Il-Trafiletto
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25/01/17

Il Midwest, le pianure e le montagne

I nomi di molti degli Stati di questa vastissima regione, centro del territorio dell'Unione, sono famosi, per ragioni diverse (e, innanzitutto, per i film e i telefilm di serie), in tutto il mondo: Oklahoma o Kansas, Colorado o Michigan, Kentucky o lliinois. 


Qui si trovano anche alcune celebrate metropoli, da Chicago a Detroit, da Kansas City a Salt Lake City, da Indianapolis a Cleveland. Ma nel complesso questi territori non sono molto popolati. Questa è l'America dei grandi spazi, dei cieli senza fine, delle foreste e dei laghi, e delle sterminate praterie.

Milioni di persone hanno visto le immagini di questi straordinari paesaggi: basti pensare, per fare l'esempio forse più originale, alla sequenza del film di Hitchcock Intrigo Internazionale nella quale i due protagonisti, Cary Grant e Eve Marie Saint si arrampicano faticosamente sui profili di alcuni presidenti scolpiti sulle rocce del Memorial nel North Dakota. In una regione così estesa le escursioni climatiche, da quelle dei gelidi inverni a quelle delle torride estati, sono forti e le tempeste non sono rare. Questa -era fondamentalmente, all'inizio, la terra degli indiani d'America.

Vi abitavano le tribù dei Sioux e degli Cheyenne, dei Cherokee e dei Semino1e, e tante altre: decine di migliaia. La vita di queste tribù fu cambiata dapprima dall'arrivo degli spagnoli, nel sedicesimo secolo, ma la svolta radicale avvenne all'inizio dell'Ottocento, quando il Presidente Jackson firmò il «Rernoval Actx (l'Atto di spostamento) che trasferì forzatamente oltre settantamila tribù nei territori ancora disabitati a ovest del Mississippi. Da qui cominciò quella guerra mai dichiarata che portò allo sterminio degli indiani sotto la pressione delle ondate successive di coloni le cui carovane portavano sempre nuovi immigranti - cinquantamila anime all'annoa stabilirsi in questa regione.

I nuovi venuti erano coloni dell'est, che andavano occupando lo Iowa e il Missouri e l'Arkansas e russi e scandinavi che si andavano concentrando nel Minnesota. Con loro avanzava la Pacific Railroad, la Ferrovia del Pacifico, destinata a collegare la costa atlantica a quella dell'altro oceano. Un secondo, lungo scontro - anch'esso rievocato in alcuni celebri film - fu quello tra i mandriani che rivendicavano l'apertura dei pascoli e gli agricoltori che segnavano le proprietà con steccati e filo spinato. Estromessi gli indiani dai loro territori e stabilite le riserve nelle quali rinchiuderli, i nuovi coloni ne conservarono le tradizioni culinarie.

Granoturco, cereali selvatici, selvaggina, frutta secca e fresca, carne di daino e di bufalo entrarono nelle ricette di questa parte del Nuovo Mondo. Vi si aggiunserogli ingredienti della cucina popolare europea: pesce affumicato, salsicce, pane nero, strudel. A tutt'oggi il Midwest è la terra del «meat e potatoes», carne e patate, contenuto di uno dei due pasti in scatola che costituivano le razioni dell'esercito americano sul fronte europeo durante la seconda guerra mondiale (l'altro tipo di razione consisteva nel chili con carne e fagioli, ovviamente). E la cucina di questa regione è rimasta in realtà semplice e sostanziosa, una cucina casalinga, sintetica testimonianza delle radici del «Paese di Dio».

11/01/17

La Costa del Pacifico e le Hawaii

 La Costa del Pacifico e le Hawaii ⧫ Storia della cucina americana


La regione, nonostante la vasta zona desertica, è intensamente popolata: si calcola che un americano su otto abiti qui. Il miscuglio etnico è forte: in testa vengono, naturalmente, gli eredi degli spagnoli, ma sono presenti anche un forte gruppo di neri e soprattutto di discendenti degli asiatici venuti all'epoca della caccia all'oro: in primo luogo cinesi e poi gente proveniente dal Vietnam, dalla Cambogia, dal Laos, dalla Tailandia. La èucina californiana risente di questa storia e di questo miscuglio (come, del resto, nelle ovvie differenze, accade anche in altri Stati) e alterna piatti molto sofisticati ad altri semplici e succulenti. Negli ultimi anni, tuttavia, proprio da qui è partita la moda della «new wave cuisine», ispirata alla «nouvelle cuisine» francese ma nutrita anche dai ricchissimi e vari frutti di queste terre: una cucina caratterizzata dai prodotti naturali freschi.

