Il-Trafiletto
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01/09/14

Dov'era Heracleion?

La posizione alla foce del Nilo fu all'origine della sua ricchezza Al tempo della sua fondazione, nelI'VIII secolo a.C, Heracleion si trovava alla foce del fiume io. Oggi giace a 6,5 chilometri al largo della costa egiziana. 


Dov'era Heracleion?
L'importanza di Heracleion diminuì dopo la fondazione della vicina Alessandria, nel 331 a.C, la quale aveva il vantaggio di una migliore posizione per il commercio con l'occidente e inoltre poteva contare su fondamenta calcaree ben più stabili rispetto al limo del Nilo, che si sarebbe rivelato fatale per la città. argillosi, un segno dei cataclismi che distrussero la città. Heracleion e la vicina Canopo, un'antica Las Vegas che godeva di una pessima fama a causa della sua dissolutezza, erano state fondate su uno strato sottile di limo che ricopriva dell'argilla impregnata d'acqua.

Una possibile teoria suggerisce che uno tsunami, in aggiunta alla pressione esercitata dagli edifici, abbia causato un drenaggio delle acque dall'argilla, facendo così collassare il terreno e distruggendo le città. Qualunque sia stata la causa del cedimento del terreno, si trattò comunque di un disastro annunciato. L'instabilità del substrato che fungeva da fondamenta alle città le rendeva destinate alla rovina.

LA PROVA DEI GEROGLIFICI
L'aiuto della scienza ha condotto il team di ricerca fino alla città perduta, ma per avere la prova definitiva che si trattasse proprio di Heracleion è stata necessaria l'esplorazione diretta da parte dei sommozzatori. ""Durante il primo anno abbiamo trovato una cappella con delle incisioni, che apparteneva al tempio principale della città", dice Goddio. "I geroglifici hanno rivelato che tale tempio era dedicato ad Amun-Gereb e sappiamo che questi era il dio adorato a Heracleion. La scoperta di tale prova ci ha dato grande carica". Una volta identificato con certezza che si trattava di Heracleion, sono cominciati gli scavi subacquei e ci si è rivolti all'OCMA, il Centro per l'archeologia marina dell'università di Oxford, per studiare i reperti rinvenuti. Nel corso del tempo, anche il team di Oxford è stato coinvolto negli scavi. "C'è tutto il divertimento di un normale scavo a terra, ma senza la parte noiosa della rimozione del terreno", dichiara Damian Robinson direttore dell'OCMA. "Dobbiamo attraversare uno strato di cinquanta centimetri di sabbia e per farlo utilizziamo una draga".

Questo strumento pompa verso il basso dell'acqua con una canna posizionata su una barca in superficie e collegata a un tubo di plastica lungo quattro metri. L'acqua viene immessa in un punto localizzato alla metà del tubo di plastica e poi viene espulsa a un'estremità. Questo movimento dell'acqua crea un'aspirazione all'altra estremità del tubo, permettendo la rimozione della sabbia. "La visibilità è davvero scarsa", dice Robinson. "Ci sono giorni in cui si vede per qualche metro, altri solo qualche centimetro, e tutto ciò in una città sommersa con una superficie di due chilometri quadrati". Ma,nonostante la scarsa visibilità, la squadra è riuscita a scattare alcune notevoli fotografie dei reperti sul fondo del mare. Molte di queste immagini mostrano statue e steli, o iscrizioni, rinvenute nelle rovine del tempio più importante della città. Questo complesso era il fulcro della vita urbana. "Il tempio era enorme", afferma Goddio. "Era lungo 150 metri e costituiva la base della vita sociale ed economica della città". Qui veniva distribuito il cibo agli abitanti e venivano riscosse le imposte doganali da tutti i battelli che entravano in Egitto. In questo modo il tempio era ricco e potente".

