Il-Trafiletto
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07/05/14

Perdona che ti fa bene | Il perdono come terapia

La scienza ha valorizzato un antico precetto: dimenticare i torti subiti non solo aiuta lo spirito ma, allenta l'ansia, fa passare il mal di testa e migliora le difese immunitarie Dimenticare i rancori e i torti subiti. Dimenticare le ferite provocate da un' offesa o da una grave violenza. Perdonare. 

Chi è protagonista di un atto di clemenza verso il suo «carnefice» suscita spesso l'ammirazione dell'opinione pubblica. Senza fare nomi, sappiamo bene di persone che pur avendo subito una strage in famiglia ha perdonato chi gli aveva sterminato la famiglia. Il fatto nuovo che ha richiamato 1'attenzione degli studiosi su questo atteggiamento è che perdonare non è solo un atto nobile, un richiamo a un principo eticocristiano “perdona le nostre offese come noi perdoniamo a chi ci ha offeso”, recita la versione moderna del «Padre nostro»". È anche un modo per fare del bene e stare meglio in salute. Lo sostiene un gruppo di ricercatori americani che ha sperimentato la «terapia del perdono» su genitori di vittime di omicidi nell'Irlanda del nord.
immagine presa dal web

 I risultati, presentati al meeting dell' American psychological association di San Francisco, hanno confermato la tesi iniziale dello psicologo Carl Thoresen della Stanford University: perdonare non comporta necessariamente giustificare o dimenticare le offese subite e riconciliarsi con i responsabili, ma rinunciare al diritto di provare esasperazione e irritazione, e di covare un desiderio di vendetta. La ricerca non è rivolta solo a persone particolarmente buone. Perché il perdono è una tecnica, e si impara. Insieme alla sua equipe il ricercatore americano ha sviluppato quindi un'apposita terapia:" sei sedute di gruppo dedicate alla necessità di abbandonare ogni rigida regola di comportamento in favore di «preferenze » di comportamento e di riconoscere la propria impossibilità di controllare il comportamento di altri.

La terapia di gruppo ha interessato 259 pazienti. Tutti hanno notato un notevole abbassamento del livello di stress, rabbia e sintomi psicosomatici come mal di testa e mal di pancia; i valori di pressione arteriosa erano inferiori, con una minore predisposizione all'infarto rispetto a chi non aveva seguito questa particolare cura. Sembra poi che anche il dolore del ricordo dell'offesa o del delitto si sia attenuato, con una maggiore disposizione degli offesi al perdono. Tutto questo ha avuto altri risvolti pratici, come una più rapida capacità di pensare a nuovi progetti lavorativi. La terapia del perdono non è perciò frutto di movimenti religiosi; in realtà è stata promossa da un gruppo di scienziati, tra cui psicologi e antropologi, che sono così riusciti a dimostrare un assunto apparentemente scontato: perdonare fa bene non solo allo spirito, ma anche alla salute.