La produzione di frutta e verdura in California è effettivamente rigogliosa: comprende avocado é meloni, cachi, fichi e mandorle, fragole, olive, cavoletti di Bruxelles, carciofi e asparagi, spinaci, e fagioli «limax (una verietà che proviene dal PeTÙ).Su tutti gli altri frutti domina il giallo splendente degli agrumi. Sono, la tradizionale e la nuova, cucine che testimoniano del benessere tipico di questo stato. Là dove termina la lunghissima striscia della California comincia l'Oregon. Più su c'è lo Stato di Washington (situato esattamente sul lato opposto degli Stati Uniti rispetto alla città di Washington, la capitale dell'Unione, che sta nel Distretto di Columbia). Oltre il confine si stende il Canada. Ma ancora più a nord si torna negli Stati Uniti, perché l'Alaska è uno Stato dell'Unione.

Nella regione dell'Oregon e dello Stato di Washington il paesaggio è spettacolare e il cibo è vario e abbondantissimo, tanto da colmare non solo le tavole degli abitanti ma quelle di milioni di persone che vivono assai lontano da qui. Pesci, carni e frutta vengono infatti trattati industrialmente ed esportati. E la cucina locale è regolarmente basata su prodotti freschi. Qui si mangiano i famosi «dungeness crab», una varietà di granchi molto teneri e dolci. Qui si pescano i gamberetti dell'Oregon, scoperti qualche anno fa e ormai divenuti una fiorente industria. Qui si allevano le ostriche giganti. E qui trionfa il salmone, cucinato in tutti i modi possibili. Quando ci si stanca del pesce si può passare tranquillamente alle carni: nei ricchissimi pascoli che si stendono ai piedi delle montagne vagano pigramente enormi mandrie, che forniscono bestiame e latticini. E naturalmente il barbecue è largamente praticato.

Nella parte della regione ove vivono i baschi molte ricette comprendono l'agnello. Nel rimanente territorio fioriscono gli orti e i frutteti. Gli indiani spesso utilizzavano i frutti di bosco come pietanza centrale del loro pasto e oggi dai mirtilli, dalle fragole, dai lamponi, dalle more, dai ribes si traggono marmellate e gelatine. Il marchio del benessere si ritrova nelle Hawaii, le sette isole del Pacifico che sono anch'esse uno Stato dell'Unione e che, un tempo abitate soltanto dai polinesiani, sono oggi popolate da gente che proviene dai più diversi incroci di quegli indigeni con cinesi, giapponesi, coreani, coloni americani. Un classico paradiso dei turisti, come si sa. Clima e paesaggio variano fortemente in queste isole: dal tropicale al desertico; dai grandi appezzamenti verdi alle rocce aguzze lambite dall'oceano. Le ricette dei polinesiani si fondavano sulla frutta e sul pesce.

Quando arrivarono i vascelli degli Yankee, stipati di carne secca e di pesce salato, gli indigeni assorbirono rapidamente la novità e il ricordo di quel tempo si prolunga oggi in alcuni piatti hawaiani: per esempio, il «pipikaula», un piatto di carne grigliata con salsa agrodolce, o il «lomi lorni», basato su filetti di salmone salato. Ma la cucina hawaiana è ormai, in realtà, una felice mistura delle tradizioni culinarie d'America, d'Europa e d'Asia.

10/01/17

La grande pentola ⧫ Storia della cucina americana

«Melting pot», crogiuolo. è un'espressione che viene classicamente usata, da gran tempo, per indicare quella mistura di razze" di tradizioni, di vecchio e di nuovo che sono gli Stati Uniti d'America. È un'espressione che calza bene anche se si parla di cibi e di cucina.


