Il-Trafiletto
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28/10/14

Calorie: per consumarne di più correndo provate questi consigli

La corsa permette di calare di peso, perchè fa si di bruciare 1 caloria a chilometro effettuato per ogni chilogrammo della propria massa corporea. Per consumarne maggiormente provate questi consigli!


Mi spiego meglio riguardo a quanto detto sopra: se una persona di 100 kg effettua 1 km, ha consumato 100 calorie. Ma il dispendio calorico varia a seconda di molti altri fattori: come dunque possiamo cercare di consumarne di più correndo?

Prima di ogni cosa dobbiamo metterci bene in testa che è necessario allenarsi con dedizione e costanza in maniera tale da indurre il fisico a dovere lavorare in maniera variabile e con maggiore intensità. Toglietevi dalla testa che potrete essere in grado di iniziare a correre da un giorno all'altro. L’allenamento deve essere progressivo e graduale: s'inizia con una camminata veloce che successivamente in maniera graduale, si alternerà a frazioni di corsa. Dopo un paio di settimane di questo genere di allenamenti costanti, sarete nelle condizioni di potere iniziare a correre per 30-40' di fila.

Ma potrebbe capitare che la solita quotidiana corsa vi possa arrecare noia e vorreste mettervi in gioco maggiormente, bruciando ancora più calorie, quindi vorrei proporvi qualche utile suggerimento da navigati esperti della corsa.
Per prima cosa potreste, nel frattempo, allenarvi a giorni alterni in pista con sessioni di attività anaerobica con sedute in palestra o in casa come meglio credete o secondo le vostre possibilità, dedicandovi soltanto alla tonificazione muscolare. Una cosa importante e che non bisogna fare abituare il fisico a lavorare sempre alla stessa maniera, in quanto che prima o poi la noia avrebbe la meglio su tutto, sia perché si corre il rischio di abbassare il ritmo del metabolismo. Sarà dunque il caso, quindi, di dedicarsi alla corsa 3 o 4 giorni a settimana.

Altra cosa importante è che mentre vi state allenando, dovreste cambiare, ad intervalli, l’intensità e ma solo per pochi minuti. Fate la prova ad introdurre in una sessione di corsa da 45' alcuni secondi di scatti velocissimi. Chiaramente questo genere di esercizio è indicato solo per chi è veramente allenato, viceversa si rischia di sovraffaticare inutilmente il cuore.

Un'altro metodo per fare alzare il dispendio calorico, è quello di portare al minimo durante l’allenamento le flessioni verticali del baricentro. Non è facile, me ne rendo conto, perché questo genere di esercizio necessita di una concentrazione assoluta su movenze non troppo naturali. Il trucco è quello di chiamare in causa in particolare i quadricipiti, maggiorando di poco il tempo di appoggio del piede a terra. Ricordatevi, però, che questo esercizio va fatto per brevi tratti, all'inizio soltanto per qualche metro e, soltanto dopo qualche settimana, per poche decine di metri al massimo.

Lo potrete ripetere per 2 o 3 volte durante la vostra sessione di corsa, l'importante sarà che riusciate a tenere presente che correre per intero in tal modo, è potenzialmente deleterio per il fisico come, in fin dei conti, effettuare qualsiasi attività intensa a livello muscolo-tendineo al quale il corpo si deve ancora abituare. Concludendo, solo per veri impavidi e per fisici allenati sul serio, un altro modo per fare alzare il consumo calorico con la corsa è percorrere tragitti in salita!
Per avere un'idea della difficoltà di questo tipo di allenamento, provate prima con tragitti in salita dolce o allenatevi sul tapis roulant e affrontate le pendenze più impegnative solo quando sarete davvero pronti!

Essere in forma: corri, immagina, puoi

Da che il mondo fu, correre è stato ritenuto da più parti uno dei metodi migliori calare di peso e al contempo rafforzare la propria forma fisica. 


Nonostante molti di noi non sono capaci di fare crescere l'amore per la corsa e conseguentemente non la praticano. In base ad una nuova ricerca, tuttavia, esiste un metodo che può supportarci a riconsiderare la corsa: l’immaginazione.

