Il-Trafiletto
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24/09/14

The Dark Hedges, un posto da favola

Nelle novelle si favoleggia di posti meravigliosi, di foreste annose, di alberi secolari, di luoghi intrisi di misticismo e magia che stuzzicano la nostra  fantasia e danno spazio al sogno, all'avventura e a quel nostro spirito fanciullesco che spesso giace latente in un angolo recondito della nostra anima. Ma in taluni casi non si tratta solo si luoghi di fantasia, ma di reali angoli di paradiso che possono palesarsi ai nostri occhi.

Vicino al tranquillo villaggio di Armory, nell’Irlanda del nord, c’è una strada di campagna che sembra uscita dalla mente di uno scrittore: il nome con cui è conosciuta è The Dark Hedges (letteralmente “Le siepi scure”), e quello che la rende unica sono i densi filari di faggi che costeggiano la strada.

The Dark Hedges
immagine presa dal web
Gli alberi furono piantati intorno nel 1750 dalla famiglia che al tempo possedeva il terreno, con l’idea di creare un ingresso d’impatto per la loro villa, ed hanno decisamente raggiunto e probabilmente superato l’obiettivo. Nel corso degli anni, gli alberi sono cresciuti e i loro rami, quasi braccia, si incrociano l’uno con l’altro creando un ambientazione che suggestiva, trasportandoci in un mondo quasi irreale, anche grazie ai giochi di luce che si creano tra i rami.

Fino ad una quindicina di anni fa, The Dark Hedges era conosciuta solamente dagli abitanti della zona, ma nel 1998 l’ente per il turismo nord-irlandese ha iniziato a promuovere la località, rendendosi conto delle potenzialità. Oggi The Dark Hedges è anche un classico degli sfondi per il desktop ma anche una location cinematografica importante: lì sono state girate, ad esempio, alcune scene de Il Trono di Spade.

08/07/14

Se andate nel Gévaudan, non avventuratevi tra le campagne

Nella seconda metà del '700, tra le contrade del Gévaudan francese, si aggirava una bestia che uccise e ferì numerosi animai e persone, nella maggior parte dei casi bambini. Il bravo governo francese fece del suo meglio, spigando mezzi e uomini, per fermare questo animale dalla natura sconosciuta. Ci riuscì nel 1767, o almeno si suppone ci riuscì, perché la bestia, dopo quel giorno, non uccise più.

La Bestia del Gévaudan
La Bestia del Gévaudan
Perché vi ho parlato della Bestia del Gévaudan? Perché il libro di oggi ha preso spunto proprio dai terribili avvenimenti avvenuti in Francia ma che continuano a suscitare le ipotesi più svariate: un lupo enorme, un serial killer, un lupo mannaro, un leone e chi più ne ha più ne metta! Il libro in questione è Il patto dei lupi di Pierre Pelot.

de Fronsac e Mani
de Fronsac e Mani
Il libro romanza gli avvenimenti accaduti nei tre anni duranti i quali la bestia terrorizzò le campagne francesi del Gévaudan, in particolare dal momento in cui re Luigi XV decide di inviare sul posto dei cacciatori per eliminare la Bestia. Nel libro ad investigare saranno il cavaliere de Fronsac e il suo amico Mani.

Molto spesso avviene che dal libro viene poi fatto il film, sconvolgendone o meno la trama. Con Il patto dei lupi però si ha l'esatto contrario. Questo romanzo infatti è la trasposizione del film uscito nel 2001 con Vincent Cassel e Monica Bellucci.

Il patto dei lupi
Il patto dei lupi
Recensire un libro tratto da un film risulta un po' difficile, potrei dirvi tranquillamente di guardare il film per farvi un'idea di com'è il libro, ma le immagini e le parole finiscono per suscitare impressioni diverse.

Nel romanzo, l'autore riesce a mantenere le ambientazioni cupe e di sospetto che permeano l'intero film. Se avete visto il film e voleste cimentarvi con la lettura di questo libro, finire per guardare film mentre leggete quanto l'autore scrive. Che ciò sia un bene o un male lo lascio decidere a voi.

La scrittura è scorrevole e leggera. Trattandosi di una trasposizione da un'opera cinematografica il racconto delle vicende tende ad essere, come vi ho già ho accennato prima, molto visivo.

Pierre Pelot
Pierre Pelot
La narrazione è avvincente, in grado di dosare alla perfezione, azione, mistero ed investigazione, ma trattandosi di una trasposizione da un film, è normale che sia così.