LA CASA DI HAPI
"Abbiamo un'idea abbastanza precisa della struttura del tempio. All'ingresso c'era una fila di statue: il faraone, la sua regina e anche il dio Hapi, simbolo della piena del Nilo, sinonimo di ricchezza e benessere. Hapi aveva sicuramente un'importanza particolare per questa città alla foce del Nilo, dato che la sua statua è la più grande mai rinvenuta tra quelle dedicate a tale divinità. Di solito erano statue piccole, ma la nostra è alta cinque metri". Queste colossali statue del faraone, della regina e del dio Hapi sono state estratte dagli archeologi per effettuare studi più pprofonditi. Sino a oggi gli archeologi hanno recuperato dal mare quasi cento statue e frammenti di sculture, oltre a centinaia di statuette più piccole e un gran numero di oggetti di minore importanza tra cui monete, vasellame e manufatti in piombo, molti dei quali oggetto di studio da parte dei ricercatori di Oxford. A breve potrebbero essere rinvenute ulteriori statue in una diversa zona del sito. "L'anno scorso abbiamo trovato le prove di un altro importante tempio cittadino, più a nord rispetto all'altro, risalente a un periodo tra 1'VIII e il IV secolo avanti Cristo. Quindi a Heracleion ci furono due templi di rilievo. Il primo fu distrutto da un disastro naturale, proprio come il resto della città, oltre mille anni or sono, e in seguito venne ricostruito più a sud. C'era talmente tanta ricchezza in questo luogo che nessuno decise di andarsene".

NUOVE SCOPERTE
Mentre gli archeologi sono all'opera per la sessione di scavi di quest'anno l'aiuto di tecnologie quali il sonar determinerà dove è più indicato scavare. Il sonar invia degli impulsi sott'acqua a partire da un'imbarcazione in superficie e i reperti si riveleranno agli archeologi sotto forma di anomalie negli echi riflessi. "Siamo guidati dai rilevamenti effettuati con i magnetometri e con i sonar", afferma Goddio, "i quali ci mostrano dove scavare. Ai ritmi di oggi, penso che i lavori in questa città proseguiranno per secoli. Almeno 10 spero". Quando Heracleion scomparve nell'VIII secolo d.C, la sua epoca d'oro era già tramontata da tempo. L'ascesa di Alessandria relegò Heracleion a un ruolo minoritario, e la città non riuscì più a recuperare l'antico posto di rilievo nel commercio marittimo. Quando sprofondò, era ormai ridotta a "un sito archeologico, una città già abbandonata", dichiara Robinson.

"Quanto accaduto non va paragonato alla distruzione di Pompei a opera del Vesuvio nel 79 d.C, ma a un'ipotetica distruzione della Pompei odierna". In ogni caso, il fatto che la rovina sia avvenuta in un periodo non florido, non modifica certo la sua importanza per gli archeologi. "La città è stupefacente perché è un emporio, un porto dove si mescolavano il mondo dei greci, dei persiani e degli egizi", dice Robinson. "Analizzando il vasellame e addirittura la forma delle ancore, si può determinare la diversa provenienza delle genti e 11 tipo di commercio in cui erano impegnate. Si tratta davvero di un sito eccezionale". Un libro aperto, ma ancora da sfogliare.(science)


09/08/14

Glossario | La parole chiavi

Nozioni e parole chiave utilizzate in questi post. 

Cartiglio
Figura ovale che racchiude sequenze di geroglifici, relative per lo più a nomi e cariche. Il termine originale francese cartouche ("cartuccia") fu coniato dai soldati giunti in Egitto al fianco di Napoleone, perché i cartigli ricordavano loro la forma delle cartucce delle pistole.

Demotico
La scrittura demotica discendeva dalla ben più antica scrittura geroglifica e fu utilizzata a partire dal 650 avanti Cristo. Grafia standard ai tempi della Stele di Rosetta, si presenta come un corsivo caratterizzato da lettere unite tra loro, adatto a essere riprodotto a mano (a differenza dei sontuosi geroglifici).

Pittogrammi
Segni semantici di origine pittorica (si pensi ai simboli sulle porte dei bagni pubblici). Con il passare del tempo, tuttavia, possono diventare irriconoscibili, come è accaduto per il demotico. In molti casi stanno a rappresentare semplici suoni: nell'"alfabeto" geroglifico, per esempio, il pittogramma della mano indica la D.(science)

La rivoluzione dell'alfabeto | Geroglifici, cosi li abbiamo decifrati

Il passo successivo fu compiuto nel 1815 dallo scienziato inglese Thomas Young, poliedrico intellettuale dagli interessi tanto eterogenei da valergli la nomea di "ultimo onnisciente". 

