Il-Trafiletto

04/01/14

La Formula E…lettrica carica i circuiti!

L’anno 2014 che è appena arrivato, sarà l’anno delle novità: tra queste c’è né una che stuzzica molto la curiosità per come si potrà evolvere in ambito sportivo. Sto parlando del via alla Formula E…una campionato che possa essere simile a quello della Formula 1, solo che sarà caratterizzato dalla presenza di auto elettriche!

Finora le auto alimentate elettricamente, potranno certo essere considerate più ecologiche, convenienti e silenziose, ma difficilmente possono eguagliare l’adrenalinica eccitazione del rombo di un motore che per gli appassionati è come suono di arpe e violini che all’unisono fanno toccare il cielo con un dito! Adesso però la situazione potrebbe cambiare aspetto.

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Auto elettrica da corsa
Il 2014 sarà per l’appunto l'anno in cui inizieranno ufficialmente le gare della Formula E, campionato automobilistico ufficiale organizzato dalla FIA (lo stesso ente della Formula 1 per capirci meglio) e riservato esclusivamente a le sole monoposto elettriche da corsa. Il suo scopo è quello di sensibilizzare il pubblico sulle potenzialità delle auto elettriche, fornendo nel contempo un ambiente in cui mettere a punto nuove tecnologie sperimentali.

Tenuto conto che si tratta di auto elettriche, il cui ambito di movimento resta comunque prevalentemente quello urbano, le gare si svolgeranno in gran parte su circuiti cittadini. L'esordio sarà il prossimo 13 settembre a Pechino, e la seconda corsa il 18 ottobre a Putrajaya, Malesia. Dopodiché lo spettacolo si sposterà in America Latina, con gare a Rio De Janeiro, Punta dell'Este (Uruguay) e Buenos Aires.

Poi negli USA, con Los Angeles e Miami. E infine in Europa, a Monte Carlo e Berlino, con conclusione, si spera trionfale, a Londra il 27 giugno 2015.
L’obbiettivo è che nel tempo il campionato di Formula E diventi quasi pari a quello della Formula 1, con scuderie che costruiscono le proprie auto in maniera indipendente all'interno di norme prestabilite. Tuttavia, dati i costi e i tempi lunghi necessari per sviluppare un veicolo, per il momento tutti i piloti correranno con auto identiche, prodotte in serie. Sono iscritte al campionato dieci scuderie, provenienti da USA, Gran Bretagna, Francia, Germania, Cina, Giappone, India e Principato di Monaco.

L'Italia, almeno per quest'anno, è fuori dalle competizioni, ma lo sarà tecnologicamente: la scocca delle monoposto è infatti prodotta da Dallara Automobili di Parma. Le auto saranno spinte da un motore elettrico McLaren, con cambio sequenziale a quattro marce a controllo elettronico, alimentato da batterie agli ioni di litio fornite da Williams. Insieme a Renault, che si occupa di integrare questi sistemi in un veicolo completa, le aziende hanno formato un consorzio ad hoc denominato Spark Racing Technology.
Le auto saranno in grado di sviluppare 200 KW di potenza, l'equivalente di 268 cavalli, raggiungendo i 220 chilometri orari, anche se per buona parte delle gare verrà mantenuto un limite di sicurezza di 180 cavalli. È previsto l'uso di un sistema per ricaricare le batterie in corsa, ma per il momento non verrà utilizzato. I piloti correranno fino a scaricare le batterie (in circa 20 minuti), dopodiché lasceranno il veicolo in carica ai box e continueranno la corsa su una seconda auto, per poi riprendere la prima a carica avvenuta (un sistema che rende la gestione dei rifornimenti ancora più critica che in Formula 1). L'aspetto delle auto elettriche da corsa non è molto lontano da quello delle cugine a combustione interna. E saranno silenziose, ma non troppo: il suono combinato dovuto al motore elettrico, all'aerodinamica e alla deformazione dei pneumatici arriva a 80 dB, più dei 70 dB prodotti da una normale auto, anche se molto meno dei 140 dB di una monoposto di Formula 1. Staremo a vedere se questa versione meno inquinante dell'automobilismo riuscirà a entrare nel cuore dei fans del motore.

