Il-Trafiletto
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12/07/14

Socrate praticava Il digiuno

Medici, pensatori e religiosi, fin dall'antichità hanno individuato nel digiuno uno strumento di prevenzione e guarigione di molte malattie, e un mezzo di elevazione spirituale. E oggi? Pur con qualche parere contrastante, l'interesse per questa pratica igienica e più che mai vivo. Anche se la maggior parte dei medici la ignora del tutto, quasi fosse una tecnica che non ha nulla a che vedere con la medicina. Eppure, in ogni ospedale del mondo prima e dopo ogni operazione chirurgica si fa digiunare il paziente, e per il resto si somministra a ogni ospedalizzato una dieta estremamente parca.

STUDI FAVOREVOLI 
Tra i ricercatori che negli ultimi decenni si sono occupati del digiuno, la grande maggioranza esprime un parere positivo. Anche nell'ambito della psichiatria. Per esempio, il dottor Yuri Nikolayev, direttore del Reparto di digiuno dell'Istituto psichiatrico di Mosca, ha trattato migliaia di pazienti schizofrenici con questo metodo: circa il 70 per cento di essi ha avuto un netto miglioramento, consentendo loro di riprendere una vita normalmente attiva. Anche un altro ricercatore, l'americano Herbert M. Shelton ha seguito decine di migliaia di digiuni, e ne ha riportato i risultati in numerosi libri e articoli: diverse le malattie trattate, con risultati che evidenziano quasi sempre l'efficacia del metodo. In Germania l'autorità indiscussa dello scorso secolo nel campo del digiuno è stato Otto Buchinger, che ha pubblicato vari libri nei quali riporta le sue esperienze: interessante è qui un preciso elenco delle indicazioni elettive e anche delle controindicazioni del digiuno.

La prima domanda a cui cercano di rispondere tutti questi ricercatori è la seguente: con quale meccanismo guarisce il digiuno? La risposta è sempre la stessa: grazie alla disintossicazione. Durante il digiuno il corpo elimina sostanze tossiche. Ogni digiunatore ha infatti sperimentato le nausee e i vomiti nella fase iniziale, e quindi le diarree putride, le urine e le sudorazioni maleodoranti, l'alito cattivo, la lingua ricoperta da una spessa patina biancastra, l'espettorazione di ingenti quantità di muco e catarro, l'aumentata lacrimazione. La scienza moderna ha analizzato queste escrezioni e ha confermato che esse contengono composti chimici di natura tossica, veri e propri veleni, come alcoli superiori, acido solfidrico, ammoniaca, ossidi di azoto, anidride solforosa, indicano, putrescina, cadaverina, neurina, spermidina, e molti altri.

Resta aperta la questione del perché il digiuno favorisca a tal punto la disintossicazione, e anche la domanda da dove provengano queste tossine. A questi interrogativi ha risposto, tra gli altri, ma in modo molto documentato, il medico e ricercatore austriaco Franz Xaver Mayr. Egli indica come durante il digiuno venga meno il lavoro della digestione, che assorbe normalmente un'ingente quantità dell' energia corporea. Quest'ultima viene impiegata non solo nei movimenti del tubo digerente, ma soprattutto nella produzione di ben 10 litri di succhi digestivine nell'arco di ogni giornata. L'energia così risparmiata durante il digiuno viene spontaneamente dirottata dal corpo verso il compito più nobile e più utile, che è quello di ripulire se stesso, di liberarsi delle sostanze dannose che ne pregiudicano la salute.

E l'origine delle tossine? Una buona parte di esse è presente nell'ambiente esterno: nell'aria (scarichi dell'industria e del traffico automobilistico), nelle acque (scarichi industriali e urbani), nei terreni (concimi chimici), nei cibi (conservanti, coloranti, pesticidi), nelle bevande (alcol, caffeina), nel fumo (nicotina), nelle droghe (oppiacei, amfetamine, cocaina), in vari farmaci. Ma una parte non trascurabile delle tossine, e anzi secondo Mayr una parte ragguardevole, può provenire dall'interno del nostro corpo, più precisamente da un intestino malato. Questa autointossicazione intestinale è generata da un rallentamento del transito fecale, che sempre avviene in determinati tratti di un intestino malfunzionante. I ristagni così provocati costituiscono l'ideale terreno di crescita per alcuni batteri patogeni, che innescano la fermentazione dei carboidrati e la putrefazione delle proteine. È proprio da questi due ultimi processi chimici che si liberano tossine, le quali vengono assorbite dall'intestino, passano nel sangue e si diffondono in tutto il corpo. H. M. Shelton ha chiamato tossiemia l'aumento di concentrazione di tossine nel sangue considerandola, come Mayr,la prima causa di molte malattie.