Seguendo l'idea di De Sacy, Young provò ad abbinare le lettere P, T, O, L, M, N, E ed S (da Ptolmnes, equivalente del greco di "Tolomeo") ai geroglifici racchiusi nel relativo cartiglio. Dopo aver applicato lo stesso metodo anche per il nome della regina tolemaica Berenice, lo scienziato ottenne un possibile "alfabeto" geroglifico, pubblicato nell'Enciclopedia Britannica nel 1819.

Molte delle corrispondenze individuate da Young erano corrette, alcune errate. L'inglese fece un ulteriore, grande passo. Attraverso un raffronto meticoloso dei segni demotici, dei geroglifici incisi sulla Stele di Rosetta e di altre iscrizioni, dimostrò che il demotico discendeva dai geroglifici, al contrario di quanto avevano sostenuto altri studiosi in passato. Insomma, Young potè tracciare lo sviluppo dai geroglifici pittografici (che rappresentavano persone, animali, piante e oggetti vari) ai caratteri demotici, loro equivalenti astratti e corsivi. Lo scienziato trasse quindi la giusta conclusione che il demotico si componeva di "imitazioni dei geroglifici... miste a lettere dell'alfabeto".
Thomas Young

Non si trattava né di un sistema di scrittura puramente simbolico, né di un alfabeto, bensì di una commistione delle due cose. Quest'intuizione meritoria non portò tuttavia Young, che subiva ancora l'incanto degli autori classici, a compiere il passaggio logico successivo. L'idea che l'intero sistema dei geroglifici (e non soltanto i cartigli) potesse costituire un ibrido, al pari del demotico, sarebbe stato il lampo rivoluzionario di Jean-Francois Champollion. Da studente, Champollion ebbe una fonte d'ispirazione nel fisico e matematico Joseph Fourier. Questi divenne prefetto di Grenoble di ritorno dall'Egitto, e intorno al 1805 mostrò al ragazzo la sua collezione di reperti antichi, tra cui anche una serie di iscrizioni. Il problema dei geroglifici iniziò così ad appassionare Champollion. Più tardi, a Parigi, il giovane fu allievo di De Sacy, la cui frustrazione per l'arcano e i successivi progressi compiuti da Young trasformarono la ricerca di Champollion in uno sforzo ossessivo di battere il rivale inglese. L'indizio-chiave arrivò nel 1822 con il ritrovamento di un cartiglio contenente il nome di Cleopatra.

Champollion disponeva ora di un "alfabeto" dei geroglifici per lo più corretto, che gli consentì di tradurre i nomi di decine di sovrani, tra cui Alessandro e Ramesse. Nei successivi dodici mesi circa Champollion esaminò la scoraggiante combinazione di segni fonetici e non fonetici che componevano il sistema dei geroglifici, e nel 1824 scrisse: "Quello dei geroglifici è un sistema complesso, che può essere insieme figurativo, simbolico e fonetico all'interno di uno stesso testo... e, potrei aggiungere, di una stessa parola". Con la scoperta del cartiglio di Tutankhamon (1922), decifrato grazie al lavoro di Champollion, si scoprì che il pittogramma del pulcino era il segno fonetico della vocale U, che la croce ansata stava a indicare la parola ankh ("vita") e che il bastone da pastore voleva dire "sovrano". Grazie a quanto si era appreso sui geroglifici, fu possibile iniziare a svelare i segreti di una grande civiltà del passato.(science)

Geroglifici egizi | Cronologia dell'antica lingua

I geroglifici furono utilizzati per più di 3000 anni e poi dimenticati per oltre un millennio.

Scrittura geroglifica
Gli antichi Egizi inventano la scrittura geroglifica, utilizzata per più di 3000 anni. L'ultima iscrizione nota risale al 394 dopo Cristo. Ogni conoscenza circa la lettura dei geroglifici va perduta fino al 1822.

La Stele di Rosetta viene rinvenuta in Egitto (a Rosetta, l'odierna Rashid) dai soldati dell'esercito napoleonico. Risale al 196 a.C. e reca tre iscrizioni: due in sistemi di scrittura egizi e una in greco.