Lo studio che oltretutto è stato pubblicato sulla rivista Motivation and Emotion, è fondato su un’illusione, o meglio, sulla teoria che «incentrare» la propria attenzione verso a un obbiettivo visivo muta il concetto della distanza, della velocità e pure dello sforzo fisico. Tradotto in parole povere, tutti coloro che sono in grado di riuscire a concentrare la propria mente verso il proprio illusorio obbiettivo, avrà una maggiore motivazione per poterlo raggiungere. Sia chiaro, facendo fede a questo ragionamento, maggiore sarà la distanza del percorso, maggiori saranno i traguardi visivi che dovremo sviluppare. In base alla teoria suddetta, gli esperti affermano che un traguardo visivo può rappresentare qualsiasi cosa: un ciuffo d'erba del marciapiede, un'albero in mezzo del parco, un insegna pubblicitaria, un auto parcheggiata o il nostro bar preferito.

«La seguente strategia si basa sull’attenzione e per tal motivo necessita di un’esperienza di tipo visivo», ha chiarito bene Shana Cole, coordinatrice della ricerca. «Osservare un target e correre per raggiungerlo può essere molto più proficuo di un allenamento al chiuso, ad esempio sul tapis roulant o sulla cyclette. Queste attività, per l'appunto, implicano maggiori difficoltà nel riuscire a sviluppare una routine quotidiana di esercizio».

Ci tiene a precisare la Cole che, pur nonostante il training fatto all’aperto riesca a fornire gli elencati benefici, sarà possibile trovare degli «input» motivazionali pure per chi è costretto in casa o in palestra. «Determinate ricerche suggeriscono che distrarsi con qualcosa come la TV o la musica aiuti tantissimo durante gli esercizi al chiuso», ha concluso la Cole.


28/01/14

Spazio: Ultima frontiera...della musica | La sinfonia del dialogo delle particelle

La fantasia musicale ha valicato la frontiera dell'impossibile. Un fisico  italiano (Un cervello fuggito)  ricercatore al Géant di Cambridge, ha convertito il dialogo delle particelle cosmiche raccolte dai Voyager 1 & 2 in una sinfonia per pianoforte ed archi.


Un fisico italiano di 37 anni, ricercatore al Géant di Cambridge  (la rete europea ad alta velocità per la istituiti scientifici e università), Domenico Vicinanza ha convertito in duetto per pianoforte e archi i dati sulle particelle cosmiche raccolti dalle sonde Voyager 1 e Voyager 2. Vicinanza dichiara che la "sonificazione" di dati fisici non è solo un esperimento artistico pur se molto affascinanti, risultati  interessanti potrebbero arrivare dalla sua applicazione a diversi settori di ricerca, a cominciare dalla medicina. Da qualche giorno avete pubblicato su Soundcloud il duetto spaziale tra Voyager 1 & Voyager 2. Quando noi premiamo il bottone play, che cosa sentiamo? La traduzione in musica delle particelle cosmiche.
La sonda Voyager 1. Lanciata nel 1977,
da alcuni mesi si trova ormai fuori dal
Sistema Solare.
 
La modalità di come è avvenuta la trasformazione da particelle a note musicali, sono dati pubblici, resi disponibili dalla Johns Hopkins University. Il ricercatore ha preso in considerazione due set di misure: quelle registrate ogni ora dalle sonde e quelle calcolate in media su periodi di ventisei giorni. Si tratta del conteggio dei protoni derivanti dai raggi cosmici. Dal punto di vista quantitativo, nell'arco dei 37 anni di vita delle sonde, è chiaro come si tratti di informazioni notevolmente differenti: oltre 300,000 misure nel primo caso, circa 500 nel secondo. Sperimentando su diversi campionamenti delle frequenze, le prime misure hanno fornito l'abito sonoro. Le seconde sono invece le note che costituiscono la sinfonia. Quelle che sentiamo su Soundcloud, sono esattamente quelle. Vicinanza ha mappato gli intervalli e creato un algoritmo che traduce i dati nei tasti bianchi del pianoforte, dal più basso al più alto: è la scala diacronica di do. "Ho scelto quella perché poteva agevolare la generazione di una melodia riconoscibile. Le note sono quelle prodotte dall'algoritmo: io mi sono limitato a tagliare e isolare qualcosa e ho aggiunto il do finale". Sotto, un brano realizzato con i dati provenienti da Voyager 1&2.



Le due sonde Voyager sono state lanciate nel 1977. Oggi sono ufficialmente in pensione, ma continuano a viaggiare nell'universo, raccogliendo dati e trasmettendoli alla Terra.  Per risparmiare energia sono stati spenti molti dei loro strumenti, come le videocamere o le macchine fotografiche. I rilevatori di particelle cosmiche invece funzionano ancora e le batterie al plutonio dovrebbero mantenerli attivi per almeno altri vent'anni.

