Il-Trafiletto
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19/06/14

Da quali sostanze è composto l'olio d'oliva?

Dall’ambiente, dal clima della zona in cui è prodotto l'olio, dalla varietà delle olive, dalle tecniche di coltivazione, dal tipo di raccolta, dalla fase di stoccaggio  e dalla lavorazione del frutto dipende la composizione dell’olio d'oliva. L'olio di oliva si classifica come un grasso vegetale e come tutti i grassi (lipidi) alimentari è costituito soprattutto da trigliceridi (grassi neutri) ed in minor quantità da fosfolipidi e glicolipidi (lipidi complessi) e da steroli

Tutti sappiamo che gli acidi grassi si suddividono in: saturi, monoinsaturi e polinsaturi. I grassi saturi sono presenti prevalentemente nei grassi di origine animale (burro, strutto, lardo, ecc…), mentre i monoinsaturi e i polinsaturi si trovano in grassi di origine vegetale (sia di oli semi che di oliva). I trigliceridi presenti nell'olio d'oliva contengono i seguenti acidi grassi: acido oleico 75-80%, palmitico 8%, stearico 4-5%, linoleico 8%, linolenico 2-3%. Come tutte le sostanze grasse l’olio di oliva è costituito per il 98% circa dalla frazione saponificabile (costituita da trigliceridi, e da piccole quantità di digliceridi e monogliceridi (negli oli più acidi) e per il restante 2% dalla frazione insaponificabile. Quest'ultima è molto importante dal punto di vista nutrizionale perché ha proprietà antiossidanti, grazie alle quali previene le malattie cardiovascolari e tumorali.

Olio extravergine
immagine presa dal web
Le sostanze presenti nella componente insaponificabile sono quelle che vengono esaminate nell’accertare eventuali frodi e determinano la qualità dell’olio di oliva, infatti ne definiscono: - le proprietà organolettiche: profumi, aromi, gusto (amaro, dolce, piccante); - le proprietà biologiche: capacità antiossidanti, conservanti, e salutari. I costituenti della frazione insaponificabile sono: le cere, lo squalene, le clorofille, i caroteni, gli aromi, gli steroli, i tocoferoli, polifenoli e l'oleuropeina. Le cere: sono presenti in minime quantità nell’olio extravergine di oliva, mentre raggiungono valori notevoli negli oli di sansa.

Lo squalene: ha un'azione fisiologica consistente nel ricambio umano e favorisce la crescita.
Le clorofille: la loro presenza dipende dal grado di maturazione delle olive utilizzate, danno all’olio d'oliva un colore tendente al verde. Si degradano in presenza di luce, ed il colore dell'olio cambia da verde a giallo, in assenza di luce invece fanno da antiossidanti insieme ai polifenoli.
I caroteni: se prevalgono rispetto alle clorofille l’olio sarà di colore giallo. Hanno azione antiossidante. Molti aromi presenti nell'olio extra vergine di oliva sono terpenoidi mentre alcuni sono esteri. Essi sono importanti al fine di classificare i diversi oli di oliva.
Gli steroli: ostacolano l’assorbimento del colesterolo, sono importanti nelle analisi dell’olio nell’accertare eventuali frodi.
I tocoferoli: (alfa, beta, gamma e delta) hanno un’azione antiossidante, soprattutto l'alfa-tocoferolo e il delta-tocoferolo, che costituiscono insieme la vitamina E.
I polifenoli: sono antiossidanti (come i tannini), sono importanti nella conservazione dell’olio extravergine perché ne impediscono l’irrancidimento. Alcuni polifenoli presenti nell’olio extravergine d'oliva sono: gli antociani, in tracce minime, l'oleuropeina, che dà il tipico sapore amarognolo all'oliva e che, passando nell'olio gli conferisce il caratteristico sapore piccante ed amaro.

13/06/14

COLORE SALUTE

BENESSERE A TAVOLA LE RISPOSTE DELLA SCIENZA MODERNA CONFERMANO LA SAGGEZZA DELLE ABITUDINI ALIMENTARI DI UN TEMPO, QUANDO SI MANGIAVANO PIÙ FRUTTA E VERDURA.

PERCHÉ PIÙ FRUTTA E VERDURA?
Le statistiche dicono chiaramente che oggi nel mondo occidentale si corre il rischio di assumere pochi "micronutrienti", cioè vitamine e sali minerali, e pochi "phitochemicals", composti benefici per l' organismo. Per evitare di esserne carenti esistono due vie: mangiare più frutta e verdura o ricorrere a integratori alimentari. La prima via, oltre a essere lo più invitante, è sicuramente quella da prediligere.

I PHITOCHEMICALS SONO CHIAMATI ANCHE ANTIOSSIDANTI? È importante sapere che questi composti non nutrono, ma proteggono. Cioè non entrano nel metabolismo, ma agiscono nel rimuovere i radicali liberi, pertanto hanno un'azione antiossidante. Azione non di loro esclusiva, ma propria anche delle vitamine A, C ed E. Sia i phitochemicals sia le vitamine citate sono presenti perlopiù nel mondo vegetale. Facile dedurne che mangiare frutta e verdura con regolarità fa bene, perché garantisce al nostro organismo un apporto benefico, a protezione della nostra salute.

