Il-Trafiletto

16/12/13

Perchè si dice:"fuori i barbari"?

Sarebbe bello bastasse una frase per cacciare i barbari, in qualunque senso si usi il termine barbaro.
Fuori i barbari, questa frase è erroneamente attribuita, almeno così comesi legge, a vari personaggi storici, mentre non si trova conferma in un nessun testo o documento. Secondo la tradizione, a pronunciarla la prima volta sarebbe stato papa Giulio II della Rovere, che occupò il seggio pontificio dal 1503 al 1513. Giulio II si dette da fare per cacciare dall'Italia gli Spagnoli e dai suoi contemporanei fu definito "Liberatore d'Italia".
Giulio II
 Parlano di lui Raynaldus negli Annales Ecclesiastici, il Guicciardini nella Storia d' Italia, e il Foglietta, nei Clarorum Ligurum Elogia. Ma, a ispirare la storica frase, fu probabilmente un sonetto attaccato alla statua di Pasquino, poi pubblicato in un libro molto raro del 1510, in cui ad un certo punto l'anonimo autore dice, invocando il papa guerriero: Per amore della patria tua excellente, porgi soccorso al Popul flagellato, Scaccia questa barbarica aspra gente. Il desiderio, comunque, di cacciare gli stranieri dall'Italia, era ancora prima di quel tempo nell'animo di tutti, una conseguenza naturale del rinascimento artistico e letterario della nostra penisola. Fin dalla fine del XIV secolo, il capitano di ventura Alberico da Barbiano, il primo condottiero che avesse organizzato una compagnia di ventura con elementi esclusivamente nazionali, nel suo stendardo, croce rossa in campo bianco, aveva scritto il motto: Lib. Ita. ad Ext. (Liberata Italia ab Exteris). Stendardo e motto sono poi rimasti ai Belgioioso di Milano, suoi discendenti.

VITELLO AL DRAGONCELLO

IL SAPORE LEGGERMENTE AGRODOLCE DEL DRAGONCELLO CONFERISCE A QUESTO PIATTO UN PROFUMO E UN GUSTO PARTICOLARE. COMPLETATE CON PATATE COTTE AL VAPORE. Calorie contenutissime...292 kcal per porzione.

Ingredienti per 4 porzioni • 800 G DI FESA DI VITELLO • 1 GROSSO CIUFFO DI ORAGONCELLO • 1 RAM ETTO DI TI MO • 1 RAM ETTO DI MIRTO • 5 SCALOGNI • 20 G DI BURRO • 2 CUCCHIAI DI OLlO EXTRAVERGINE D'OLIVA • 1 DL DI VINO BIANCO SECCO • SALE E PEPE

SCIACQUATE il dragoncello, il timo e il mirto, poi asciugateli tamponandoli con carta assorbente da cucina. Sbucciate gli scalogni. In una grossa casseruola fate sciogliere il burro con l'olio; quando sono ben caldi, aggiungete la fesa di vitello e fatela rosolare a fiamma alta, rigirandola per ottenere una doratura uniforme.

Vitello al dragoncello
AGGIUNGETE gli scalogni e le erbe aromatiche e lasciate insaporire per circa l minuto. Salate, pepate, bagnate con il vino, coprite con un coperchio e cuocete a fiamma bassa per circa l ora, finché la carne diventerà tenera. Controllate la preparazione di tanto in tanto, unendo altro vino se il fondo di cottura dovesse asciugare troppo.

TOGLIETE la carne dalla casseruola, quindi tagliatela a fette piuttosto sottili. Sistematele sui piatti da porzione caldi (li potete riscaldare nel fomo a microonde) e versatevi sopra il sughetto bollente. Portate subito in tavola.

VARIANTI APPETITOSE 
l• Questa ricetta è ottima se lo preparate con 3 cipolle rosse di Tropea, tagliate a fette spesse,al posto dello scalogno.
2• Se preferite un sapore più agro, sostituite il vino con 4-5 cucchiai di aceto di vino bianco, unendo poi
UN BUON CONSIGLIO
Se, dopo aver cotto la carne, il fondo di cottura risulta molto liquido, addensatelo in questo modo: togliete il pezzo di carne e tenetelo in caldo. Impastate 10-20 g di burro ammorbidito con 1 cucchiaino di farina, unitelo al fonda di cottura e lasciate che si sciolga. A questo punto fate sobbollire dolcemente il sughetto per qualche minuto, il tempo necessario per ottenere una salsa più densa e omogenea. Ricordatevi di mescolare spesso.

Sicilia: terremoto all'alba di ieri di magnitudo 4.1

Forte scossa di terremoto all'alba nel siracusano e nel ragusano dove è stato avvertito un sisma di magnitudo 4.1 con ipocentro a 10,3 chilometri di profondità. La scossa alle 4:57 del mattino ha fatto tremare la terra soprattutto nei comuni di Pachino (Siracusa), Rosolini (Siracusa), Porto palo di Capopassero (Siracusa), Ispica (Ragusa) e Pozzallo (Ragusa). L'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ha rilevato un altro sisma in Sicilia più lieve di magnitudo 2.4 alle 6:34 tra le province di Enna, Messina e Catania.

