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20/03/14

"Gocce" di notizie: "Il parametro del 3% è anacronistico" dice il presidente del Consiglio

Il presidente del Consiglio stamane è alla Camera, a illustrare le linee programmatiche in vista del vertice dell'Unione Europea di domani e dopodomani.

"Presenteremo la spending rewiev alle Camere, la presenteremo nelle sedi parlamentari; il commissario ci ha fatto un elenco, ma tocchera' a noi decidere. Come in famiglia se non ci sono abbastanza soldi sono mamma e papa' che decidono cosa tagliare e cosa no". Matteo Renzi ostenta il guanto di velluto del saggio esperto di economia domestica, ma sotto si intravede il pugno di ferro del decisionista. Il premier parla direttamente a chi il messaggio deve coglierlo, cioe' al Parlamento. Stamane e' alla Camera, a illustrare le linee programmatiche in vista del vertice dell'Unione Europea di domani e dopodomani. Nessuno, lascia intendere, pensi di poter commentare o tantomeno influenzare i tagli che saranno decisi da Palazzo Chigi. E' la maniera migliore per affrontare un'Europa, lascia intendere, il cui confronto basato sui numeri non lo spaventa per nulla. Il parametro del 3% e' "oggettivamente un parametro anacronistico", ma per l'Italia "non ci sara' nessuno sforamento", assicura. E' semmai lo stato dell'economia che suscita l'indignazione del Presidente del Consiglio. "I nostri numeri sulla disoccupazione giovanile gridano vendetta", avverte, la riforma del mercato del lavoro e' una riforma necessaria, che ci viene chiesta "dal 42% di giovani disoccupati", e non solo dall'Europa. Ad oggi "le riforme istituzionali che abbiamo proposto sono una novita', sono viste di buon occhio, sono la premessa per noi per restare al tavolo", ribadisce a voler sottolineare il buon esito delle recenti visite a Parigi e Berlino, ma al secondo punto c'e' la riforma del lavoro; e' vero che ci sono opinioni diverse, il Parlamento sara' coinvolto attraverso lo strumento della delega che dara' a tutti la possibilita' di un ampio confronto, ma "non e' un argomento a piacere che possiamo affrontare o no, ce lo chiedono i disoccupati". Insomma, e' il governo che deve decidere.

Al momento del voto in Aula alla Camera, poi, un saluto: quello tra il premier ed il suo predecessore Enrico Letta che, per votare, si siede al suo posto tra i banchi del Pd. L'altra notizia del giorno proviene dall'altra parte dello schieramento. Silvio Berlusconi, ieri colpito dalla sentenza della Cassazione, si e' autosospeso da cavaliere del lavoro. Un titolo che, piu' di chiunque altro, lo aveva connotato per tutti queti anni. Non potra' presentarsi e nemmeno votare alle europee, ora si tratta di vedere come riempire il vuoto politico.                                             fonte(AGI)


29/11/13

Sindaci: "Si sono stancati di essere bancomat o esattori del governo" | Scontro istituzionale?

Per la seconda rata dell'Imu i Anci alza la voce:"Sarebbe una follia. Se la copertura da parte dello Stato di solo metà dell’aumento dell’aliquota Imu"." Si deve fare immediatamente chiarezza sulla seconda rata dell’Imu 2013 e onorare gli impegni assunti con i contribuenti e con i comuni italiani".
Sindaci dell'Anci