Piri Reis, l'Antartico senza ghiacci

Quante volte all'inteno della mia adorata cameretta  sognavo di essere su una nave di pirati, esploratori e conquistatori di mari, i più bravi a seguire le mappe dei tesori, e a trovare nuove terre e nuove rotte. Della mappa di Piri Reis però, mi parlò un mio compagno di università, appassionato di misteri e di storia, e che sapendo di trovare terreno fertile, mi raccontò la storia di questa mappa. Ovviamente rimasi a bocca aperta.
Si tratta di di una carta realizzata dall’omonimo ammiraglio della Flotta ottomana, appunto Piri Reis. Venne disegnata nel 1513, ma fu scoperta soltanto nel 1929 durante i lavori di ristrutturazione del Palazzo Imperiale di Istanbul. Realizzata su pelle di gazzella, in essa sono rappresentate la costa Occidentale dell’Africa, dell’Europa, la costa Orientale dell’America meridionale, la costa Orientale dell’America settentrionale e l’Antartico.
Mappa di Piri Reis

Fin qui non sembrerebbe esserci nulla di strano, se non fosse che l’Antartico è stato scoperto ufficialmente nel 1818. Ma ciò che maggiormente incuriosisce è che quest’ultimo è rappresentato in un’era subgaciale, privo di ghiaccio, così come sarebbe stato fra il 15000 e il 4000 a.C. La rappresentazione dell’Antartico privo di ghiacci rappresenta un gran mistero, in quanto esso venne scoperto solo nel 1949. Fu in quell’anno che, mediante il metodo sismico a riflessione, esso venne tracciato, perciò si può presumere che qualcuno debba aver realizzato una mappa dell’Antartico prima della formazione dei ghiacci. Ma come è possibile che qualcuno sia stato in grado di tracciare una mappa del genere in un’epoca così antica? E soprattutto, dove sono finite queste mappe? Infatti, come affermò lo stesso ammiraglio, Piri Reis non realizzò la mappa di proprio pugno, ma ebbe modo di ricopiarla da fonti più remote. Egli infatti aveva una grande fama come ammiraglio e ciò gli rese possibile avere l’accesso privilegiato alla Biblioteca di Costantinopoli. La mappa è rappresentata in modo molto preciso, con uno scarto inferiore ad un grado. Ai tempi il problema maggiore nel disegnare una mappa era la longitudine. Quello che occorreva era poter calcolare il tempo trascorso fra il punto di partenza e il punto d’arrivo e solo dopo il 1730, l’inglese John Harrison, riuscì a creare un cronometro abbastanza preciso il quale permise il corretto calcolo della longitudine. Tutto ciò fa pensare che chiunque abbia realizzato quella mappa deve aver avuto delle conoscenze che si credevano impensabili per l’epoca. L’ammiraglio Reis, molto famoso all’epoca e molto importante per l’impero ottomano, decise di mettere per iscritto le conoscenze acquisite nella sua lunga carriera di navigatore. Realizzò il Kitabi Bahriy, dal quale si possono estrapolare interessanti informazioni nautiche e anche una interessante notizia: da esse risulta che Colombo non scoprì l’America, ma la riscoprì. In base a quanto scritto, un marinaio di Colombo fu catturato da Kemal Reis, zio di Piri, che fornì supporto alla stesura della mappa. Questo marinaio donò a Reis una carta usata da Colombo dove erano rappresentate le coste del Nuovo Mondo, e ciò sarebbe anche confermato da un lettera che Cristoforo Colombo inviò a suo fratello Bartolomeo. Quella di Piri Reis non è l’unica mappa antica che rappresenta l’Antartico privo di ghiacci prima che questo venisse scoperto. Un’altra mappa avente lo stesso mistero è quella di Oronzo Fineo, realizzata nel 1531. Un altro esempio è quella di Gerardo Mercatore, che nel 1560 rappresentò nella sua mappa le terre dell’Antartico prive di ghiacci. Il dubbio, perciò, è esclusivamente uno: chi è che in quell’epoca così lontana era già capace di una simile tecnologia? Le ipotesi sono moltissime ma nessuna riesce a spiegare il fatto. Inoltre, resta anche il dubbio sulla fine di queste mappe da cui Reis e gli altri ammiragli presero spunto per realizzare le loro!

Seduzioni a tavola: Insalata tricolore di mezza estate

Eccomi qua miei seduttori, abitanti di cucine creative. Le fate sono quasit erminate, e avete fatto sicuramente grandi festeggiamenti. Oggi riprendo la mia rubrica di seduzioni culinarie, e vi propongo una nuova ricettina.

