Il risveglio dell'Anonimato Spa! Zuckerberg ed il suo alter ego Durov.
Pavel Durov a giusta ragione può definirsi
l'alter ego di
Mark Zuckerberg. Dal momento in cui
Facebook ha
acquistato Whatsup il suo
servizio di instant messagger Telegram è stato assalito totalmente!
Nella
rete si era diffuso il timore che l'
app, costata
la bellezza di
19 miliardi di dollari, avrebbe assunto
l'aspetto di una sorta casa di vetro per
investitori pubblicitari e
inserzionisti sul
modello Facebook. Risultato: un
black out di qualche ora che avrebbe poi
peggiorato la situazione, generando una
mini-diaspora di utenti verso l'
applicazione del
programmatore di 28 anni originario della
Russia che non ha perso l'occasione di cavalcare l'onda.
In sole 24 ore sono stati
5 milioni le persone che hanno
scaricato Telegram! Per
Zuck 5 milioni sono spiccioli ma tuttavia, alla prima
uscita pubblica al Gsm di Barcellona ha colto subito l'occasione per ribadire che avrebbe
lasciato Whatsup indipendente. Nel mentre
Durov su
Twitter e sul suo sito ricordava: «
Telegram non è pensato per
produrre profitti, non venderà mai
pubblicità e non accetterà mai
investimenti esterni. Non è in
vendita. Non stiamo costruendo un database ma un programma di messaggistica per le persone».
In realtà di
Telegram piace la protezione della privacy. Il
servizio consente di effettuare chat segrete tra due persone, usando una
crittografia. I
messaggi non vengono
conservati sul server, ma rimangono sugli
smartphone degli utenti. Come chioserebbe
Cory Doctorow,
finalmente piace l'anonimato.
 |
Anonimato Spa |
L'autore di «
Little Brother» e militante per i
diritti digitali aveva previsto che il
Grande Fratello avrebbe generato conseguenze. L'
affare Prism, il
sistema usato dalla Nsa per raccogliere dati sui cittadini americani e internazionali senza mandato della magistratura,
intercettando messaggi di
posta elettronica, chat, video, fotografie ha prodotto come prima conseguenza tangibile una nuova generazione di
prodotti anti-intercettazioni. Con
49 dollari su
internet chiunque può portarsi a casa
Safeplug, una scatola che una volta
collegata al router, agisce come un
proxy e costringe tutto il
traffico internet dell'utente a
passare sul network Tor.
A Barcellona, uno dei protagonisti è stato
Blackphone, battezzato il
primo smartphone anti-Nsa. Per
455.00 € circa si ha la possibilità di di
navigare online e
comunicare in maniera sicura. Per dieci dollari al mese la
startup Wireover installa sul tuo computer una
app, che permette lo
scambio e il
trasferimento illimitato di immagini, video, audio, documenti sensibili, e
file di grandi dimensioni, da un
computer all'altro, senza che nessuno, all'infuori del
mittente e
destinatario, possano accedere ai contenuti. I
venture capital sono certi che a breve l'
azienda troverà nuovi investitori.
Un'altra
startup fondata da un
ex di Google ha un nome che è tutto un programma:
Disconnect si inserisce all'interno di un
ricco filone di programmi amici della privacy che
bloccano le pubblicità,
cancellano i cookies e permettono di
surfare senza essere rilevati. Ma a differenza degli altri servizi, questo promette di rivelarti in tempo reale chi e come sta
prendendo informazione da noi. Non mancano naturalmente gli eccessi. Come ad esempio lo
smartphone che si autodistrugge. Un gadget da 007, destinato a un
pubblico speciale e specializzato che però ha già un nome: si chiama
Boeing Black, ci sta lavorando il
colosso aerospaziale Boeing che ha deciso di presentarlo all'
Fcc.
Più incline alla paranoia è invece l'
Anulador Celular prodotto dalla brasiliana
Polar. Tecnicamente è un
cooler, cioè un contenitore per tenere in fresco la birra. Al suo interno ha però un dispositivo che blocca le
connessioni Gps, Gsm, Wireless 3G e 4G nel raggio di un metro e mezzo. Ufficialmente servirebbe per bloccare la
sindrome da distrazione da smartphone quando si è al bar. Ufficiosamente potrebbe essere anche usato per rendersi non tracciabili. Paronia a parte, il proliferare di queste soluzioni dimostra però solo che il
business c'è. Quello che sta accadendo più che un sintomo di una maggiore consapevolezza dell'importanza dei propri dati personali è il riflesso dell'ingresso sul mercato di una serie di prodotti che utilizzano la
crittografia destinati all'utente medio.
Come aveva previsto
Eric Schmidt,
presidente di Google: contro la
sorveglianza di massa da parte dei
Governi, serve che anche la
crittografia diventi di massa. Più della
Nsa però chi dovrebbe essere preoccupato sono le
aziende che su
internet e sui nostri
dati ci campano. Se in
rete smettiamo di essere l'
espressione tracciabile delle nostre abitudini di consumo diventiamo meno interessanti per gli
sponsor che vogliono
vendere prodotti. Se per meglio dire, usciamo dal
radar, social network e motori di ricerca saranno
meno attraenti per la pubblicità. In realtà questa ondata emotiva post-datagate è ben lungi dall'impensierire i giganti del web. Se è vero che la
privacy su internet non può più essere concepita come diritto di stare da soli, è altrettanto certo che il «
public by default», il pubblico come nuova
norma sociale di Mark Zuckerberg non ha culturalmente vinto.
Come spiega bene
Antonio Casilli,
professore associato di Digital Humanities presso il
Paris Institute of Technology (Paris Tech), nel suo saggio «
Against the Hypothesis of the End of Privacy», il
diritto alla riservatezza è ormai un bene negoziabile. Una scambio sempre più consapevole tra chi detiene i diritti (gli utenti) e chi possiede le piattaforme online.
Cessione di dati contro servizi. Il prezzo lo decide il
mercato. Anzi, lo ha deciso una startup.
Datacup con sede a
New York City offre 8 dollari al mese (
70.00 € annui) per avere pieno accesso ai dati generati dagli utenti sui
propri account social e dalle
transazioni online. Sono già 1.500 le persone che hanno scelto di renderli trasparenti come
concorrenti del Grande Fratello. Il servizio di compra-vendita sarà aperto a tutti. Nessun
inserzionista e nessuna
azienda però, almeno per il momento, si è fatta avanti. Il prezzo forse non è quello giusto.