Sono stati, infatti, gli immigranti venuti da tutti i continenti che hanno rielaborato i cibi originariamente cucinati dalle tribù indiane, fondendoli con quelli tipici dei loro paesi. Tuttora si ricordano le pietanze cucinate dai Pilgrims, i puritani inglesi - i «padri fondatori» - sbarcati nel 1620 dalla nave Mayflower nella regione che non per caso si chiama New England, Nuova Inghilterra. Si praticano ancora le ricette usate dai Pilgrims in occasione della prima Festa del Ringraziamento (Thanksgiving Day) , come quella del tacchino ripieno, che è diventato il piatto tradizionale nel giorno della festa, e dell'oca arrostita, che abbiamo incluso anche in questo volume.

E così nella cucina americana si ritrovano le tradizioni creole e cajun nel profondo sud e quella messicana, i contributi delle ricette portate dai marinai e dai mercanti sulla costa dell'Atlantico del nord, e poi, a mano a mano, le varianti apportate .dai coloni, e, con l'evoluzione dei tempi, i piatti elaborati nelle cucine dei grandi alberghi delle metropoli ma anche quelli imposti dai tempi duri della Grande Depressione. Fino alle ricette della recente tendenza naturista - poco sale, pochi grassi, niente zucchero, molte verdure esaltate dalle diete salutiste in tutto il paese a partire dalla costa del Pacifico, dalla California. Anche le comunità che hanno conservato il culto della propria cucina - come gli italiani, i greci, i polacchi, gli scandinavi, i cinesi - hanno però finito con l'accettare tutta una serie di ingredienti tipicamente americani, inventando piatti sconosciuti di qua dall'oceano.

Per questo oggi nei supermercati degli Stati Uniti è possibile trovare 1apiù grande varietà di cibi: di salsicce, carni, insalate, formaggi, dolci, che permettono di portare su ogni tavola un «mix» che è, insieme, americano e internazionale. Ma le origini sono tutt'altro che dimenticate. Non per caso gli Stati Uniti sono innanzitutto il paese del barbecue, che deriva da quella cucina dell'eopen fire», dei fuochi all'aperto, tipica dei cowboy e dei carovanieri (e, prima ancora, ovviamente, degli indiani), fondata principalmente sulle bistecche cotte alla brace e sugli hamburger e sui fagioli arrostiti. Paradossalmente, in questo senso, c'è un filo diretto, negli Stati Uniti, tra il cibo dei pionieri e quello che si può consumare nei «fast food», Ma la memoria delle origini non conduce soltanto alla cucina più semplice, «da campo». Anzi. Le complicate pietanze che le donne dei pionieri inventavano e arricchivano stando per ore dinanzi ai fornelli sono tuttora in uso e si tende a ricostruire le ricette originarie attraverso ricerche meticolose.

Negli ultimi decenni sono stati restaurati o ricostruiti di sana pianta un centinaio di villaggi nei quali rivivono i trascorsi duecento anni di vita americana. Non si tratta, in generale, di villaggi imbalsamati, di luoghi-museo: si tratta di piccole comunità che coltivano i mestieri artigianali ormai scomparsi e lavorano a tener vive le tradizioni per centinaia di migliaia di visitatori. l luoghi di ristoro, le cucine, i negozi dove si servono o si vendono pietanze e dolci «antichi» cucinati esattamente come una volta sono uno degli aspetti più interessanti - e attraenti, naturalmente - di questi villaggi. Andare a Colonial Williamsburg, in Virginia, sedersi a un tavolo della taverna preferita da George Washington e ordinare le pietanze che il primo presidente degli Stati Uniti mangiava regolarmente, e gustarle nella versione originaria, non può non destare in un americano una particolare emozione.

Ma anche per chi non è americano e conosce magari solo per sommi capi la storia americana gustare un piatto «antico» cucinato esattamente come lo si cucinava cento o duecento anni fa può essere quanto meno curioso. Può essere, tra l'altro, un modo per superare gli stereotipi che descrivono gli Stati Uniti esclusivamente come il paese dei supermarket, dei cibi in scatola, dei surgelati e dei fast food. Abbiamo scelto le ricette che seguono tenendo conto del «melting pot» ma anche di queste tradizioni storiche e dei sapori e degli odori diversi che si ritrovano nelle cucine regionali di questo paese che è un subcontinente.

