Il-Trafiletto
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04/10/14

Treviso | Genitori precoci (12 anni lui, 13 lei) si preparano agli esami di licenza media.

Una storia nata sui banchi di scuola addirittura tre anni fa, quella di Daniele e Francesca, nomi di fantasia, 12 anni lui e 13 lei, e terminata con la nascita del loro figlio che ora ha tre mesi. Ora la neo mamma ha compiuto 14 anni ed ha potuto così riconoscere il figlio. E’ accaduto in Veneto, esattamente in provincia di Treviso. Tutto il periodo della gravidanza della neo mamma è stato molto riservato, protetto da occhi e orecchi indiscreti, sia in ambiente familiare che in ambito scolastico; infatti pochissime persone erano al corrente di quello che stava succedendo ai due neo genitori, i parenti più stretti ed alcuni dirigenti scolastici. Per questo nella zona dove abita Francesca molte persone sono cadute dalle nuvole quando, passando davanti alla sua casa, hanno visto quel fiocco azzurro campeggiare sulla porta d’ingresso, anzi, alcuni avevano creduto che fosse nato un fratellino alla ragazzina. A scuola professori e compagni di classe erano all’oscuro di tutta la vicenda, ma da quando la notizia è diventata di dominio pubblico questi ultimi non fanno altro che girare continuamente in bicicletta davanti alla casa della loro compagna di classe e neo mamma. E Daniele? Il neo papà si è comportato fin da subito come un adulto, assistendo addirittura alla nascita di suo figlio e rimanendo vicino alla sua fidanzatina, ed ora che è iniziata la scuola, terminate le lezioni, salta in sella alla sua bici e corre dai suoi due tesori. La nascita del bambino è stata una gioia oltre che per i neo genitori, anche per i giovanissimi nonni ( più o meno quarantenni), i quali, dopo il momento di choc iniziale, hanno affrontato la situazione come una cosa assolutamente naturale, e si adoperano per aiutare in tutti i modi i giovani genitori che quest’anno si dovranno preoccupare, oltre che del nuovo arrivato, anche degli esami di licenzia media. (immagine presa dal web)

12/04/14

Papa Francesco: ”Mi faccio carico e chiedo perdono per gli abusi dei sacerdoti sui bambini.”

“Mi sento chiamato a farmi carico di tutto il male compiuto da alcuni sacerdoti. E a chiedere perdono per il danno che hanno compiuto, per gli abusi sessuali sui bambini – ha detto il Pontefice parlando a braccio durante l’udienza con l’Ufficio Cattolico per l’Infanzia – La Chiesa è cosciente di questo danno. E noi non vogliamo compiere un passo indietro nell’affrontare questo problema e le sanzioni che devono essere comminate. Al contrario credo che dobbiamo essere molto forti. Con i bambini non si gioca”. Una giornata, quella del Papa, tutta «dalla parte dei bambini», come recita il titolo di apertura dell’Osservatore Romano. L’occasione sono due udienze, una con il Movimento per la Vita e l’altra con l’Ufficio Internazionale Cattolico per l’Infanzia. E proprio in quest’ultimo incontro arriva inatteso il «mea culpa» sui delitti perpetrati da alcuni sacerdoti. “ I bambini vanno difesi sempre e comunque, da ogni tipo di violenza, come il «lavoro da schiavi» o il reclutamento come soldati. Vanno tutelati anche nella famiglia, dove ci debbono essere come genitori non due persone dello stesso sesso ma un uomo e una donna, «una mamma e un papà»”. E ancora “ I bambini debbono essere protetti dalle «manipolazioni educative» perchè gli orrori che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti”. Bergoglio ha ringraziato allora i 500 volontari del Movimento per la Vita, con in testa il presidente Carlo Casini. Come anche benedice la campagna «Uno di noi», portata avanti dallo stesso movimento con una raccolta di firme, per riconoscere a livello giuridico la tutela dell’embrione. E Bergoglio difende anche l’obiezione di coscienza, raccontando un episodio capitatogli quando era arcivescovo di Buenos Aires. Un medico abortista argentino, «nel corso di un incontro di medici, mi ha chiamato da una parte. Aveva un pacchetto e mi ha detto: “Padre, io voglio lasciare questo a lei. Sono gli strumenti che io ho usato per abortire. Mi sono pentito, e adesso lotto per la vita!”. Mi ha consegnato tutti questi strumenti». E il Papa aggiunge: «Pregate per quest’uomo bravo». Le Nazioni Unite hanno chiesto alla Santa Sede di rimuovere immediatamente dal loro incarico chi ha commesso abusi sessuali sui bambini, o che ne è sospettato, perché finora – sostiene l’Onu – ha adottato politiche e pratiche che hanno portato a continuare abusi su decine di migliaia di bambini e all’impunità degli autori.Il Comitato ha anche esortato la Santa Sede a valutare il numero di bambini nati da preti cattolici, scoprire chi sono e prendere tutte le misure necessarie per garantire i loro diritti.

16/01/14

Un saluto a Paolo Onofri, il papà del piccolo Tommy

L'11 agosto del 2008 Paolo Onofri sta camminando nei boschi quando si accascia colpito da un ictus. Non c'è copertura per i cellulari. Tascorrono minuti preziosi prima che giungano i soccorsi. Il danno cerebrale è senza rimedio

Paolo e Paola Onofri
 
Un anno dopo il dramma, il tribunale di Parma ne ha dichiarato l'interdizione per incapacità di intendere e di volere, su richiesta della moglie. Un atto dovuto. Per una famiglia già così duramente colpita dalla tragedia, un'ulteriore durissima sofferenza. Paola Pellinghelli ha più volte dichiarato alla stampa che non avrebbe consentito l'accanimento terapeutico sul marito. Ieri Onofri si è spento. Avrebbe compiuto 55 anni il prossimo maggio.