23/10/13

Dimmi che fisico hai e ti dirò che tempo fa!

Dimmi che fisico hai e ti dirò che tempo fa! Proprio cosi, chiunque soffra di sinusite sa bene a cosa mi riferisco. Nel momento in cui ci sono certi picchi di umidità, il dolore che si accampa nella parte superiore del viso aumenta esponenzialmente fino a raggiungere livelli insoportabili. La leggende metropolitana che connette i doloretti, i più classici, sono quelli alle ginocchia e alle articolazioni più in generale, quando avviene un cambiamento del clima, trova adesso un fondamento scientifico come riporta il Wall Street Journal. Infatti se le condizioni atmosferiche possano davvero aumentare il dolore fisico (ma vale anche per quello psicologico, dal momento che il numero di persone metereopatiche è in continua ascesa) è un interrogativo che in medicina ci si pone da molto tempo. Sin dai tempi di Ippocrate e addirittura nella millenaria medicina cinese nella quale i reumatismi (Fngshi bing) si traducono in "malattia del vento umido".
Meteopatia

In epoca recente i ricercatori hanno ottenuto risultati controversi e hanno liquidato il tema concludendo che si tratta di un collegamento molto soggettivo. «I pazienti con fibromialgia sembrano essere i più sensibili al tempo» dice Susan Goodman, reumatologa all'Hospital for Special Surgery che però aggiunge: «se alcune persone sembrano essere estremamente sensibili al clima, altre nelle stesse condizioni non lo sono per niente per ragioni che non sono ancora chiare».
Il più noto studio risale agli anni '90 ad opera dello psicologo Amos Tversky, il quale dopo aver analizzato una ventina di pazienti con artrite reumatoide non ha trovato alcuna connessione. Altri studi hanno poi collegato i cambiamenti di temperatura, umidità o pressione atmosferica anche ad altre malattie, come il mal di testa, il mal di denti, le nevralgie del trigemino, la gotta. Tutti noi del resto abbiamo in famiglia un nonno, una nonna o una zia che come un barometro ci avverte che il tempo sta cambiando perché la vecchia cicatrice o le ginocchia "si fanno sentire".
Il nesso dunque c'è, anche se gli scienziati non comprendono tutti i meccanismi coinvolti nel dolore da maltempo. La spiegazione più plausibile è che quando sta per arrivare un temporale la pressione atmosferica si abbassa alterando anche quella interna alle articolazioni. Che si sa sono circondate da sacche di liquido e gas. A sostenere questa tesi è Robert Jamison, anestesista e psichiatra alla Harvard Medical School. «Immaginate un palloncino che si trova tra l'aria esterna e quella interna. Se quella esterna diminuisce, il palloncino si espande, lo stesso accade nelle nostre articolazioni che espandendosi premono sui nervi e i tessuti circostanti».
In fin dei conti è risaputo che gli ambulatori di ortopedici, neurologi, ma anche di chiropratici e fisioterapisti si riempiono proprio quando piove perché il clima, al di là delle previsioni del tempo, ha un'incidenza diretta sulla nostra salute. E il legame tra temporali e dolore è così stretto che negli Stati Uniti i canali meteo hanno anche un "indice dell'Artrite". E ci sono pazienti che sostengono che le loro articolazioni «sono meglio e più precise dei meteorologi». Bill Balderaz, presidente di una società di digital-marketing di Columbus, in Ohio, ricorda che l'anno scorso in una giornata di pieno sole ha iniziato a sentire un fortissmo dolore a causa della sua artrite. A metà pomeriggio un uragano non previsto ha sconvolto l'Ohio e gli Stati limitrofi con venti che soffiavano a 80 miglia all'ora.
Anche il freddo e non solo l'umidità, sembra aumentare certe patologie, come il rischio di ictus e gli attacchi di cuore. Il rischio d'infarto aumenta del 7% ogni 10 gradi di calo della temperatura, secondo uno studio condotto in Belgio su quasi 16.000 pazienti. In questo caso la causa sarebbe dovuta a uno ispessimento del sangue e alla costrizione dei vasi sanguigni.
E per chi pensa che la soluzione sia quella di andare a vivere in climi caldi e asciutti… gli esperti sottolineano che il beneficio, purtroppo, è soltanto temporaneo: se si vive in un luogo a tempo pieno, il corpo si acclimata e si ridiventa sensibile ai cambi di clima, anche minimi.
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