Attraverso queste ricette si può compiere un affascinante viaggio dagli Stati del nord montagnoso alle pianure del Middle West fino alle calde e rigogliose terre del profondo sud; dalla costa dell'Atlantico a quella del Pacifico, dai confini col Canada alle frontiere col Messico. È un invito a sperimentare una divertente avventura ma anche a conoscere meglio, sia pure dalla porta della cucina (che non è poi una porta secondaria) quel crogiuolo di popoli e di razze che, nel bene e nel male, con splendori e contraddizioni, sono stati e sono tuttora gli Stati Uniti d'America.

Sarà anche un omaggio al popolo indiano, che tanto insegnò a coloro che venivano a occupare le sue terre, e, per altro verso, all'inventiva delle donne dei pionieri che, come dice uno dei libri dedicati a questa cucina «storica», si dimostrarono grandi cuoche preparando pranzi variati e succulenti sia che avessero a disposizione un forno di mattoni, una stufa a legna o un semplice fuoco da campo acceso sulla nuda terra.

09/01/17

La Statua della Libertà ⧫ Storia cucina americana

La Statua della Libertà domina il porto di New York: dall'isola di Bedloe, di fronte alla punta estrema di Manhattan, con i suoi 46 metri di altezza e una testa di 5 metri per 3 sembra proteggere la città e dare il benvenuto ai visitatori del vecchio e nuovo mondo, dall'alto del suo braccio destro, quasi 13 metri di lunghezza, e della sua mano che sostiene una fiaccola sempre accesa dal giorno dell'inaugurazione, il 28 ottobre 1886.


La storia «della più grande signora del mondo», così viene da sempre chiamata, inizia negli anni '60 dell'ottocento: da un lato un giovane scultore francese, F.A. Bartholdi che guardava con interesse alla-statua seicentesca posta sopra la porta centrale del Duomo di Milano, dall'altro lato un conoscitore e un estimatore degli Stati Uniti, lo storico [rancese Edouard de Laboulaye. Nasce così l'idea di costituire un comitato misto, francese e americano, con il senatore Evarts: il primo intento è quello di raccogliere finanziamenti per l'impresa.

La scultura nasce lentamente tra le mani di Bartholdi; prima un modellino in gesso alto 2,70 metri, poi un altro in bronzo di 11 metri. Infine per passare alle dimensioni definitive, il tutto avviene ancora in terra francese, si chiede l'intervento del mago del ferro, Gustave Eiffel, che progetterà l'armatura in grado di sostenere le 80 tonnellate della statua, realizzatacon più di 300 lastre di rame con uno spessore di 2,5 cm. Il4 luglio 1884 la Statua della Libertà domina i tetti di Parigi; viene così ufficialmente consegnata all'ambasciatore americano. Anche Victor Hugo è abbagliato dalla grandiosità dell'opera; dopo qualche mese, 214 casse trasporteranno la statua smontata al suo luogo naturale, dove il 28 ottobre  1886 sarà inaugurata dal presidente Cleveland.

Tra il 1984 e il 1987 un gruppo di architetti americani e d'ingegneri francesi lavorano intorno alla statua per restaurarla, soprattutto per quanto riguarda il fenomeno di elettrolisi, data la forte umidità, causato dal contatto del rame con la struttura interna di ferro. Così nuovamente ogni anno un milione e mezzo di visitatori potranno, dall'alto della fiaccola, godere di uno tra i più stupefacenti paesaggi artificiali del mondo.

01/01/17

Texas e Sudovest storia della cucina americana

Questa regione degli Stati Uniti - che comprende, oltre al Texas, il New Mexico, l'Arizona, l'Utah e il Nevada - è fra le più conosciute in tutto il mondo grazie al cinema e soprattutto ai film western che nutrono da tanti anni l'immaginario di milioni di persone in Europa come negli altri continenti. 

Qui scorre il Rio Grande, qui è la Sierra, qui si stende fino a perdita d'occhio la maggior parte del grande deserto americano. Questa è terra di cowboy, di ranch, di bestiame. E, nella leggenda maanche nella realtà, è terra di oro e d'argento.