ESISTE UN FRUTTO O UNA VERDURA PIÙ SALUTARE DI TUTTE LE ALTRE? No. È la loro combinazione la formula vincente: bisogna variarne il consumo, seguendo lo stagionalità. Per quanto riguarda le porzioni. se ne consigliano due al giorno di frutta e tre di verdura. Anzi quest'ultima, soprattutto in caso di diete ipocaloriche, andrebbe mangiata ancora in maggior quantità.

 3+2 ALMENO 5 PORZIONI TRA FRUTTA E VERDURA QUANTO VALE UNA PORZIONE PER ESEMPIO DI VERDURA? Varia in funzione dell' età e del tipo di ortaggi: di media possiamo dire che le porzioni sono di 50 g per i bambini e di 100 g per gli adulti. Lo stesso dicasi per i frutti. Inoltre, frutta e verdura si compensano a vicenda: bisogna però tenere conto del più elevato contenuto zuccherino, e quindi calorico. della prima.

È VERO CHE È MEGLIO MANGIARE QUESTI ALIMENTI DA CRUDI? Che la verdura sia cotta o cruda, in minestre o dentro un'omelette non importa, basta mangiarne. ldem per la frutta, cotta o cruda va bene comunque. Tuttavia nel caso della cottura bisogna seguire alcune regole.

LA COTTURA RIDUCE LE PROPRIETÀ BENEFICHE DI FRUTTA E VERDURA? Non sempre, infatti dipende dalla sostanza. Per esempio la termolabile vitamina C, di cui sono ricchi gli agrumi, ma anche i cavoli, viene distrutta dal calore, quindi gli alimenti che la contengono andrebbero mangiati, ove possibile, crudi. AI contrario il licopene, un potente antiossidante presente nel pomodoro, viene rilasciato in maggiori quantità durante la cottura: insomma una salsa di pomodoro ben cotta contiene più licopene di un'insalata. Ma in generale, vale la regola delle cotture brevi.

DOBBIAMO SCEGLIERE IN BASE AL COLORE?
Proprio così. Raggruppiamo la frutta e la verdura a seconda del colore. Scopriremo cinque insiemi caratterizzati da altrettante tonalità: il verde, il rosso, il bianco, il giallo-arancio e il viola. Per avere un'alimentazione equilibrata, nell'arco di una settimana dovremmo "raccogliere" frutti e ortaggi da ciascuno di questi panieri.
 COLORE SALUTE
PERCHÉ UNA VERDURA È ROSSA E UN'ALTRA INVECE È VERDE?
Dietro a ciò c'è una spiegazione scientifica: le molecole vegetali, per difendersi e utilizzare la luce solare hanno una loro specifica modalità, data dalla presenza di varie sostanze. Così la clorofilla assolve questa funzione per i vegetali verdi, il carotene per i gialloarancio, il licopene per i rossi,le antocianine per i violetti, i polifenoli e gli isotiocianati per frutta e verdura a polpa bianca. Dunque il colore è la più immediata chiave di lettura per sapere cosa contiene un frutto o un ortaggio, senza dover ricorrere al microscopio.

LE PREROGATIVE DEI SINGOLI COLORI ...
Dagli spinaci ai piselli, dai kiwi all'uva, mangiare in verde significa proteggere occhi, ossa e denti. Effetti positivi sul sistema immunitario, su occhi e pelle, si hanno mangiando vegetali tra il giallo e l'arancione. quindi carote. zucche e peperoni, arance, albicocche e meloni. Fa bene alla memoria e alla pelle gustare i rossi pomodori, angurie, fragole o ciliegie e proprietà analoghe ha la famiglia dei viola con mirtilli, fichi e prugne, insieme a melanzane e radicchio trevisano. Influisce positivamente sui livelli di colesterolo tutto ciò che è bianco, quindi cipolle e aglio, cavolfiori, finocchi e funghi, mele e pere, dove quel che conta è lo polpa.

...E I LORO EFFETTI BENEFICI SULLA SALUTE
Non dimentichiamo che il ruolo più importante di tutta la frutta e la verdura, qualsiasi colorazione la natura gli abbia dato, è quello di proteggere dalle malattie cardiovascolari e dal rischio di tumori. Inoltre, consumate in adeguata quantità e varietà, garantiscono un ricco apporto di piccoli nutrienti e al contempo riducono la densità energetica. Infine sono anche buona fonte di fibre.

24/05/14

Cerchi un rimedio contro la carie? Bevi vino rosso.

