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08/08/14

Pittogrammi egizi | Alla scoperta delle "sacre incisioni"

Gli autori greci e romani erano soliti attribuire agli Egizi l'invenzione della scrittura, che consideravano un dono degli dèi. 

I geroglifici - parola che sta per "sacre incisioni" - erano ai loro occhi simboli impenetrabili della saggezza che regnava nell'antico Egitto, e non avevano nulla da spartire con i sistemi alfabetici. I classici negavano la presenza di componenti fonetiche nei geroglifici, sostenendone la natura di segni concettuali o simbolici.

Il pittogramma di un falco, quindi, doveva rappresentare il concetto di agilità, mentre quello di un coccodrillo stava a simboleggiare tutto ciò che era malvagio. Questa lettura distorta, che vedeva nei geroglifici un sistema di "scrittura per immagini" privo di elementi fonetici, trasse in inganno l'Europa fino al Rinascimento e alla nascita della _ scienza moderna nel XVII secolo. Il primo passo "scientifico" verso la decifrazione dei geroglifici lo si deve a un uomo di chiesa inglese, William Warburton (divenuto poi vescovo di Gloucester), che nel 1740 suggerì l'origine pittorica, più che divina, di tutti i tipi di scrittura. Un ammiratore francese del lavoro di Warburton, l'abate Barthélemy, avanzò nel 1762 l'ipotesi sensata che i cartigli geroglifici contenessero i nomi di re o di dèi (per ironia della sorte lo fece basandosi su due osservazioni errate, in una delle quali sosteneva che i geroglifici racchiusi nei cartigli fossero diversi da tutti gli altri).

Da ultimo, sul finire del XVIII secolo, lo studioso danese Georg Zoéga azzardò un'altra congettura utile, seppure sprovvista di prove a suo sostegno: poteva darsi il caso che alcuni geroglifici corrispondessero a quelle che lui definiva notae phoneticae, ovvero segni volti a rappresentare suoni e non concetti. Ci avviciniamo così a un punto di svolta: l'arrivo delle truppe d'invasione di Napoleone Bonaparte in Egitto (1798). Fortunatamente per la scienza, la spedizione napoleonica era all'insegna del sapere quanto della conquista. Un nutrito gruppo di studiosi e scienziati noti come i "sapienti", tra cui anche il matematico Joseph Fourier, accompagnò l'esercito. Quando gli ingegneri militari impegnati nella ricostruzione di un vecchio forte nel delta del Nilo scoprirono la Stele di Rosetta (luglio 1799), l'ufficiale a capo dei lavori riconobbe ben presto l'importanza delle tre iscrizioni parallele riportate su di essa, e fece trasferire il reperto al Cairo per sottoporlo all'attenzione dei sapienti. A ottobre dello stesso anno fu Napoleone in persona, di recente ritorno dall'Egitto, a riferire all'Istituto Nazionale di Parigi:

"Non c'è dubbio che la porzione di stele su cui sono riportati i geroglifici rechi le stesse iscrizioni delle altre due. Abbiamo dunque un modo per acquisire informazioni su questo linguaggio finora inintelligibile". Fin dal ritrovamento della Stele si comprese con chiarezza che l'iscrizione inferiore era in alfabeto greco, mentre quella superiore - purtroppo la più danneggiata - riportava geroglifici egizi con cartigli visibili. Tra le due iscrizioni ne era posta una terza di cui si sapeva pochissimo. Di tutta evidenza quei caratteri non appartenevano all'alfabeto greco, né parevano avvicinarsi ai geroglifici sovrastanti, non da ultimo perché non c'era traccia di cartigli. Questa grafia è oggi nota come "demotico", forma corsiva dell'antica scrittura egizia, che si contrappone ai pittogrammi geroglifici. Il primo passo consistette nel tradurre l'iscrizione greca. Risultò trattarsi di un decreto emesso a Mentì, principale centro urbano dell'antico Egitto, da un consiglio di sacerdoti riunitosi nell'anniversario dell'incoronazione di Tolomeo V Epifane, il 27 marzo 196 a.C. Figuravano nell'iscrizione, tra gli altri, i nomi greci di Tolomeo, Alessandro e Alessandria.(science)


I geroglifici egizi | Come abbiamo scoperto il loro siginificato

I pittogrammi degli antichi egizi erano un mistero per gli archeologi, ma nel primo Ottocento un gruppo di audaci linguisti riuscì a decifrarli. 

LONDRA, 1821. Quando mancava ancora un secolo alla scoperta della tomba di Tutankhamon, a Piccadilly si aprivano i battenti di una mostra sull'antica civiltà egizia. Sulla scia della teatrale invasione napoleonica dell'Egitto avvenuta vent'anni prima, l'"egittomania" stava prendendo piede in Gran Bretagna come già aveva fatto a Parigi.

L'Egyptian Hall, sede della mostra, fu decorata con motivi caratteristici: due statue (una di Iside e l'altra di Osiride) e una serie di geroglifici. La mostra esponeva un plastico modellato e dipinto magnificamente, che riproduceva in scala 1 a 6 un'antica tomba egizia rinvenuta quattro anni prima nei dintorni di Tebe (l'odierna Luxor), area poi battezzata Valle dei Re. All'inaugurazione era presente l'autore della scoperta, l'italiano Giovanni Belzoni, ex maciste da circo divenuto eccentrico appassionato di scavi in Egitto, che comparve al cospetto di un'enorme folla avvolto dalle bende come una mummia. Belzoni dovette però ammettere di ignorare l'identità della salma custodita nella tomba, poiché allora nessuno era in grado di interpretare i geroglifici.
Geroglifici egizi
Come abbiamo scoperto il loro significato

L'antica civiltà egizia fu celebrata in epoca classica ad Atene e a Roma come anche nell'Ottocento a Parigi e a Londra. Nell'arco di ben oltre due millenni ha esercitato un influsso notevole sul mondo del sapere, a partire dal 450 a.C. circa, quando lo storico greco Erodoto giunse in Egitto. Nelle sue Storie, Erodoto identificò le piramidi di Giza come luoghi di sepoltura e fornì importanti informazioni sul processo di mummificazione. Le sue opere non furono, tuttavia, di grande aiuto agli studiosi che volevano capire l'antica scrittura egizia, dal momento che in età classica i geroglifici erano caduti in disuso. Nessun autore greco o romano era in grado di interpretare questi antichi pittogrammi. Eccone il motivo: l'antica civiltà descritta nei geroglifici, la cui fondazione risale a prima del 3000 a.C, cadde in rovina nella seconda metà del primo millennio a.C., quando l'Egitto fu conquistato prima dai Persiani e poi dai Macedoni sotto la guida di Alessandro Magno (332 a.C).

Per tre secoli l'Egitto fu governato dalla dinastia tolemaica (di lingua greca), che prese il nome da Tolomeo I, generale di Alessandro, a uno dei cui discendenti si deve la creazione della Stele di Rosetta (196 a.C). Questo periodo ebbe fine con la morte di Cleopatra VII e l'occupazione romana iniziata nel 30 a.C. e cessata nel 395 dopo Cristo. In seguito, l'Egitto fu governato prima dai cristiani copti e poi dai musulmani, fino all'arrivo di Napoleone. Nella sua forma orale la lingua copta discendeva da quella parlata nell'antico Egitto, ma il copto scritto non si presentava sotto forma di geroglifici: adottava un sistema alfabetico, come il greco e il latino. Il copto, grazie al quale si potè risalire alla pronuncia approssimativa di antiche parole egizie, si dimostrò un ausilio impagabile nell'interpretazione dei geroglifici.(science)

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