Già, proprio cosi! Vivere fuori dal mondo pensando ad una vita nel Pianeta rosso. Uscire fuori necessita d'indossare una tuta spaziale realistica e attraversare una camera d'equilibrio simulata.
Perfino comunicare con il resto del mondo implica un ritardo di 20 minuti.
"La tuta fa sentire davvero isolati", ricorda Asheley Dale, studente di dottorato in ingegneria aerospaziale presso l'Università di Bristol che nel 2011 ha trascorso due settimane nella Mars Desert Research Station (MDRS) nello Utah occidentale.
"I guanti sono ingombranti e l'aria viene fatta circolare da un sistema apposito: non si riesce a sentire nulla se non attraverso la radio. La quota elevata mette a dura prova il sistema cardiovascolare e la tuta pesa più di 10 kg. Inoltre il casco limita la visuale: normalmente non ci rendiamo conto di quanto vedere i propri piedi aiuti nel camminare".
A gennaio, Ashely è tornato nello Utah per altri 14 giorni, Tra gli obiettivi c'è quello del collaudo di una nuova tuta con scorte d'aria incorporate, l'osservazione di come i batteri "estremofili" reagiscono al deserto dello Utah e l'uso del rover Artemis Jr dell'Agenzia spaziale canadese un prototipo di mezzo per l'esplorazione lunare: "Per collaudare davvero sistemi come questi bisogna uscire fuori dai laboratori", aggiunge Ashely, "e lo stesso vale per le persone".
L'Università di Bristol lavora anche su guanti di nuova concezione che trasmetteranno informazioni dalla superfice esterna ai polpastrelli di chi li usa, attraverso impulsi di ultrasuoni. La speranza è che questi guanti permettano agli astronauti di interagire meglio con l'ambiente, nonchè di svolgere più facilmente lavori manuali che richiedono l'uso di attrezzi. Gli studi sulla reclusione di esseri umani, in cui si emula l'isolamento richiesto da missioni spaziali prolungate, sono iniziati negli anni Sessanta. (science)
Perfino comunicare con il resto del mondo implica un ritardo di 20 minuti.
"La tuta fa sentire davvero isolati", ricorda Asheley Dale, studente di dottorato in ingegneria aerospaziale presso l'Università di Bristol che nel 2011 ha trascorso due settimane nella Mars Desert Research Station (MDRS) nello Utah occidentale.
"I guanti sono ingombranti e l'aria viene fatta circolare da un sistema apposito: non si riesce a sentire nulla se non attraverso la radio. La quota elevata mette a dura prova il sistema cardiovascolare e la tuta pesa più di 10 kg. Inoltre il casco limita la visuale: normalmente non ci rendiamo conto di quanto vedere i propri piedi aiuti nel camminare".
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Mars Desert Research Station (MDRS) (immagine dal web) |
A gennaio, Ashely è tornato nello Utah per altri 14 giorni, Tra gli obiettivi c'è quello del collaudo di una nuova tuta con scorte d'aria incorporate, l'osservazione di come i batteri "estremofili" reagiscono al deserto dello Utah e l'uso del rover Artemis Jr dell'Agenzia spaziale canadese un prototipo di mezzo per l'esplorazione lunare: "Per collaudare davvero sistemi come questi bisogna uscire fuori dai laboratori", aggiunge Ashely, "e lo stesso vale per le persone".
L'Università di Bristol lavora anche su guanti di nuova concezione che trasmetteranno informazioni dalla superfice esterna ai polpastrelli di chi li usa, attraverso impulsi di ultrasuoni. La speranza è che questi guanti permettano agli astronauti di interagire meglio con l'ambiente, nonchè di svolgere più facilmente lavori manuali che richiedono l'uso di attrezzi. Gli studi sulla reclusione di esseri umani, in cui si emula l'isolamento richiesto da missioni spaziali prolungate, sono iniziati negli anni Sessanta. (science)