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08/09/14

Sukuk ovvero i bond islamici invadono il mondo finanziario

L'inizio di questa settimana sarà da scrivere negli annali della storia per i "bond islamici" ovvero i sukuk, investimenti adeguati alla legge della Sharia.

La Goldman Sachs, banca statunitense, è in fase di preparazione per emettere il suo primo bond islamico: come riportato dal Financial Times, la potente banca d'affari di Wall Street incontrerà gli investitori del Qatar e degli Emirati Arabi Uniti per obbligazioni quinquennali da 500 milioni di dollari. Diversificare le proprie fonti di investitori, rientra negli obbiettivi della Goldman Sachs.

Ma la Goldman Sachs non è il solo colosso finanziario interessato ai bond islamici, dall'altra parte dell'oceano, in pieno Continente Nero, il Sudafrica vuole diventare il secondo Paese non musulmano a emettere sukuk per un ammontare di almeno 500 milioni di dollari. Ha fatto da apripista l'emissione "islamica" di oltre 200 milioni di sterline, avvenuta in giugno nel Regno Unito, e per la prima volta in un paese occidentale. Gli incontri con gli investitori per il futuro bond islamico di Pretoria verranno coordinati da BNP Paribas, Standard Bank e KFH Investment (unità operativa di Kuwait Finance House).

AFRICA
Solo Gambia e Sudan avevano emesso sukuk. Ora tutta l'Africa si interessa ai bond islamici  per intercettare i ricchi flussi di liquidità mediorientali e asiatici finanziando le future infrastrutture del Continente africano.

ASIA
Non si limita a guardare, il governo di Hong Kong (rating tripla A) il roadtour per il suo sukuk, che toccherà Dubai, Doha, Abu Dhabi, Singapore, Kuala Lumpur e Londra.
A immettere i bond islamici saranno HSBC, Standard Chartered, CIMB Group Holdings e la National Bank di Abu Dhabi. Pur senza informazioni ufficiali gli operatori gli operatori ipotizzano una "forchetta" da 500 milioni a 1 miliardi di dollari, per un titolo quinquennale.

EUROPA
Dopo Londra il Lussemburgo, (rating tripla A) sta effettuando alcune modifiche normative finanziando infrastrutture per raccogliere 200 milioni di euro con i sukuk. Rimane comunque il Regno Unito a essere il più risoluto in Europa: Londra, vuole diventare «l'hub occidentale della finanza islamica - parole di George Osborne ministro delle finanze».

E L'ITALIA?
La società di servizi finanziari Azimut Holding si stà muovendo.- «Non siamo conosciuti nel mondo della finanza islamica – spiega da Istanbul Giorgio Medda, ceo di AZ Global Management (sussidiaria turca di Azimut Holding) – abbiamo raccolto 55 milioni di dollari in quattro mesi con il nostro fondo Global Sukuk UCITS. Che ancora non abbiamo commercializzato in Asia e nei Paesi del Golfo».

I SUKUK cosa sono?
il mondo finanziario islamico
Il Trafiletto
Due parole sui sukuk: sono certificati di investimento conformi alla Sharia, la legge islamica tradizionale, che proibisce il prestito a interesse. A differenza delle obbligazioni, devono corrispondere a un progetto (spesso immobiliare o infrastrutturale).

SARANNO UTILI?
Sì perché, come a suo tempo disse il premier inglese David Cameron, «la finanza islamica cresce a un ritmo superiore del 50% al settore bancario tradizionale e gli investimenti a livello globale cresceranno a 1.300 miliardi di sterline entro il 2014, e per questo vogliamo assicurarci che una grossa percentuale di questi nuovi investimenti siano qui in Gran Bretagna». Del resto una buona parte della skyline londinese esiste proprio grazie ai sukuk: dallo Shard London Bridge, il grattacielo più alto dell'Unione europea con i suoi 310 metri d'altezza disegnati da Renzo Piano, al villaggio Olimpico costruito per i Giochi del 2012.

E LE AGENZIE DI RATING?
Nel 2014 le emissioni in essere in sukuk, secondo Moody's Investor Service, sono destinate sfiorare quota 300 miliardi di dollari, con più di un terzo emesse da Stati sovrani. Ma la cifrà lieviterà sensibilmente nei prossimi anni per finanziare l'Expo 2020, conquistato da Dubai. Un "bottino" sul quale l'Occidente è destinato a non restare indifferente.

04/03/14

"Gocce" di notizie: Usa blocco di tutti gli scambi bilaterali e investimenti con Mosca,

