlare davanti a voi". Ma poi, commosso, si interrompe e dice: "Ahimé, le donne vittime di violenza sessuale nella Repubblica Democratica del Congo sono disonorate. Vedo costantemente con i miei occhi le anziane, le giovani, le madri, e persino le bambine disonorate. Ancora oggi, molte sono schiave sessuali. Altre sono usate come armi di guerra. I loro organi subiscono i trattamenti più aberranti. E questo è successo per 16 anni! 16 anni di tortura, 16 anni di mutilazione, 16 anni di distruzione delle donne, l'unica risorsa vitale del Congo. 16 anni di distruzione di un'intera società".
Denis Mukwege,
 Questo discorso gli costò caro, per la ritorsione di un gruppo armato che attaccò casa sua in sua  prendendo le sue figlie in ostaggio e attese che lui tornasse. Scampò all'omicidio solo grazie ad un uomo della sicurezza che pagò con la vita. Questo fece fuggire Mukwege che si rifugiò in esili in Europa. L'ospedale Panzi a Bukavu che ha fondato, definì devastante la partenza di Mukwege. Ritornato un anno dopo, viene accolto come un eroe e ritorna a lavorare al Panzi dove tuttora aiuta le donne: si stime che ne abbia curate circa 14mila, tutte vittime di stupri di gruppo.

Mukwege è quest'anno il vincitore del premio Sacharov, intitolato al fisico e dissidente russo. Il medico riceverà 50mila euro. Non è il primo riconoscimento internazionale che riceve: già candidato al Nobel per la pace, Mukwege ha una lunga lista di premi, tra cui lauree honoris causa e il premio "right livelihood", conosciuto anche come il Nobel alternativo.



23/03/14

Il farmaco che rivoluzionò il mondo della medicina: la Penicillina.

Negli anni 20 moltissime persone morivano a causa di infezioni batteriche, alcune volte causate da piccolissimi e semplicissimi graffi. Alexander Fleming, uno scienziato e dottore scozzese, stava lavorando in un ospedale di Londra. Lui stava cercando di scoprire i modi per combattere i batteri. Fleming in quel periodo era alle prese con un pericolosissimo batterio chiamato stafilococco. Un giorno,nel chiudere frettolosamente il suo laboratorio perché stava partendo per le vacanze, dimenticò di lavare tutte le apparecchiature prima di lasciarlo. C’era una capsula nella quale stavano crescendo gli stafilococchi. Quando alcune settimane più tardi, Fleming tornò dalle vacanze, si accorse che c’era qualcosa simile a muffa in quella capsula che aveva contaminato le colture, e si accorse anche che la crescita del pericoloso batterio stafilococco si era fermata,probabilmente, pensò, a causa di questa muffa. Fleming chiamò questo antibiotico penicillina. Sapeva che la penicillina poteva essere un’importante scoperta, quindi fece alcuni esperimenti con essa. Tuttavia, non essendo un farmacista, per lui era difficile produrre la penicillina pura. Chiese aiuto ad alcuni scienziati colleghi ma nessuno sembrava interessato nel produrre la penicillina. Fleming ha dovuto aspettare più di dieci anni prima che due brillanti scienziati, Howard Florey e Ernst Chain, finalmente trovarono un modo facile per produrre la medicina. Nel maggio del 1940, il gruppo di ricerca di Florey ebbe abbastanza penicillina per poterla sperimentare con gli animali per la prima volta. Con un semplice esperimento, iniettarono un pericolosissimo batterio in otto topi. Un ora dopo, diedero la penicillina solo a quattro topi. Dopo alcune ore, i quattro topi con la penicillina stavano bene, mentre gli altri quattro erano tutti morti! Durante la Seconda Guerra Mondiale, la penicillina ha salvato molte vite, e nel 1945 Fleming, Florey e Chain vinsero il Premio Nobel per la medicina. Ancora oggi questo antibiotico è utilizzato per combattere la maggior parte dei batteri gram positivi come gli stafilococchi e gli streptococchi, le spirochete (Treponema pallidum e Leptospira), gonococchi e meningococchi.

07/02/14

Due gemelli, uno stile di scrittura, il tema aberrante dei desaparecidos


Vi sono temi sociali e politici che rimbalzano nella nostra realtà creando clamore e scompiglio, interessando l'opinione pubblica, scatenando opinionisti, reazioni del pubblico, ma, come fuochi d'artificio, illuminano il cielo e nello spazio di poco tempo, la luce da essi prodotta svanisce nell'oscurità. E' successo per il tema dei desaparecidos, di cui oggi non si sente più parlare. Eppure le famiglie di coloro di cui si son perse le tracce sono ancora lì, a chiedersi il perchè. Già, l'eterno e imperituro perchè a cui nessuno ha mai risposto. E' da questo tema che si dipana la storia vera che i gemelli Fabrizio e Nicola Valsecchi hanno raccontato nel loro terzo romanzo "Giorni di neve, giorni di sole". Un caso letterario più unico che raro il loro, una scrittura a quattro mani, in cui i singoli elaborati si fondono, unendo due sensibilità simili ma diverse, in una simbiosi che ne fa un binomio armonioso. Non solo romanzo, non solo saggio, non solo storia, ma testimonianza, verità, poesia e sentimento.
Giorni di neve, giorni di sole
Fabrizio e Nicola Valsecchi
Una storia che comincia nel 1935, nell’Italia del ventennio fascista; il giovane Alfonso Dell’Orto parte con la madre e la sorella per l’Argentina, dove si ricongiungeranno con il padre Augusto, emigrato qualche tempo prima per motivi politici e lavorativi. Un lungo viaggio per lasciarsi alle spalle le libertà negate del regime e trovare una terra di libertà. Una volta in Argentina, Alfonso segue lo stesso cammino di migliaia di altri italiani partiti con le sue stesse speranze: grazie al duro lavoro, alle rinunce e ai sacrifici, riesce a costruirsi una vita e sposa una ragazza, anche lei italiana, con cui forma una famiglia e diviene padre di quattro figli. Ma lo spettro della dittatura da cui era scappato torna a inseguirlo nel 1976, quando il regime militare dei generali e di Jorge Rafael Videla prende il potere in Argentina aprendo il cosiddetto “Processo di riorganizzazione nazionale”, lotta senza quartiere a qualsiasi tipo di opposizione che provocherà 30 mila desaparecidos, anche grazie all’immobilità, quando non alla complicità di molti altri Stati e della Chiesa cattolica. Tra le vittime, tra i desaparecidos, c’è anche Patricia, la figlia di Alfonso sequestrata a soli ventun anni assieme al marito Ambrosio, con cui svolgeva un lavoro sociale tra i poveri del barrio. Patricia e Ambrosio non faranno mai più ritorno e Alfonso, da nonno si trasformerà in padre della loro neonata di 25 giorni scampata al sequestro. La conferma della morte di Patricia arriverà solo nel 1999, alla riapertura dei processi contro i militari, grazie alla deposizione di un testimone oculare.
A dare forza a questo corpo di pensieri e ricordi, la prefazione di Adolfo Perez Esquivel, Premio  Nobel per la Pace 1980 e la postfazione di Gianni Tognoni, Segretario Generale del Tribunale Permanente dei Popoli, con l'intento di dare voce a tutti coloro che sono stati vittime delle peggiori aberrazioni che la cattiveria umana è stata in grado di partorire. 
Leggere è capire, capire è sapere, sapere è non dimenticare.

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