L’abolizione della seconda rata della tassa sulla casa rischia di trasformarsi in una beffa per i cittadini dei circa 600 comuni dove nel 2013 sono aumentate le aliquote rispetto a quelle standard. Città dove, in base a quanto stabilito dal Consiglio dei ministri, l’extragettito atteso sarà ristorato solo per metà dallo Stato mentre per il restante 50% a pagare dovranno essere i cittadini. A intervenire sulla decisione di Palazzo Chigi anche il presidente dell’Anci Piero Fassino che chiede al governo di fare “rapidamente chiarezza sulla seconda rata dell’Imu 2013 e onori gli impegni assunti con i contribuenti e i comuni italiani”. Tra i circa seicento Comuni, oltre a Milano, ci sono Benevento, Bologna, Verona e Genova. Ma anche Catania, Napoli e Frosinone. Molti degli enti locali, che hanno aderito alla procedura di ‘pre-dissesto’, lo hanno fatto anche perché costretti dalle norme. L’Anci, nei giorni scorsi, aveva chiesto al governo di assicurare la piena compensazione della seconda rata Imu con la copertura delle aliquote deliberate dai Comuni nel 2013. Calcolando, dunque, che il rimborso necessario si aggirava su una cifra pari a quasi 2,9 miliardi di cui 500 milioni legati proprio all’aumento voluto quest’anno dai sindaci. “Milano non ci sta – ha aggiunto Pisapia – l’Anci non ci sta e nessun governo può permettersi di andare contro gli interessi dei cittadini e quindi di coloro che li rappresentano, ovvero i Comuni”. L’amministrazione del capoluogo lombardo ha deciso l’innalzamento per il 2013 dell’aliquota Imu prima casa dallo 0,4% allo 0,6%, per un maggior introito, rispetto all’anno precedente, di circa 110 milioni di euro. Con la decisione del governo, quindi, i milanesi dovrebbero pagare di tasca propria 55 milioni di euro. L’Anci, per voce del suo presidente Fassino, spiega che “non si può abusare della loro pazienza e tanto meno si può abusare della pazienza dei cittadini” a fronte del comportamento dei sindaci, che “hanno dimostrato ampiamente responsabilità e spirito propositivo”. Il sindaco di Torino, che ha rinnovato la richiesta di un incontro col presidente del Consiglio, ha ricordato che il governo “assunse due espliciti impegni: i contribuenti non avrebbero più pagato l’Imu nel 2013 e ai Comuni sarebbe stato garantito l’identico importo onde poter assicurare l’erogazione di essenziali servizi ai cittadini. E’ troppo chiedere che finalmente si dia corso a impegni così esplicitamente assunti?”. Il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, però, non si aspettava “nulla di diverso dal governo delle larghe intese che – aggiunge – ha solo avanzato false promesse sulla pelle dei cittadini“. “Mesi fa – prosegue – era stato garantito ai sindaci che all’abolizione dell’Imu sarebbe seguita una copertura integrale dello stesso importo, necessaria per continuare a erogare servizi essenziali al cittadino. Chiaro adesso, come allora, che si trattava solo propaganda elettorale”. De Magistris, però, assicura: ”L’ipotesi che il governo non dia ai Comuni le risorse promesse non è proprio da prendere in considerazione. Se così fosse, ce le andremo a prendere”.                                                                        fonte

05/11/13

Ministri e Parlamentari? Tutti pari, o meglio quasi tutti.

Il decreto legge 54 del 21 maggio 2013, redatto dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi, sancisce che i ministri "non possono cumulare il trattamento stipendiale". È la norma sulla trasparenza. Così Catricalà e Patroni Griffi guadagnano più dei ministri.
Funziona così: chi è ministro non può ricevere anche il compenso da parlamentare, se è stato eletto, ma deve scegliere fra i due. Poiché lo stipendio lordo da ministro è di 63 mila euro l'anno e quello di deputati e senatori di 135 mila, tutti hanno optato per quest'ultimo; invece i ministri non parlamentari hanno diritto a essere equiparati, dunque anche loro prendono 135 mila.
Catricalà-Monti-Patroni Griffi

Tutti pari dunque, o meglio quasi tutti. Perché il decreto redatto da Patroni lascia aperta un'opzione (articolo 3, comma 1 bis) che nei fatti permette a lui stesso e al viceministro dell'Economia, Antonio Catricalà, di guadagnare molto più degli altri membri del governo. Più del premier e dei ministri loro superiori per grado e responsabilità...
Le norme permettono a Patroni e Catricalà di conservare la paga dell'amministrazione pubblica dalla quale sono in aspettativa. Per l'appunto, sono entrambi presidenti di sezione del Consiglio di Stato. Catricalà è fuori ruolo da dodici anni e Patroni da due, ma ciò non impedisce loro promozioni e scatti di carriera nell'amministrazione d'origine. Risultato: Oberdan Forlenza, segretario generale della Giustizia amministrativa, comunica che il Consiglio di Stato versa sia a Patroni che a Catricalà 243.911,91 euro lordi l'anno per un lavoro che nessuno dei due svolge...
I compensi di Patroni e Catricalà appaiono però un po' meno imponenti in proporzione, se solo si dà un'occhiata alle retribuzioni dei dirigenti di prima fascia e dei capi gabinetto a Palazzo Chigi... Ventisette viaggiano sopra i 200 mila, molto sopra i ministri e il premier che sono chiamati a servire... E in media, ognuno dei circa cento dirigenti di prima fascia della presidenza del Consiglio percepisce 188 mila euro lordi l'anno...

                                                                                                                                                        fonte



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