Qui, come in tutte le altre regioni, vivevano in origine gli indiani; poi arrivarono gli spagnoli e, infine, i coloni americani. Il cuore della regione è il Texas, la cui storia è popolata di cowboy, di petrolieri e di grandi proprietari terrieri, oltre che di braccianti e di schiavi. Per tutti gli americani ma anche per gli stessi texani l'immagine del Texas è segnata da molti stereotipi: tutto ciò che si trova in questo Stato sarebbe più grande e migliore che altrove. E non di rado è proprio così. Né fa eccezione, ovviamente, la cucina: pasti molto lauti, festini all'aperto con polli, bistecche gigantesche, sontuose insalate. Si dice che i coloni americani fossero sedotti dai forti aromi dei cibi.messicani che giungevano attraverso la frontiera e così cominciassero a interessarsi alle ricette messicane.

Comunque le adattarono ai loro gusti e alle loro tradizioni, creando quella cucina «Tex-Mex» che oggi è conosciuta in tutto il paese e che molti buongustai preferiscono alla cucina autenticamente messicana. La «Tex-Mex» si distingue principalmente perché include ingredienti più costosi, come la carne. Naturalmente il chili (peperoncino) compare praticamente in ogni piatto, dalle insalate agli stufati, alle pietanze a base di patate o di fagioli. Il Guacamole, per esempio, diffuso oggi in tutti gli Stati Uniti come salsa da cocktail, era in origine per i messicani una insalata a base di avocado, frutto che per il suo forte contenuto proteico veniva consumato come piatto forte dove scarseggiavano carne e pesce. A Pioneer Town, uno dei villaggi pionieristici ricostruiti, la ricetta comprende avocado, pomodori e, infallibilmente, chili.

Il piatto nazionale texano è il chili con carne, che gli intenditori chiamano «scodella di rosso», ed è un perfetto esempio di cucina «Tex-Mex». Con questo piatto i fagioli vengono serviti a parte, con il riso. I fagioli borlotti, il granoturco, la zucca e i pomodori sono altri ingredienti molto comuni nelle ricette texane. Nell'Arizona l'influenza messicana è ancor più sensibile. Il frumento è più diffuso del granoturco e infatti le tortillas sono solitamente di grano, piuttosto che di granoturco. La cucina dell'Arizona, come quella del limitrofo Stato messicano del Sonora, è meno speziata delle altre. L'Utah è uno Stato fondamentalmente mormone e il credo di questa comunità si riverbera su tutti gli aspetti della vita, compresa la cucina. Le ricette sono generalmente simili a quelle dell'Occidente, con l'aggiunta di piatti tedeschi e scandinavi; il chili vi compare raramente.

Qui anche i ristoranti sono pochi, perché i mormoni preferiscono mangiare a casa, in seno alle loro famiglie molto numerose. Anche la cucina del Nevada, peraltro, è assolutamente diversa da quelle degli altri Stati della regione. Dopo tutto, La Vegas (un nome che significa in spagnolo "i prati") è una città che vive eminentemente di turismo e che semplicemente finge di risentire dell'influenza messicana. In realtà, la sua cucina è convenzionale e internazionaleisemmai si richiama a quella di New York, perché sono soprattutto gli abitanti di questa metropoli che vengono a tentare la fortuna sui tavoli da gioco della fantasmagorica città. Per il resto, nel Nevada c'è ben poco d'altro.

Nell'Ottocento, la scoperta delle miniere d'oro e d'argento, a Comstock Lode, aveva provocato un forte flusso immigratorio e i centri abitati dai cercatori erano sorti come funghi: il più famoso era Virginia City. Ma trent'anni dopo era giù tutto finito e città e villaggi erano andati in rovina.

12/12/16

Il profondo Sud 'storia cucina americana'

II profondo Sud - Virginia, Tennessee, North Carolina, South Carolina, Mississippi, Alabama, Georgia, Louisiana e Florida 


Terra di violenti contrasti: basti pensare alla questione razziale che qui più drammaticamente e più a lungo che nelle altre regioni degli Stati Uniti ha conservato le tracce dell'epoca schiavista. È terra di grandi signori, cresciuti nell'opulenza delle piantagioni e nella raffinata eleganza delle città, e insieme, di poveri piegati alla fatica più dura nelle città e nelle campagne. Forse soltanto nelle tradizioni culinarie questi contrasti si ricompongono generando un'estrema varietà di cibi e di pietanze che portano i segni delle cucine degli indiani americani, degli scozzesi- e degli irlandesi, francesi e degli spagnoli, dei creoli e dei neri.