Stele di Rosetta
Un lungo articolo intitolato "Egypt" viene pubblicato come supplemento dell'Enciclopedia Britannica a firma Thomas Young. In esso l'autore propone un "alfabeto" geroglifico e interpreta molti nomi e parole riportati nei geroglifici, alcuni dei quali correttamente.

Jean-Francois Champollion
In un'acclamata lezione parigina, Jean-Francois Champollion spiega come leggere decine di nomi composti da geroglifici del periodo greco-romano d'Egitto, come Cesare, Cleopatra (a destra) e Tolomeo.

Précis du système
hieroglyphique des
anciens Égyptiens
In Précis du système hieroglyphique des anciens Égyptiens, Champollion estende il suo sistema fino all'epoca dei primi faraoni. L'opera, pur brillante, contiene diversi errori e dà adito ad aspre controversie.(science)
Cesare e Cleopatra

L'ultima frase | Alla scoperta del significato dei geroglifici egiziani

"Questo decreto sarà inciso in caratteri sacri
indigeni (geroglifici e demotici) e
greci su stele di pietra dura
A catturare l'attenzione degli aspiranti decrittatori fu l'ultima frase dell'iscrizione greca, che recitava: "Questo decreto sarà inciso in caratteri sacri indigeni (geroglifici e demotici) e greci su stele di pietra dura, che saranno erette in ogni tempio di primo, secondo e terzo ordine, accanto all'immagine del re eternamente vivente".

In altre parole le tre iscrizioni (in caratteri greci, demotici e geroglifici) dovevano equivalere nel significato, pur non trattandosi necessariamente di traduzioni "parola per parola". Poiché la porzione di Stele su cui erano incisi i geroglifici risultava corrotta, in un primo momento fu tralasciata in favore della parte in demotico, quasi del tutto integra.

Nel 1802 quest'ultima fu oggetto delle indagini di due studiosi, l'orientalista francese Silvestre de Sacy e il suo allievo svedese Johann Akerblad, che impiegarono tecniche simili. Isolando gruppi di simboli che si ripetevano grosso modo in corrispondenza delle undici ricorrenze della parola "Tolomeo" in greco, i due cercarono la traslitterazione del nome in demotico. Dopo aver individuato questi gruppi di simboli, notarono che in demotico, come anche nell'iscrizione greca, i nomi davano l'impressione di essere scritti secondo un sistema alfabetico; la traslitterazione sembrava cioè contenere un numero di simboli più o meno equivalente a quello dei caratteri alfabetici del presunto corrispettivo greco. Abbinando segni demotici e lettere utilizzata per trascrivere nomi stranieri in cinese, altro sistema di scrittura ritenuto (a torto) privo di componenti fonetiche intrinseche.(science)

08/08/14

I pittogrammi egizi | La scoperta chiave

Jean-Frangois Champollion
Nella ricerca del significato dei geroglifici o pittogrammi egizi ci fu una scoperta chiave: il ritrovamento di un "nuovo" obelisco su cui erano incisi caratteri greci e geroglifici (1822) fu una conferma cruciale della rivoluzionaria teoria della "scrittura mista" proposta da Champollion. 

A innescare la scoperta del fonetismo nei geroglifici da parte di Jean-Frangois Champollion fu forse l'articolo sull'antico Egitto di Thomas Young per l'Enciclopedia Britannica. In esso si confrontavano i segni del cartiglio sulla Stele di Rosetta che si pensava componessero il nome del re egizio Tolomeo con i caratteri greci corrispondenti (traslitterazioni di P, T, 0, L, M, E, S). La chiave per compiere ulteriori progressi fu la copia di un'iscrizione bilingue su un obelisco di Philae, portata a Parigi agli inizi del 1822.

Alla base dell'obelisco erano incisi caratteri greci, e sulla colonna geroglifici. La parte in greco citava i nomi di Tolomeo e Cleopatra, mentre tra i geroglifici erano presenti solo due cartigli, che presumibilmente si riferivano agli stessi due nomi. Uno dei due cartigli era quasi identico a quello di Tolomeo inciso sulla Stele di Rosetta. Su quest'ultima era riportata anche una versione più breve dello stesso cartiglio. Champollion decise che il cartiglio più breve conteneva soltanto il nome di Tolomeo, mentre quello più lungo (sempre sulla Stele di Rosetta) vi faceva precedere un titolo reale. Seguendo l'esempio di Young tentò quindi di individuare il valore fonetico dei geroglifici racchiusi nel secondo cartiglio dell'obelisco di Philae, in cui non ci si era mai imbattuti prima. I segni in comune erano quattro (L, E, 0 e P), mentre il valore T era rappresentato in modo diverso.