A chi non dispiace un buon bicchiere di vino rosso durante i pasti, assaporarne il gusto e trarne gli effetti benefici? Già nel 1995 una ricerca dell'università di Copenaghen aveva dimostrato che un consumo non eccessivo e regolare di vino durante i pasti, meglio se vino rosso, limita il rischio di malattie cardio-vascolari, (ma ultimamente sembra sia stato smentito), protegge contro il cancro e fortifica le difese immunitarie, inoltre essendo ricco di antiossidanti, combatte i radicali liberi presenti nel nostro organismo. Ora un altro studio, questa volta del Consiglio nazionale di ricerca spagnolo, pubblicata sulla rivista Journal of Agricultural and Food Chemistry, dimostra che il vino rosso ha dei risultati molto positivi sulla carie. E’ noto che i batteri della bocca si organizzano in un biofilm, cioè un’ aggregazione complessa di microrganismi appunto caratterizzata dalla secrezione di una matrice adesiva, di conseguenza formano della placca e degli acidi che iniziano a danneggiare la nostra dentatura e contro i quali non c’è acqua, spazzolini o dentifrici al fluoro che tengano. Non è così per i polifenoli presenti nel vino rosso e soprattutto nei semi dell’uva. entrano in gioco i polifenoli, contenuti nel vino e nei semi dell’uva, che hanno proprietà di rallentare la proliferazione dei batteri. La dottoressa Maria Victoria Moreno-Arribas e la sua equipe hanno creato dei biofilm costituiti da batteri dannosi per la salute dentale, li hanno poi immersi in soluzioni di vino rosso, vino rosso senza alcol, vino ed estratto di semi d’uva e acqua con 12 per cento di etanolo. Il risultato è stato che il vino, in tutte le sue declinazioni, si mostrava molto attivo nel disintegrare i batteri. (immagine presa dal web)

17/05/14

Zucchero global | lo zucchero industriale

La zolletta è un antialimento Lo zucchero in cristalli (o a volte in zollette) che portiamo in tavola e che usiamo in cucina può essere estratto dalla barbabietola da zucchero oppure dalla canna da zucchero. In ogni caso si tratta di saccarosio per oltre il 99 per cento, un prodotto «puro» come non esiste in natura e quindi già come tale non identificabile con il termine «alimento». 

I vegetali infatti contengono sempre, oltre alle proteine, ai carboidrati e ai lipidi, un corredo di numerose altre sostanze: acqua, fibre, vitamine, sali minerali, oligoelementi, enzimi, pigmenti, polifenoli ecc. 

È nel loro insieme che il nostro organismo li riconosce e riesce a utilizzarli. Il saccarosio puro è invece da considerarsi un «non-alimento» o addirittura un «antialimento» in quanto, per poter essere rnetabolizzato, ha bisogno di sali minerali (tra cui il calcio) e di vitamine (soprattutto del gruppo B) che a questo punto deve sottrarre all'organismo. Lo zucchero che viene utilizzato dal nostro organismo e che, tra l'altro, costituisce insieme all'ossigeno l'unico nutrimento per il nostro cervello, è il glucosio. Ciò che conferisce il sapore dolce alla frutta è un altro tipo di zucchero ancora, chiamato appunto fruttosio. In alcune verdure troviamo l'inulina, dolce anch'essa. Il dolce.del latte è invece dato dal lattosio e dal galattosio. Quindi quando esaminiamo il fabbisogno dell'organismo e l'utilizzo delle sostanze non dovremmo parlare di zucchero bensì di zuccheri

Ogni anno consumiamo dai 24 ai 58 chili di zucchero saccarosio. Un secolo fa ci fermavamo a 3 chili. Abbiamo fatto un bel passo avanti ... Certo, un tempo non esisteva l'industria alimentare di oggi, i supermercati erano inesistenti e le merendine - in un'epoca in cui fare tre pasti al giorno era già difficile - roba da fantascienza. I nutrizionisti più radicali conosceranno bene un libro-manifesto contro lo zucchero raffinato, Sugar Blues. L'autore, William Dufty, racconta la sua odissea con la zolletta: da zuccherodipendente a pentito irriducibile, che ritrova la gioia di vivere. È questa dunque una forma di dipendenza indotta da un certo modo di produrre alimenti, a base spesso di zucchero. E poi, eventualmente, dal resto.

zucchero cristallizzato
Diamo perciò sempre un'occhiata alle etichette dei prodotti, tenendo conto che l'ingrediente citato all'inizio della lista è quello più presente in percentuale. Per alcuni esperti, il saccarosio dovrebbe coprire al massimo il 10 per cento di calorie totali; oltre si va incontro a squilibri alimentari. Solo che è difficile controllare questa dose visto che lo zucchero si nasconde in tanti alimenti. Oltretutto, diversi studi hanno messo in evidenza che un eccessivo consumo di zucchero e di prodotti zuccherati provoca in bambini e adulti modifiche nell'umore, rallentamento dell'attività intellettuale e motoria (il ragazzo sembra non interessarsi a niente e non ha voglia di muoversi); oppure può arrivare all'eccesso opposto con iperattività e comportamenti asociali. In più, oltre a ragioni strettamente salutistiche e personali, esiste anche una questione ambientale.

Il ciclo produttivo della barbabietola da zucchero richiede un alto consumo energetico, provoca squilibri ambientali a causa di un sistema agricolo basato sulla monocultura e sull'impiego di fertilizzanti chimici e pesticidi. Diminuire la dose di zucchero, anche in questo caso, ha di fatto una valenza culturale: orienta a scegliere cibi genuini e invita a scoprire sapori autentici, non appiattiti dal sapore consolatorio del «candido» dolcificante.
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