La parte più interessante di queste tradizioni - nelle quali è presente soprattutto il riso: si dice che nel Sud se ne mangi cinque volte di più che in qualsiasi altra regione degli Stati Uniti - è forse quella che riguarda la cucina creola e quella cajun, concentrate soprattutto nella Louisiana, a New Orleans e nelle campagne circostanti. C'è chi sostiene che è quasi impossibile definire che cosa siano i creoli. Ci sono creoli nati da genitori francesi e ci sono creoli nati da genitori spagnoli. E ci sono creoli nati da coppie miste (generalmente padre bianco e madre nera).

È certo, comunque, che un contributo forrdamentale alla cucina creola è venuto da donne nere e da cuochi neri. Si narra che la cucina creola sia nata dalla protesta di una cinquantina di casalinghe di New Orleans, che nel 1722 si recarono sotto la residenza del governatore Bienville e manifestarono battendo ritmicamente i cucchiai contro le padelle per significare che non intendevano più nutrirsi giorno dopo giorno di farina di granoturco. Fu quella che passò alla storia come la «Petticoat Rebellion» (la rivolta delle sottane).

Sembra che il governatore, per evitare il peggio, presentasse alle manifestanti la sua governante, che aveva imparato alcune ricette dagli indiani del luogo e dai neri. E la governante, si narra, riuscì a calmare quelle sottane infuriate insegnando loro a cucinare l'okra (una pianta africana chiamata anche gumbo in dialetto bantù e importata nel Nuovo Mondo dagli schiavi neri) con la polvere di sassafra, a sfruttare meglio le pannocchie, a usare il roux (una base composta di grasso o burro e farina), tuttora l'ingrediente principale di molte ricette creole e cajun. La parola «cajun» deriva da «Acadian», nome degli immigranti di origine francese che presero residenza in Louisiana dopo che i conquistatori inglesi li cacciarono dagli stanziamenti originari in Canada (l'Acadia, appunto, oggi chiamata Nuova Scozia).

La cucina cajun è essenzialmente una cucina casalinga, delle campagne, che richiede molto tempo e molta cura e indulge fortemente ai sapori piccanti. Di contro, la cucina creola è raffinata, eminentemente cittadina, e risente di influenze molto diverse che rendono spesso le sue pietanze addirittura sorprendenti (vi hanno contribuito, oltre che la tradizione francese e quella spagnola e quella africana, le cucine italiana, tedesca e perfino jugoslava).


Tutta la cucina del profondo Sud, peraltro, risente di eredità incrociate, da quelle delle tradizioni culinarie dell'Oriente a quelle dell'Africa e del Centroamerica. Forse il suo segno più tipico è dato dal Tabasco, una salsa derivata dall'omonimo chili (peperoncino rosso) che si produce e si imbottiglia nella Louisiana ed è famosa in tutto il mondo tanto quanto il succulento prosciutto della Virginia.

05/12/16

Costa del Nord Atlantico: storia cucina americana

Scendendo dal New England lungo la regione della Costa del Nord Atlantico entriamo nelle terre del fasto e dell'abbondanza. E negli Stati di questa regione, New York, Pennsylvania, New Jersey, Delaware, Maryland, West Virginia, fiorirono le due tradizioni dominanti nella cultura culinaria degli Stati Uniti, l'inglese e la tedesca.


Gli immigranti che si erano sistemati attorno al centro che allora si chiamava New Amsterdam e oggi si chiama New York erano ricchi agricoltori, mercanti, finanzieri e, subito, politici di primaria importanza. Le loro tavole erano sempre riccamente imbandite: fu grazie a loro che la più genuina tradizione culinaria inglese ignorata dai parsimoniosi puritani mise radici nel Nuovo Mondo. E il livello migliorò ancora quando un nuovo gruppo di coloni si sistemò nel Maryland e in Virginia (nella cosidetta Tidewater Region): qui giunsero dall'Inghilterra, infatti, i cadetti dell'aristocrazia che non avevano ereditato i patrimoni terrieri di famiglia.