La popolazione dei comuni più vicini ha comunque avvertito il sisma. In particolare nei paesi di Ispica, Pozzallo, Pachino, Rosolini e Portopalo di Capopassero. Non sono segnalati danni a persone o cose, ma la gente è scesa in strada. Il terremoto era stato preceduto da una sequenza attivatasi nel distretto dell’Etna, con la scossa più intensa, alle 21.49 di ieri sera, di magnitudo 3.3.
Contemporaneamente, è ripresa l’attività del vulcano, in particolare dal nuovo cratere di Sudest. Dalla bocca, dalla serata di ieri e per tutta la notte, sono emerse diverse colate ben alimentate, dirette verso la desertica Valle del Bove. Il fenomeno è ben visibile sia da Catania sia da Taormina ed è uno dei più intensi, per energia, degli ultimi mesi.
Questa mattina è visibile un’alta colonna di fumo. Per quanto riguarda l’aeroporto di Fontanarossa, fa sapere la Sac, “considerato il permanere dell’attività stromboliana del vulcano Etna, dopo la riunione dell’unità di crisi tenutasi alle ore 6, si è deciso di mantenere chiusi i settori 1 e 2 dello spazio aereo sopra la città di Catania. L’operatività dello scalo rimane piena”.

Un aquila ha filmato un volo di 110 kilometri

Un Aquila marina ha involontariamente rubato una telecamera, e tenendola stretta fra le zampe ha così filmato un volo di 110 kilometri sopra remote zone dell'Australia. I ranger hanno diffuso oggi il video che l'aquila marina ha involontariamente girato nel suo lungo volo.


Tra le riprese tanti paesaggi, ma anche le ali che si muovono ritmicamente e la testa del volatile, che non ha rinunciato a un primo piano. Le autorità alla scomparsa della telecamera a maggio avevano ipotizzato fosse caduta in acqua nel fiume Margaret, dove era stata installata per effettuare riprese dei movimenti dei coccodrilli. Invece, di recente l'hanno ritrovata vicino al fiume Mary ed esaminando il video hanno fatto l'incredibile scoperta.

La formula della felicità provata dai geni

Uno studio americano condotto da scienziati, hanno identificato la formula della felicità. Due quinti ai geni, due quinti agli eventi della vita e un quinto ai valori che scegliamo per condurla. Difficile generalizzare sulla felicità, quello che fa felice uno può far tristezza ad un altro. La felicità è non avere nulla e non desiderare nulla, dice una filosofia orientale, ma si sa le filosofie sono un insieme di parole scritte solo per chi comprende. Allora che cosa ci fa felici? Sicuramente l'amore, viverlo, darlo, riceverlo, consumarlo! Vedere tuo figlio felice, amare un pelosetto che dipende dal tuo cuore, riunire la famiglia a tavola, alleviare una sofferenza al prossimo, consolare un'amico e riuscirci, amare in un tripudio di sensi e passione il o la partner, tutte questo procura felicità: AMORE. Ma secondo gli scienziati sociali americani la felicità è la formula sopracitata.
Tradotta in volgare, significa che quasi il 90% della nostra gioia è fuori controllo, ma operando sul minuscolo 10% dei valori possiamo in realtà determinare l’indirizzo delle nostre esistenze, e il loro successo. Il tema della ricerca della felicità è caro agli Stati Uniti dall’epoca dei padri fondatori, che lo inserirono nella Dichiarazione di Indipendenza come uno dei diritti fondamentali dei cittadini. Ieri è finito nella pagina degli editoriali del New York Times, con un articolo di Arthur Brooks, presidente della think tank conservatrice di Washington American Enterprise Institute. Brooks è un sincero liberista, e il suo obiettivo stava nel dimostrare che soprattutto le scelte compiute nel lavoro, oltre a quelle nella famiglia, nella fede e nella vita sociale, determinano la nostra felicità. Quindi bisogna impegnarsi a cambiare le attuali condizioni economiche e politiche, perché non offrono ai cittadini la possibilità di realizzare obiettivi professionali davvero gratificanti. Premesso questo, il modo in cui Brooks è arrivato alle sue conclusioni ci interessa tutti da vicino. Brooks cita studi compiuti da psicologici e sociologi americani, secondo cui il 48% della nostra felicità dipende dai geni. La University of Minnesota è arrivata a determinare questa percentuale, seguendo coppie di gemelli separati alla nascita. Stesso materiale genetico, diversa educazione, stesso impatto dei geni sulla gioia dei soggetti. Altre ricerche sono arrivate alla conclusione che il 40% della nostra felicità dipende dagli eventi quotidiani, ma il loro effetto non è di lungo termine. Quando otteniamo un aumento di stipendio, ad esempio, siamo certamente contenti, ma nel giro di qualche mese l’influsso della buona notizia è già svanito. Gravi tragedie a parte, o avvenimenti tipo nascite e matrimoni, pochi fatti della nostra esistenza giornaliera hanno davvero un effetto duraturo sul nostro umore. In gioco, quindi, resta quel 12% di felicità che secondo gli studiosi americani dipende dai valori che scegliamo per guidare la nostra vita: fede, famiglia, comunità e lavoro. I primi tre punti sono abbastanza ovvi: le certezze legate alla presenza di Dio, gli investimenti sulla famiglia e quelli sulla propria comunità, hanno un’influenza molto ravvicinata sulla qualità dell’esistenza. Anche il lavoro è un parte importante, ma molti sono portati a considerarlo una necessità, più che un piacere. Brooks ritiene che la società Usa sia cambiata su questo punto, perché un tempo gli americani vivevano per le soddisfazioni del lavoro, mentre adesso fanno un lavoro qualunque per vivere. Riscoprire il senso di missione della propria professione sarebbe la chiave per ritrovare una felicità duratura. Naturalmente non tutti sono d’accordo, ma se ci fidiamo della formula americana, ripuntare almeno su tutti gli altri valori è l’unica strada rimasta per avere una vita piena di gioie.
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