Congelate ogni forma di cooperazione militare Stati Uniti  Russia "alla luce dei recenti eventi in Ucraina": lo ha annunciato il Pentagono, secondo cui la sospensione riguarda tra l'altro "le esercitazioni, gli incontri bilaterali, le visite ai porti e la pianificazione di conferenze". Seguito da vicino l'evolversi della situazione ucraina. Non solo: l'amministrazione di Washington ha altresi' bloccato tutti i colloqui in materia di scambi bilaterali e di investimenti con Mosca, come reso noto dall'Ufficio per il Commercio Estero. "Sollecitiamo la Russia di far rientrare la crisi in Ucraina, e alle forze russe in Crimea di tornare alle loro basi, come richiesto dagli accordi che disciplinano la Flotta russa del Mar Nero", ha dichiarato il portavoce del ministero della Difesa Usa, contrammiraglio John Kirby. Questi ha poi sottolineato che le Forze Armate Americane "non hanno modificato in alcun modo la propria presenza in Europa o nel Mediterraneo" in risposta alla crisi. La Marina Militare, in particolare, "proseguira' le operazioni e le esercitazioni di routine precedentemente programmate insieme agli alleati e ai partner nella regione". L'unica nave da guerra americana che si trova attualmente nel Mar Nero e' la fregata 'Uss Taylor', peraltro ferma all'ancora per riparazioni nel porto turco di Samsun dopo essersi incagliata di recente. Il presidente Vladimir Putin ha intanto ordinato il rientro nelle rispettive basi permanenti alle forze russe impegnate nelle esercitazioni militari a sorpresa, iniziate il 26 febbraio scorso nelle regioni occidentali e centrali della Federazione: lo ha annunciato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, secondo cui le relative disposizioni sono state impartite ieri dal presidente, in quanto supremo comandante in capo, dopo essere stato informato dell'esito positivo delle manovre.                                                                                  fonte(AGI)

08/02/14

Un nuovo piano industriale per lo stabilimento di Porcia | Electrolux non chiude

Porcia rimarrà produttivo. Il mionistro Zanonato ne ha dato conferma ieri, e cautamente dice: "c'è ancora molto da fare" Non basta abbassare il costo del lavoro,bisogna investire in ricerca e rendersi competitivi sui mercati emergenti, il settore è in aumento e le potenzialità ci sono.


"Sono arrivate notizie positive dall'Electrolux. Il Gruppo comincia a ragionare sul grande sito di Porcia in modo diverso da come sembrava averla inizialmente impostata: l'idea cioe' di chiudere il sito e di trasferire la produzione delle lavatrici in Polonia". Lo afferma il ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato alle telecamere del gr Emilia Romagna a margine del convegno promosso dalla Provincia di Ferrara. "Non dobbiamo, come dire, - aggiunge - pensare che una rondine in questo caso fa primavera.

Pero' e' una rondine. E' un qualcosa di positivo da valorizzare e adesso dobbiamo muoverci con maggiore insistenza. La direzione e' quella del piano industriale che prevede il rilancio dell'elettrodomestico e che non immagini di utilizzare solo la variabile del costo del lavoro come l'unica leva per rendere il prodotto, la lavatrice in questo caso, competitiva nei mercati internazionali. Il prodotto si rende competitivo se e' di qualita', in una fascia alta, se si trovano nuovi mercati perche' quello dell'elettrodomestico a livello globale e' in crescita".                                                    fonte (AGI) Red/Ila .

28/01/14

Stipendi tagliati per la svedese Electrolux. Il Ministro Zanonato dà ragione all’Azienda.

Il gruppo svedese Electrolux, azienda di elettrodomestici, minaccia di tagliare gli investimenti e chiudere gli stabilimenti nella Penisola. Gli stipendi italiani sono troppo alti. O si adeguano a quelli dei paesi dell'Est Europa o si tagliano i posti di lavoro. E' la minaccia non tanto velata che pende sulle sorti degli stabilimenti della Electrolux che, nell'incontro di oggi a Mestre, avrebbe proposto un drastico taglio di salari, premi e permessi, sei ore lavorative, stop agli scatti di anzianita’ e al pagamento delle festivita’, riduzione delle pause. Il traguardo e’ abbassare i costi di produzione, specialmente quelli sul lavoro, con tagli sulla retribuzione, che dovrebbero scendere da un massimo attuale di circa 1400 euro a cifre comprese fra i 700 e i 900 euro circa. Per far sopravvivere le sedi produttive di Susegana, Porcia, Solaro e Forlì, il gruppo prevede ora di ridurre di 3-5 euro gli attuali 24 euro dell'attuale costo medio orario del lavoro, in modo da ridurre il divario con i salari in Polonia, dove gli operai di Electrolux percepiscono 7 euro l'ora.
Secondo fonti sindacali, il gruppo ha lasciato intendere che se il piano non dovesse essere accettato verrebbero bloccati gli investimenti che il gruppo avrebbe intenzione di fare in Italia. Sempre secondo i sindacati il piano presentato è "irricevibile" e "impedisce alla parte sindacale di proseguire il confronto con l'azienda". Lo ha detto Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, << Per quanto ci riguarda - ha aggiunto Palombella - questo è il tempo della lotta dura e ad oltranza. Il governo, se c'è, almeno si faccia sentire. Abbiamo atteso invano un confronto con il ministro dello sviluppo economico, Flavio Zanonato che non c'è mai stato, ora andiamo direttamente da Letta perché Electrolux per sbarcare in Italia ha usato soldi degli italiani ed ora per guardare ad Est utilizza fondi Ue che in parte sono sempre nostri". Dal canto suo il Ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato comprende le ragioni dell'azienda e dice: << Gli elettrodomestici italiani sono di ottima qualita’, ma risentono di costi produttivi superiori ai nostri concorrenti” e bisogna quindi ridurli. Fra i punti critici - ha aggiunto, - c’è il problema del costo del lavoro >>. Più tardi, l'ufficio stampa del Ministero Sviluppo ha precisato che, come ripetuto nei giorni scorsi, "aldilà delle polemiche" la prima preoccupazione del ministro sono i lavoratori. E comunque dal Ministero arrivano voci di una convocazione per mercoledì.
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