Sul libro non c'è davvero molto da dire, non è neppure molto lungo da leggere, molto di più ci sarebbe da dire sulla misteriosa Bestia del Gévaudan, uno di quegli enigmi rimasti tali nel corso della storia che finisco, da sempre, per alimentare la fantasia di scrittori e registi.








(Le immagini presenti in questo post sono state prese da internet, così come le notizie riguardanti la Bestia del Gévaudan) 

13/12/13

Un viaggio nella terra dei faraoni

Per questo quarto appuntamento con la mia rubrica ho deciso di parlarvi del libro Il Dio del fiume di Wilbur Smith. Il Dio del fiume è il primo di quattro libri di una saga d'avventura ambientata ai tempi dei faraoni.

Narratore di questa storia è Taita, uno schiavo al servizio, prima del nobile Intef, poi della figlia Lostris quando questa diventa l'ultima e la più importante moglie del faraone Mamose. Tramite la voce di Taita, Smith ci racconta degli intrighi e dei raggiri di Intef, nonché dei tentativi di Taita stesso di sventarli.
Il Dio del fiume
Dell'affetto profondo di Taita per Lostris e del suo desiderio, non potendo sposarla, di starle sempre accanto e aiutarla a coronare l'amore che prova per il soldato Tanus, grande amico di Taita ma odiato da Intef. Smith poi ci racconterà la storia del faraone e del popolo egizio, della fuga a causa dell'invasione degli Hyksos, ma anche del glorioso ritorno dopo anni di esilio forzato.

La scelta di Smith di narrare le vicende di Taita e degli altri personaggi in prima persona, si rivela essere una scelta quanto mai azzeccata, dando al libro un carattere personale e intimo, protendendo quindi Taita, la voce narrante, verso il lettore.

Con abili pennellate e ricche digressioni Smith, al pari di un abile pittore, dipinge davanti ai nostri occhi i meravigliosi luoghi, dell'Egitto e non solo, ma anche personaggi ben inseriti nella mentalità e nella cultura di quel tempo antico, permettendo in questo modo al lettore di percepire, toccando quasi con mano, gli imponenti palazzi faraonici e la calda e sottile sabbia del deserto.

La figura di Taita, narratore del romanzo, viene esaltata in modo forse un po' eccessivo tanto da renderlo quasi insopportabile nella prima metà del libro, dove sembra essere un pozzo di scienza in ogni ambito della conoscenza: dalla medicina all'architettura, dal canto alle tattiche da guerra. Sembra infatti che non ci sia nulla che Taita non sappia. Con il proseguire del libro però si finisce col farci l'abitudine e tollerare questo straordinario personaggio fino ad affezionarsi a lui.

Wilbur Smith
Gli altri personaggi presenti nel romanzo risultano ben inseriti nelle vicende narrate, in alcune parti ovviamente risultano un po' esagerati e forse poco credibili per quel tempo, ma trattandosi di un romanzo il “difetto”, se così lo si può chiamare, è assolutamente tollerato.

Le vicende amorose dei personaggi si mescolano egregiamente alle parti avventurose che, con l'eccezione delle poche battaglie presenti, non hanno un ritmo così incalzante da incollare il lettore alle pagine di questo romanzo.

Nonostante, o forse proprio grazie a questo, Il Dio del fiume si rivela essere un buon libro di avventura, adatto per gli amanti del genere e consigliato per quanti subiscono il fascino dell'antico Egitto e degli amore tormentati se non addirittura impossibili.

05/11/13

Perchè si dice "fatica di Sisifo"?

Fra le mi varie fissazioni, ci sono i racconti mitologici della Grecia antica. Secondo me sono fra le favole più belle che si possano leggere e raccontare, adatte a tutti, intrise di avventura, romanticismo, intrighi, attuali come non mai.
Ed infatti da una di queste storie che deriva un adagio a me caro, e che voglio condividere con voi, perchè sono convinta che possiamo sempre trovare l'occasione per usarlo, essere eleganti e taglienti allo stesso tempo, senza risultar volgari.
Sisifo
  
Fatica di Sisifo si dice di un lavoro inutile, una fatica che non produce nessun risultato.
Sisifo, figlio di Eolo, fu un pessimo tiranno di Corinto, che imponeva una taglia ai viandanti che attraversavano l'istmo. Zeus decretò che morisse, ma lui catturò Thanatos (la Morte) e l'incatenò: così non moriva lui, e non moriva più nessuno.

Zeus dovette mandare Ares a rimettere in libertà la triste Eguagliatrice, e Sisifo venne mandato agli Inferi, dove fu condannato a portare e riportare eternamente, su per una ripida china, un gran masso tondo, che appena toccava la cima, ruzzolava a valle.
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