INSALATA TRICOLORE DI MEZZA ESTATE
Ingredienti:
Seduzioni a tavola
200/250 gr di pasta corta in tre colori
1/2 melanzana
1/2 peperone rosso
1/2 peperone verde
1/2 peperone giallo
4 pomodori S. Marzano freschi
5-6 olive nere di Grecia
1 ciuffo di basilico
olio extravergine di oliva
1 o 2 cucchiai di Parmigiano
sale
1/2 cipolla

Tagliate a dadini la mezza melanza,cospargetela di sale e lasciate che emetta l'acqua amara che contiene. Nel frattempo tagliate a pezzetti anche i peperoni, i pomodori, le olive e il basilico. Fate soffriggere leggermente la cipolla in olio, quindi unite tutte le verdure e il basilico, salate, cuocete per una decina di minuti, infine aggiungete le olive. Proseguite la cottura per altri 10-15 minuti, se il misto di verdure si asciuga troppo, bagnate con un po' d'acqua calda. Non deve risultare una salsa, ma appunto un condimento di verdure e pomodoro. Unite infine il parmigiano e fate mantecare qualche secondo per ottenere una lieve, giusta cremosità. Se volete surgelare questo condimento, aggiungete il parmigiano una volta che l'avrete scongelato. Al momento di mangiarelessate la pasta inacqua salata, scolatela e conditela subito con un filo d'olio extravergine per non farla incollare, quindi versate il composto di verdure precedentemente scongelato e fatto rinvenire in padella. Mescolate e servite fresco (non freddo) con l'aiiunta di altro basilico. Un suggerimento: procuratevi dei contenitori termici e se ci riuscite, godetevi una bella giornata in un posto tranquillo: riportate in auge il pic nic romantico!

All'aria aperta, caminando o correndo a basso impatto ambientale

E' tempo di bilanci post festivi, molti di noi hanno "scofanato" l'impossibile sottoforma di carboidrati, proteine, zuccheri variamente composti, bevande extra. Non siete davanti allo specchio a lamentarvi vero?  State piangendo su quel rotoletto di adipe che si è formato sotto l'ombelico, chiedendovi come abbatterlo velocemtente mentre sulla vostra faccia si sta formando un'espressione tragica?  perchè cadere in depressione? Se non siamo stati in grado di trattenerci (del resto i latini dicevano: semel in anno licet insanire...) possiamo sempre autodisciplinarci, nuova alimentazione e movimento.

Effettivamente, l'attività fisica è un ottimo modo per prendersi cura di sé, per mantenersi attivi, per valorizzare il proprio corpo, per rigenerarsi e anche per sfogare in modo positivo le piccole tensioni quotidiane. E, se associata ad una dieta corretta e bilanciata, può anche aiutare a perdere qualche fastidioso chilo di troppo. Insomma, gli innumerevoli benefici di una moderata attività sportiva sono abbastanza noti, anche se non tutti sono consapevoli del fatto che sia possibile ottenerli in modo assolutamente green ed ecosostenibile. Come? Bastano una tuta, un paio di scarpe da tennis e le strade o, ancora meglio, i parchi del vostro quartiere e della vostra città. L'unica cosa dovete fare è... cominciare a correre! Camminare e correre all'aperto rappresentano infatti la forma di esercizio fisico a più basso impatto ambientale. Innanzitutto, perché esercitarsi all'aria aperta esclude la necessità di impianti di riscaldamento e di condizionamento. In secondo luogo, perché non è necessario comprare nessun equipaggiamento specifico: tuta e scarpette dovrebbero essere già da qualche parte in fondo al vostro armadio, pronte per essere riutilizzate.

Perchè si dice "essere grebani"?

Luogo grebano
Confesso che ho sentito per la prima volta questa espressione solo qualche anno fa. Mi trovavo in un locale estivo, insieme ad una mia amica e stavamo gustando una fresca e dissetante birra. Essendo un locale all'aperto, era gremito di persone, fra cui alcuni conoscenti, che stavano beatamente scherzando. Uno di questi si rivolse ad un componente della sua compagnia e lo apstrofò così: "Ma sei proprio grebano"!
Grebano? Ne intuii il significato, ma cominciai subito a mettere in moto il mio corpo calloso. Dovevo scoprire l'etimologia della parola e quindi, dell'espressione.
Essere grebani, si riferisce a persone rozze ed ignoranti, terra terra. In verità la parola "grebano" deriva dalo slavo "greben" che significa rupe, cresta di montagna e "grebani" sta ad indicare luoghi impervi. Si dice anche vivere in mezzo ai grebani per indicare qualcuno che vive in un luogo inospitale o vive fuori dal mondo.
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