La terapia del perdono potrebbe sembrare un'assoluta novità. E questo è vero se rimaniamo nell' ambito della ricerca scientifica. Ma se diamo uno sguardo ad altri popoli, scopriamo curiose analogie. In particolare, nella popolazione hawaiana esiste un termine, ho 'oponopono, che letteralmente significa correggere, e indica una tradizionale terapia di gruppo praticata dagli indigeni e rivolta alla cura di malattie sia di genere patologico che sociale. La terapia si ispira a credenze molto antiche sul concetto del mondo e della divinità, riviste in una versione moderna, dove si intrecciano pratiche religiose tradizionali e moderni approcci psicoterapeutici. È un metodo che risulta particolarmente adatto per risolvere conflitti di vario genere all'interno di famiglie culturalmente hawaiane e prevenire o curare disturbi anche di origine psicosomatica.
ho 'oponopono: Innanzitutto essa viene stabilita soltanto se vi è una ragionevole possibilità di riuscita nella risoluzione del problema in questione, sia che si tratti di malattia sia di conflitto sociale o di entrambe le cose. Nei partecipanti deve esserci la reale volontà di venire a capo del problema e di restaurare la qualità positiva di relazioni sociali che hanno assunto una piega indesiderata, ed eventualmente provocato effetti spiacevoli. Ai partecipanti è richiesta lealtà, sincerità e disponibilità a mettere a nudo e in discussione sentimenti e pensieri, cuore e intelletto; è inoltre necessario che, se una parte ha commesso un torto, questa sia favorevole a una qualche forma di restituzione o di risarcimento ed entrambe le parti siano propense al perdono reciproco. Cruciale è inoltre la figura del «mediatore» a cui le parti in causa si rivolgeranno durante la seduta anche per comunicare con l'altra persona, e stemperare così la tensione emotiva.
Divorzi e Aids I successi della terapia del perdono hanno ispirato nuovi tipi di trattamento anche in altre situazioni. Peresempio, Sandra Thomas, dell'università del Tennessee (Usa), ha lavorato con gruppi di divorziati ancora pieni di rancore nei confronti dell'ex coniuge. La terapia consiste nel fare un'intervista- confessione sui motivi che alimentano questa rabbia e continua con esercizi di scrittura, realizzando finte lettere e finte telefonate all'ex. Alla fine, una volta superato il rancore, come risultato immediato i genitori iniziavano a costruire un rapporto migliore con i figli. Le potenzialità del perdono sono tali che le sue applicazioni arrivano fino alle terapie mediche in senso stretto. Nel caso dell'Aids, si parte da alcune considerazioni: «È ormai dimostrato il legame stretto tra rancore e abbassamento delle difese immunitarie», afferma lo psicologo americano Everett Worthington, «e oggi sappiamo anche che perdonare, non solo razionalmente, ma coinvolgendo il livello emotivo, ha effetti benefici sull'organismo umano». Per curare le persone colpite da Aids, nell'università del Maryland il dottor Robert Redfield sta sperimentando quanto il perdono da parte dei malati verso chi ha causato il contagio sia in grado di rallentare 1'avanzata della malattia.
Il ricorso al perdono potrebbe diventare allora un rimedio rivoluzionario, non solo per la cura della persona. Un esempio? Immaginiamo cosa succederebbe con la rinuncia alla vendetta nelle zone del pianeta a più alta tensione: si otterrebbero risultati sorprendenti a livello internazionale, interrompendo la spirale di violenza tra razze e religioni diverse.

12/04/14

Papa Francesco: ”Mi faccio carico e chiedo perdono per gli abusi dei sacerdoti sui bambini.”

“Mi sento chiamato a farmi carico di tutto il male compiuto da alcuni sacerdoti. E a chiedere perdono per il danno che hanno compiuto, per gli abusi sessuali sui bambini – ha detto il Pontefice parlando a braccio durante l’udienza con l’Ufficio Cattolico per l’Infanzia – La Chiesa è cosciente di questo danno. E noi non vogliamo compiere un passo indietro nell’affrontare questo problema e le sanzioni che devono essere comminate. Al contrario credo che dobbiamo essere molto forti. Con i bambini non si gioca”. Una giornata, quella del Papa, tutta «dalla parte dei bambini», come recita il titolo di apertura dell’Osservatore Romano. L’occasione sono due udienze, una con il Movimento per la Vita e l’altra con l’Ufficio Internazionale Cattolico per l’Infanzia. E proprio in quest’ultimo incontro arriva inatteso il «mea culpa» sui delitti perpetrati da alcuni sacerdoti. “ I bambini vanno difesi sempre e comunque, da ogni tipo di violenza, come il «lavoro da schiavi» o il reclutamento come soldati. Vanno tutelati anche nella famiglia, dove ci debbono essere come genitori non due persone dello stesso sesso ma un uomo e una donna, «una mamma e un papà»”. E ancora “ I bambini debbono essere protetti dalle «manipolazioni educative» perchè gli orrori che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti”. Bergoglio ha ringraziato allora i 500 volontari del Movimento per la Vita, con in testa il presidente Carlo Casini. Come anche benedice la campagna «Uno di noi», portata avanti dallo stesso movimento con una raccolta di firme, per riconoscere a livello giuridico la tutela dell’embrione. E Bergoglio difende anche l’obiezione di coscienza, raccontando un episodio capitatogli quando era arcivescovo di Buenos Aires. Un medico abortista argentino, «nel corso di un incontro di medici, mi ha chiamato da una parte. Aveva un pacchetto e mi ha detto: “Padre, io voglio lasciare questo a lei. Sono gli strumenti che io ho usato per abortire. Mi sono pentito, e adesso lotto per la vita!”. Mi ha consegnato tutti questi strumenti». E il Papa aggiunge: «Pregate per quest’uomo bravo». Le Nazioni Unite hanno chiesto alla Santa Sede di rimuovere immediatamente dal loro incarico chi ha commesso abusi sessuali sui bambini, o che ne è sospettato, perché finora – sostiene l’Onu – ha adottato politiche e pratiche che hanno portato a continuare abusi su decine di migliaia di bambini e all’impunità degli autori.Il Comitato ha anche esortato la Santa Sede a valutare il numero di bambini nati da preti cattolici, scoprire chi sono e prendere tutte le misure necessarie per garantire i loro diritti.
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