Dalla Virginia salirono alla Casa Bianca i primi presidenti degli Stati Uniti, a cominciare da George Washington, e la cucina virginiana si impose nel paese. La tradizione inglese, intanto, aveva assorbito nuovi ingredienti locali: selvaggina, pesce, ortaggi, frutta. Erano giunte anche le spezie dalle Indie e si cominciavano ad apprezzare le salse francesi. I benestanti che sceglievano di concedersi un viaggio in Europa portavano con sé i cuochi perché imparassero le ricette del vecchio continente.

Thomas Jefferson, terzo Presidente, fu il primo a chiamare uno chef francese alla Casa Bianca, pagandolo cifre astronomiche. I Quaccheri provenienti dal Galles e dall'Inghilterra fondarono Philadelphia, la città dove fu firmata la Dichiarazione di Indipendenza e fu elaborata la Costituzione
del 1787. Appunto nei territori attorno a Philadelphia si sistemarono i famosi Pennsylvania Dutch. Dutch significa olandese, ma questi immigranti venivano in realtà soprattutto dalla regione del Reno e dalla Germania meridionale. Ad essi si aggiunsero gli Amish, che venivano dalla Svizzera, e i Mennoniti, che venivano anche loro dalla Germania.

Il Pennsylvania Dutch era fondamentalmente parco ma non nel vitto. La cucina era il luogo più importante della casa: da queste cucine si diffusero in tutto il paese alcuni tipici cibi tedeschi come le salsicce affumicate, i «sauercraut» (crauti), lo «apple butterx (marmellata di mele speziata) e poi i «frankfurters (il famoso tipo di wurstel), i «pretzels (biscotti salati a forma di nodo), e infine gli hamburger. In questa regione i menu si fecero più ricchi e complessi, i piatti si moltiplicarono e
divenne popolare il detto tedesco «sette dolci e sette agri». Si sviluppò in particolare la tradizione dei dolci, delle marmellate e, infine, dei gelati, che raggiunsero il
massimo della raffinatezza a Philadelphia. I Mennoniti curarono, dal canto loro, i vini fatti in casa (la loro teoria era che bere acqua facesse male alla salute) e le birre.

Ma in questa regione nacque anche da un gruppo di Quaccheri scissionisti, gli
Shaker, la cucina vegetariana, basata su farina, ortaggi e frutta.

06/11/16

NewEngland Nuova Inghilterra: La sua cucina

Solidità, concretezza, frugalità sono le qualità tipiche attribuite per tradizione alle popolazioni del New England, la regione più a nord sulla costa atlantica degli Stati Uniti, che comprende oggi sei stati - Maine, New Hampshire, Vermont, Massachusetts, Rhode Island e Connecticut - e alcuni dei luoghi più pittoreschi del paese.

I coloni che fondarono qui la prima comunità, nel 1620, a poco più di un secolo dal viaggio di Cristoforo Colombo, erano puritani, non per caso:

in parte venivano dall'Inghilterra meridionale, in parte dall'Olanda dove erano stati esiliati per il loro credo religioso.
Chiamarono Plymoth il loro primo villaggio, in omaggio a Plymouth, il porto inglese dal quale erano salpati.

Le condizioni climatiche e di vita che trovarono sul Nuovo Continente non erano certo da paradiso:
freddo intenso, forti venti, colline rocciose, foreste di aceri e betulle, grandi laghi gelidi.
Nel campo indiano abbandonato, nel quale s'erano stabiliti, le strade erano sentieri di fango gelato; nelle piccole baracche di legno le stufe facevano molto fumo ma poco caldo; procurarsi il cibo era un'impresa.
Erano sbarcati in cento: la metà perirono durante il primo inverno. Le foreste erano ricche di selvaggina e i laghi di pesce, ma sfortunatamente i nuovi venuti non conoscevano la pesca e cacciavano male.
Furono gli indiani a venir loro in soccorso, offrendo carne di daino e di alce e di orso, granoturco e patate, non sapendo ancora quale amara ricompensa avrebbe avuto in futuro questa loro generosità.

D'altra parte, i puritani, che la leggenda ha sempre dipinto come gente riservata e devota, erano in realtà anche rozzi e brutali, come ci dicono le testimonianze rinvenute negli archivi dei tribunali del tempo.
E non avevano certo nostalgia dei costumi della loro terra natia che li aveva espulsi.
Oggi è possibile ritrovare quell'ambiente originario nella Plimoth Plantation, uno dei villaggi fedelmente ricostruiti per conservare e far rivivere la memoria storica degli Stati Uniti. Granoturco e fagioli divennero presto gli ingredienti costanti della cucina dei coloni.