LA CURA DEL RIPOSO
Socrate
Il digiuno è la vera cura del riposo. Data la notevole quantità di energia assorbita durante il processo digestivo, non si può pensare a una vera cura di riposo che non comprenda il riposo dell'apparato digerente, favorito proprio dal digiuno. Ma non solo. Durante il digiuno la persona sente un bisogno istintivo di riposare anche i muscoli e lo spirito: il riposo intestinale diviene così il mezzo per giungere ad un vero riposo totale. Questa verità è stata compresa da molti grandi medici, che hanno visto nel riposo del corpo la premessa fondamentale per innescare il processo di guarigione; e da quasi tutti i fondatori delle religioni, che hanno constatato come nel riposo spirituale lo spirito stesso si attiva nella meditazione sui grandi temi dell'esistenza umana.
 Il digiuno è quindi molto di più di una semplice tecnica medica, ma deve essere considerato un importante mezzo di elevazione fisica e spirituale. Inoltre esso è una disciplina attiva, nel senso che l'attore principale è il soggetto digiunante, e non il medico, come nella maggior parte delle altre discipline sanitarie, nelle quali il paziente è per lo più un oggetto passivo. Con queste premesse si comprende la difficoltà ad assegnare un arido elenco di indicazioni del digiuno, poiché per stabilire le probabilità di guarigione da una determinata malattia, occorre valutare in primo luogo il grado di intossicazione del soggetto, ma soprattutto il suo atteggiamento psichico nei confronti di questa pratica salutare. Il digiuno è stato comunque utilizzato in tutta la storia dell'umanità per curare le malattie più disparate, da disturbi dell'apparato digerente a quelli degli apparati respiratorio e genito-urinario, da molte malattie della pelle a disturbi del sistemo nervoso ed endocrino, da vari disturbi del cuore e della circolazione ad alcune forme cancerose

CURIOSITA STORICHE Socrate, l'entusiasta
Numerosissime sono le testimonianze sui personaggi storici e religiosi che hanno raccomandato il digiuno e lo hanno praticato in prima persona. L'Antico Testamento ci dice che Mosè digiunò 40 giorni sul Monte Sinai, e che Elia e Davide lo praticavano regolarmente. Il Nuovo Testamento riporta il digiuno di 40 giorni di Gesù Cristo nel deserto, e la famosa frase che egli disse ai suoi discepoli che gli avevano portato un epilettico da guarire: «Queste malattie si guariscono solo con la preghiera e il digiuno», In Oriente Buddah e Confucio digiunarono addirittura 60 giorni. Tra gli antichi greci, entusiasti sostenitori di questa pratica c'erano Pitagora, Socrate, Platone, Plutarco, e soprattutto il grande medico Ippocrate. Raccomandavano caldamente il digiuno anche il romano Cornelio CeIso e il famoso medico arabo Avicenna. Dopo oltre un millennio di vuoto storico, il digiuno ricompare nel Rinascimento per combattere la sifilide. Nel diciottesimo e diciannovesimo secolo lo sperimentarono e lo raccomandarono medici ed esperti tedeschi (Sebastian Kneipp), statunitensi (Ellen G. White, Edward Dewey), russi (P. Veniaminov, B.G. spassky),

23/11/13

Perchè si dice "sciogliere un nodo gordiano"?

Alessandro Magno, figlio di Filippo il Macedone, allievo di Aristotele, è stato il personaggio storico che più mi ha affascinato. Il più grande conquistatore della storia antica, e non solo un guerriero, ma un grande stratega, due qualità che lo hanno reso immortale nel tempo.
A lui è legato questo adagio, ad un episodio occorsogli durante il suo lungo viaggio di conquista.
Sciogliere un nodo gordiano, risolvere a proprio vantaggio una situazione difficile, ricorrendo a metodi decisi.  
Alessandro Magno
 Plutarco, nella Vita di Alessandro Magno, riferisce un episodio occorso al grande conquistatore macedone all'epoca in cui Alessandro aveva intrapreso la conquista dell'Asia. Alessandro era arrivato, con il suo esercito, nei pressi della città di Gordio, situata nei pressi dell'odierno villaggio di Pebi, considerata un po' come la porta dell'Asia. In un tempio dedicato a Zeus, c'era un carro a cui era assicurato un aratro, mediante un nodo solidissimo, impossibile da sciogliere. L'oracolo prometteva il dominio dell'Asia a chi fosse riuscito a scioglierlo. Alessandro non perse tempo e con un poderoso colpo di spada tagliò in due il nodo, sgnificando così che l'Asia lui poteva conquistarla con il ferro e non con l'intervento degli dei. E avrebbe portato a termine l'impresa se non fosse morto alla giovane età di 33 anni. Analogamente si dice anche: Tagliare la testa al toro.

10/11/13

Perchè si dice "rivedersi a Filippi"?

Oggi mi è venuto in mente il periodo, ai tempi del ginnasio, in cui si studiava la storia dell'impero romano. Vi ricordate il secondo Triumvirato? E la battaglia di Filippi? Forse no, a me è venuto in mente per caso, non so nemmeno come. Fatto sta che esiste un adagio che recita proprio così.
Rivedersi a Filippi ovvero rivedersi in un'altra occasione, ben precisa, in cui avverrà un confronto, una gara, una vendetta. La frase, che comunemente si usa al plurale: "Ci vedremo a Filippi" è tratta dalla Storia di Giulio Cesare, di Plutarco, paragrafo 69.
Giulio Cesare
Filippi

Bruto, uno dei congiurati che parteciparono all'uccisione di Cesare, stava trasferendo l'esercito nei pressi di Abido, per prepararsi allo scontro  con le truppe di Ottaviano. Una sera, mentre era immerso nelle sue riflessioni, gli apparve un fantasma. Interrogato da Bruto sulla sua identità, il fantasma rispose: "Sono il tuo cattivo genio, Bruto. Mi vedrai a Filippi!". Bruto con coraggio, rispose: "D'accordo, ti vedrò volentieri!".
A Filippi, poi, dopo un primo scontro vittorioso, Bruto venne definitivamente sconfitto e si tolse la vita buttandosi a corpo morto sulla propria spada.
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