Champollion dedusse giustamente che si trattava di simboli omofoni, ovvero di segni diversi ma dotati di valore fonetico uguale (come in italiano le parole "anno" e "hanno", che variano nella grafia ma si pronunciano allo stesso modo). Pose così le basi per ricavare un "alfabeto" geroglifico per lo più corretto.(science)

Pittogrammi egizi | Alla scoperta delle "sacre incisioni"

Gli autori greci e romani erano soliti attribuire agli Egizi l'invenzione della scrittura, che consideravano un dono degli dèi. 

I geroglifici - parola che sta per "sacre incisioni" - erano ai loro occhi simboli impenetrabili della saggezza che regnava nell'antico Egitto, e non avevano nulla da spartire con i sistemi alfabetici. I classici negavano la presenza di componenti fonetiche nei geroglifici, sostenendone la natura di segni concettuali o simbolici.

Il pittogramma di un falco, quindi, doveva rappresentare il concetto di agilità, mentre quello di un coccodrillo stava a simboleggiare tutto ciò che era malvagio. Questa lettura distorta, che vedeva nei geroglifici un sistema di "scrittura per immagini" privo di elementi fonetici, trasse in inganno l'Europa fino al Rinascimento e alla nascita della _ scienza moderna nel XVII secolo. Il primo passo "scientifico" verso la decifrazione dei geroglifici lo si deve a un uomo di chiesa inglese, William Warburton (divenuto poi vescovo di Gloucester), che nel 1740 suggerì l'origine pittorica, più che divina, di tutti i tipi di scrittura. Un ammiratore francese del lavoro di Warburton, l'abate Barthélemy, avanzò nel 1762 l'ipotesi sensata che i cartigli geroglifici contenessero i nomi di re o di dèi (per ironia della sorte lo fece basandosi su due osservazioni errate, in una delle quali sosteneva che i geroglifici racchiusi nei cartigli fossero diversi da tutti gli altri).

Da ultimo, sul finire del XVIII secolo, lo studioso danese Georg Zoéga azzardò un'altra congettura utile, seppure sprovvista di prove a suo sostegno: poteva darsi il caso che alcuni geroglifici corrispondessero a quelle che lui definiva notae phoneticae, ovvero segni volti a rappresentare suoni e non concetti. Ci avviciniamo così a un punto di svolta: l'arrivo delle truppe d'invasione di Napoleone Bonaparte in Egitto (1798). Fortunatamente per la scienza, la spedizione napoleonica era all'insegna del sapere quanto della conquista. Un nutrito gruppo di studiosi e scienziati noti come i "sapienti", tra cui anche il matematico Joseph Fourier, accompagnò l'esercito. Quando gli ingegneri militari impegnati nella ricostruzione di un vecchio forte nel delta del Nilo scoprirono la Stele di Rosetta (luglio 1799), l'ufficiale a capo dei lavori riconobbe ben presto l'importanza delle tre iscrizioni parallele riportate su di essa, e fece trasferire il reperto al Cairo per sottoporlo all'attenzione dei sapienti. A ottobre dello stesso anno fu Napoleone in persona, di recente ritorno dall'Egitto, a riferire all'Istituto Nazionale di Parigi:

"Non c'è dubbio che la porzione di stele su cui sono riportati i geroglifici rechi le stesse iscrizioni delle altre due. Abbiamo dunque un modo per acquisire informazioni su questo linguaggio finora inintelligibile". Fin dal ritrovamento della Stele si comprese con chiarezza che l'iscrizione inferiore era in alfabeto greco, mentre quella superiore - purtroppo la più danneggiata - riportava geroglifici egizi con cartigli visibili. Tra le due iscrizioni ne era posta una terza di cui si sapeva pochissimo. Di tutta evidenza quei caratteri non appartenevano all'alfabeto greco, né parevano avvicinarsi ai geroglifici sovrastanti, non da ultimo perché non c'era traccia di cartigli. Questa grafia è oggi nota come "demotico", forma corsiva dell'antica scrittura egizia, che si contrappone ai pittogrammi geroglifici. Il primo passo consistette nel tradurre l'iscrizione greca. Risultò trattarsi di un decreto emesso a Mentì, principale centro urbano dell'antico Egitto, da un consiglio di sacerdoti riunitosi nell'anniversario dell'incoronazione di Tolomeo V Epifane, il 27 marzo 196 a.C. Figuravano nell'iscrizione, tra gli altri, i nomi greci di Tolomeo, Alessandro e Alessandria.(science)


I geroglifici egizi | Come abbiamo scoperto il loro siginificato

I pittogrammi degli antichi egizi erano un mistero per gli archeologi, ma nel primo Ottocento un gruppo di audaci linguisti riuscì a decifrarli. 

LONDRA, 1821. Quando mancava ancora un secolo alla scoperta della tomba di Tutankhamon, a Piccadilly si aprivano i battenti di una mostra sull'antica civiltà egizia. Sulla scia della teatrale invasione napoleonica dell'Egitto avvenuta vent'anni prima, l'"egittomania" stava prendendo piede in Gran Bretagna come già aveva fatto a Parigi.

L'Egyptian Hall, sede della mostra, fu decorata con motivi caratteristici: due statue (una di Iside e l'altra di Osiride) e una serie di geroglifici. La mostra esponeva un plastico modellato e dipinto magnificamente, che riproduceva in scala 1 a 6 un'antica tomba egizia rinvenuta quattro anni prima nei dintorni di Tebe (l'odierna Luxor), area poi battezzata Valle dei Re. All'inaugurazione era presente l'autore della scoperta, l'italiano Giovanni Belzoni, ex maciste da circo divenuto eccentrico appassionato di scavi in Egitto, che comparve al cospetto di un'enorme folla avvolto dalle bende come una mummia. Belzoni dovette però ammettere di ignorare l'identità della salma custodita nella tomba, poiché allora nessuno era in grado di interpretare i geroglifici.
Geroglifici egizi
Come abbiamo scoperto il loro significato

L'antica civiltà egizia fu celebrata in epoca classica ad Atene e a Roma come anche nell'Ottocento a Parigi e a Londra. Nell'arco di ben oltre due millenni ha esercitato un influsso notevole sul mondo del sapere, a partire dal 450 a.C. circa, quando lo storico greco Erodoto giunse in Egitto. Nelle sue Storie, Erodoto identificò le piramidi di Giza come luoghi di sepoltura e fornì importanti informazioni sul processo di mummificazione. Le sue opere non furono, tuttavia, di grande aiuto agli studiosi che volevano capire l'antica scrittura egizia, dal momento che in età classica i geroglifici erano caduti in disuso. Nessun autore greco o romano era in grado di interpretare questi antichi pittogrammi. Eccone il motivo: l'antica civiltà descritta nei geroglifici, la cui fondazione risale a prima del 3000 a.C, cadde in rovina nella seconda metà del primo millennio a.C., quando l'Egitto fu conquistato prima dai Persiani e poi dai Macedoni sotto la guida di Alessandro Magno (332 a.C).

Per tre secoli l'Egitto fu governato dalla dinastia tolemaica (di lingua greca), che prese il nome da Tolomeo I, generale di Alessandro, a uno dei cui discendenti si deve la creazione della Stele di Rosetta (196 a.C). Questo periodo ebbe fine con la morte di Cleopatra VII e l'occupazione romana iniziata nel 30 a.C. e cessata nel 395 dopo Cristo. In seguito, l'Egitto fu governato prima dai cristiani copti e poi dai musulmani, fino all'arrivo di Napoleone. Nella sua forma orale la lingua copta discendeva da quella parlata nell'antico Egitto, ma il copto scritto non si presentava sotto forma di geroglifici: adottava un sistema alfabetico, come il greco e il latino. Il copto, grazie al quale si potè risalire alla pronuncia approssimativa di antiche parole egizie, si dimostrò un ausilio impagabile nell'interpretazione dei geroglifici.(science)

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