I puritani impararono anche a procurarsi il pesce e così poterono aggiungere ai loro pasti salmoni e merluzzi e anguille, e i crostacei che abbondavano nelle baie.

C'erano «lobsters» (crostacei simili all'astice) enormi, anche di tredici chili, ma quei puritani ritenevano che questo non fosse cibo per la gente per «bene» - un pregiudizio che è durato fino ai nostri giorni e preferivano perciò i granchi. .

Quattro anni dopo arrivarono le prime mucche inglesi e con esse. Il latte, e piu tardi fu la volta della farina e della carne di montone.
E nei decenni a seguire vennero tè e ginger dalla Cina, vini e uve dal Mediterraneo, melasse dalle Indie.
Ma intanto gli «yankee» (proprio da questi immigranti originari discende questo nome) avevano imparato che bisognava soprattutto difendersi dall'inverno, e così si sviluppò la cultura della conservazione.

Le donne dei coloni salavano le carni e cucinavano pasticci e torte, anche cinquanta per volta, da ricoprire di sciroppo per tener lontani i batteri.

Duro lavoro, buonsenso, semplicità di gusti: 
di questo si vantavano questi nuovi americani. 
E cucinavano e mangiavano di conseguenza. Quando, nel ventesimo secolo, cominciarono a stabilirsi da queste parti gli irlandesi, gli italiani, i portoghesi, la cucina del New England era ormai ben definita: era la cucina yankee. E tale è proverbialmente rimasta.

02/11/16

A proposito della cucina americana

Ma esiste una cucina americana? Non si può probabilmente parlare in Europa e in particolare in un paese di grandi e orgogliose tradizioni culinarie come è l'Italia, dell'alimentazione negli Stati Uniti, senza affrontare un quesito preliminare quasi ovvio: ma esiste poi, una cucina americana? 


La convinzione diffusa nel nostro paese, un po' in tutti gli strati sociali, è, infatti, che l'oggetto di cui parliamo, uno stile gastronomico specifico proprio degli Stati Uniti, non esista.



Si pensa, in generale, che l'insieme dei piatti prodotti e consumati dal popolo americano non abbia, nel corso di due secoli di storia, raggiunto la coerenza, e gli standard qualitativi, che siamo soliti esigere quando parliamo di una "cucina" nazionale.
Di fronte a un giudizio, o pregiudizio, così radicato, non ha molto senso assumere, come si tende a fare spesso, un atteggiamento difensivo, ricordando magari i tanti "cibi nuovi" che la cucina europea deve proprio alla scoperta dell'America, o i singoli buoni piatti originati negli Stati Uniti.

Il paradosso è, infatti, che quel giudizio è ancora prevalente pur in una situazione, come è quella odierna in cui tanti italiani hanno potuto constatare di persona, recandosi negli USA per turismo, per studio per lavoro, come in quel paese sia possibile mangiare altrettanto bene, se non meglio, che in tanti paesi europei.

E la convinzione, secondo cui una "cucina americana non esiste", non sembra attenuarsi, sembra al contrario rafforzarsi, proprio nel momento in cui le grandi e piccole città del vecchio continente si accostano più direttamente, con il sorgere di catene di "cibo rapido" (fast food) agli standard culinari statunitensi.


Non solo un simile giudizio è largamente condiviso anche dagli americani, che oscillano, nel parlare dei propri stili alimentari, fra atteggiamenti anche aggressivamente nazionalistici e un ricorrente senso di inferiorità nei confronti della cucina (anzi, della cuisine e l'insistenza sul termine francese è di per sé significativa) di Francia, Italia, Cina.

Prima di parlare del come effettivamente si mangia negli Stati Uniti, prima di provare a indicare i tratti caratteristici che definiscono la specificità dell'assetto culinario di quel paese, vale quindi probabilmente la pena di provare a cogliere le radici, antiche, di quel giudizio:
anche perché ne ricaveremo elementi utili per meglio capire che cosa generalmente intendiamo, più o meno consapevolmente, quando parliamo di una "cucina", o di una tradizione culinaria.
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