 Il 2 marzo del 2006 è un giovedì. La vita di Tommaso Onofri finisce dopo un viaggio che è durato diciassette mesi. Quella sera la famiglia Onofri è riunita a cena nel tinello nel casale di Casalbaroncolo, a qualche km da Parma. Tody, il cane meticcio, è stato fatto fuggire, ancora non si sa da chi. Il black out è improvviso. In due irrompono nella casa, protetti dal buio, mascherati con passamontagna, malamente e pericolosamente armati, una pistola, un coltello. Legano con il nastro adesivo il capofamiglia Paolo Omofri, la moglie Paola Pellinghelli, Sebastiano, il figlio più grande, che all'epoca ha otto anni. Strappano dal seggiolone Tommaso, incuranti del suo pianto. Morrà quella sera stessa ma lo si saprà soltanto dopo un mese di angosce, tormenti, dubbi, ricerche. La figura di Paolo Onofri, il padre, inizia a diventare familiare da allora. E' alto, imponente, vestito di scuro, perennemente aggrondato. Dirige un ufficio postale in città, la moglie è impiegata in un altro. Quel casale ristrutturato è il suo orgoglio, il suo vanto modesto insieme con il suo ruolo di direttore, l'ufficio moderno, l'allarme nel caveau modulato sulla persona. Solo in seguito si saprà che quel suo orgoglio, le sue modeste vanterie, quel presentarsi un giorno ai muratori al lavoro con una scatola di scarpe riempita di bigliettoni, hanno ingolosito i rapitori-assassini, stimolato gli appetiti di uno sgangherato terzetto composto da Mario Alessi, muratore siciliano con alle spalle una storia di sequestro e violenza su una ragazza, la compagna Antonella Conserva, massiccia, capelli corvini, Salvatore Raimondi, pugilatore fallito e manovale, il pregiudicato che con la sua impronta sul nastro adesivo firmerà il tragico raid e orienterà le indagini. Non parla molto, Paolo Onofri. Offre un aspetto di uomo duro, risoluto. Questo aspetto, insieme con il particolare che la famiglia non è certo ricca, favorisce illazioni, atteggiamenti poco generosi che riguardati oggi appaiono crudelmente ingiusti. Si scava nel passato di quel personaggio che pare tagliato con l'accetta e fatto apposta per non attirarsi simpatie, si scava nel suo passato, si riesuma il suo primo matrimonio, si avanzano dubbi e congetture su presunte stranezze di un sequestro che già di per sé appare strano, anomalo, indecifrabile. Eppure Paolo Onofri è stato chiaro nella sua prima deposizione in questura: "Percepisco uno stipendio inferiore a euro 2000 al mese e mia moglie, che è impiegata presso l'ufficio postale di San Prospero, percepisce uno stipendio poco superiore a euro 1000 al mese. Le mie condizioni non sono tali da lasciare supporre che le persone che mi hanno sequestrato il bambino possano chiedere un riscatto in cambio della sua liberazione". La mattina del 4 marzo la televisione tramette una intervista del padre di Tommy. Ha gli occhi arrossati, la solita aria cupa e soprattutto adirata. Pare affrontare le telecamere e sfidare a muso duro i rapitori del suo bambino, quando dice. "Se non me lo riportano andrò a prenderlo personalmente". E aggiunge: "Gli inquienti hanno ristretto molto il campo delle ipotesi". Come se nutrisse qualche sospetto e insieme coltivasse una speranza. Quella del 10 marzo è una brutta giornata. In uno scantinato in via Jacchia, a Parma, viene trovato un vecchio computer di Paolo che racchiude filmati e file pedopornografici. Lui si difende, sostiene che sta facendo una ricerca sulla pedopornografia per poi denunciare. Davanti al gip patteggerà una condanna a sei mesi. "Tommy è morto", un titolo su un giornale di domenica 2 aprile. Morto. Ucciso, strangolato e colpito con una mazzetta da muratore sul greto del torrente Enza, alla località Traglione, luogo desolato per prostituite e coppiette in cerca di rapida intimità, una discarica come tomba, poche manciate di terra a fare da sudario. Paolo e Paola sono uno accanto all'altro nella cattedrale invasa dalla folla per i funerali. Insieme nelle aule giudizarie. Si ha la sensazione strana che in quei momenti sia lei, la donna piccola e minuta, la più forte. Il mare in tempesta pare richiudersi. Tommy vive in una fondazione che porta il suo nome e fa del bene ad altri bambini che hanno conosciuto troppo presto la fatica del vivere. Paolo e Paola trascorrono i pomeriggi delle loro domeniche al Traglione, a tenere pulito il piccolo sacrario dove è impossibile sostare senza frenare una lacrima. Pare finita. Pare ricostruito un simulacro di serenità. Il destino trama invece il suo ultimo tradimento. L'11 agosto del 2008 gli Onofri sono in vacanza in Trentino, nella zona di Folgaria. L'uomo grande, forte, duro, cede all'improvviso. Paolo Onofri sta camminando nei boschi quando si accascia colpito da un ictus. Non c'è copertura per i cellulari. Tascorrono minuti preziosi prima che giungano i soccorsi. Il danno cerebrale è senza rimedio Come se la sorte avesse voluto riservarsi l'appendice crudele di un'ultima beffa. Da allora Paolo Onofri vive di sola vita biologica. Paola è contraria all'accanimento terapeutico e lo dichiara, ma lascia che sia, che scorra così. Fino alla fine.                             fonte Quotidiano.net
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