Il-Trafiletto
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16/03/14

Un antinfiammatorio, antialcol e antistress per gli "svapatori" delle sigarette elettroniche.

Sembra che il mercato delle sigarette elettroniche sia destinato, nei prossimi mesi, ad un altro boom nella campagna antitabacco. Infatti tra non molto farà la sua comparsa in questo mercato un prodotto che sembra aiutare a disintossicarsi in modo naturale dalla nicotina. Si chiamerà Whiff il nuovo brand che da fine luglio lancerà i suoi prodotti sul mercato. Esso vanta un team di ricerca e sviluppo tutto Made in Italy,composto dalla Dott.ssa Dissette dell’Università di Ferrara, dal partner farmaceutico Pharmaday e dagli stessi manager Whiff. I liquidi delle sigarette elettroniche Whiff contengono estratto di Kudzu, una pianta nota per le sue proprietà contro l’assuefazione da alcool e nicotina.Questa pianta contiene due principi attivi, gli isoflavonoidi daidzina e daidzeina, contenuti nelle foglie, nei semi e nelle radici del Kudzu. I liquidi Whiff, prodotti interamente in Italia e brevettati a livello internazionale, sono stati approvati dal Ministero della Salute, e fanno già parte della Farmacopea, ovvero godono di certificati e test e la loro formula è stata studiata da specialisti in prodotti per aerosol. E proprio questa formula inalante li renda adatti ad essere assorbiti dai polmoni in modo naturale. Essi svolgono anche un effetto protettivo dell’apparato respiratorio e contribuiscono a mantenere idratato il cavo orale, sono naturali al 100% e, soprattutto, non contengono nicotina”. Dalla fine di luglio i liquidi Whiff saranno pronti per essere commercializzati. In un primo momento saranno venduti tramite il sito web  del brand. Ma l’azienda ha già in previsione l’apertura di punti vendita Whiff Gallery, il primo dei quali taglierà il nastro nei prossimi mesi a Lecco. Restiamo in attesa dei commenti e delle opinioni degli svapatori più esigenti come di quelli occasionali, comunque sempre attenti alle novità.

13/03/14

L'obesità può essere vinta grazie alla scoperta di un nuovo gene.

Scoperto il gene del grasso,il responsabile che dirige la sequenza di eventi genetici, il complice dell'obesità. Si chiama IRX3 e lo hanno individuato scienziati americani e spagnoli in uno studio pubblicato su 'Nature'. Gli studiosi hanno inoltre scoperto che topi Ogm in cui veniva eliminato IRX3 erano molto più magri rispetto ad altri che possedevano tale gene. Pesavano circa il 30% in meno, e a differenza dei loro simili più robusti avevano una massa grassa minore. Non solo: i topi privati di IRX3 erano praticamente immuni dall'obesità, anche se venivano nutriti con una dieta ipercalorica e anche se non facevano movimento. Infine, avevano una maggiore capacità di metabolizzare il glucosio e risultavano protetti dal rischio diabete. La ricerca è stata condotta da Marcelo Nobrega dell'università di Chicago, e Jose Luis Gomez-Skarmeta del Centro andaluso di biologia dello sviluppo di Siviglia. Tale ricerca svela che il gene dell’obesità per eccellenza, “FTO”, scoperto con tanto clamore ormai alcuni anni fa, lavora semplicemente all’ombra di IRX3 e non è di per sé condizionante il peso di un individuo. Si era scoperto il ruolo di FTO nel rischio individuale di obesità in un grosso studio su Science datato 2007. Ma il nuovo lavoro mostra che le cose sono più complesse del previsto e che in realtà FTO è solo una comparsa, mentre il protagonista assoluto è IRX3. Gli scienziati hanno scoperto che IRX3 agisce nell’ipotalamo - centro di controllo di appetito e dispendio energetico - interagendo con molti altri geni tra cui FTO e in questo modo regola la massa grassa di un individuo. L’obiettivo, affermano i ricercatori, è ora quello di capire quali sono i più importanti bersagli molecolari di IRX3 perché alcuni di essi potrebbero divenire degli ottimi bersagli terapeutici di nuovi farmaci antiobesità.

06/02/14

7 febbraio 2014 | Compleanno centenario per l’icona “Charlot”

Il mitico personaggio di “Charlot” ( al secolo Charles Spencer Chaplin, nato a Londra il 16 aprile 1989) fa la sua prima comparsa sullo schermo il 7 febbraio 1914, fermamente deciso a restarvi mentre altri vorrebbero cacciarlo via. Chaplin è al suo secondo cortometraggio (dopo Per guadagnarsi la vita, di appena cinque giorni precedente, dove impersona un giornalista), intitolato "Kid Auto Races at Venice", e ha già l'aspetto caratteristico di Charlot mentre, con impertinenza, cerca di imporre la sua presenza alla cinepresa malgrado la troupe, di cui ostacola il lavoro, lo cacci dall'inquadratura a spinte, strattoni, perfino calci. Da allora sono passati esattamente cent'anni e Charlot si è consolidato come l'icona più celebre del cinema di sempre. Negli anni seguenti Charlot impersonò una miriade di personaggi: cameriere, ballerino di tango, pugile, pittore, facchino, panettiere, gagà, innamorato e quant'altro. E ancora, diventato ormai un beniamino del pubblico, sarebbe stato marinaio, pompiere, pattinatore, usuraio, evaso, emigrante; avrebbe interpretato parodie (Carmen); ma soprattutto avrebbe affermato la figura, fiera e patetica, stracciona e dignitosa del Vagabondo. Il periodo d’oro per Charles Chaplin, e naturalmente per Charlot, iniziò nel 1918, con i grandi film quali “vita da cani”, “Charlot soldato” e altri. Il 5 febbraio 1919 il comico londinese fondò una casa cinematografica, la United Artists, e con lei scrisse, diresse e interpretò tutti i suoi capolavori fino al 1952: “La febbre dell’oro”, “Luci della città”, “Tempi moderni”. E’ con quest’ultimo che è iniziata la crisi del popolare Charlot, che venne travolto dalla devastante introduzione del sonoro. Che voce si poteva dare, infatti, a un personaggio schematico, quasi immaginario come il Vagabondo? Infiniti sono stati gli imitatori, contemporanei e successivi, dichiarati o inconfessati, del Vagabondo, la lista sarebbe troppo lunga da scrivere. Nel 1948 Chaplin scrisse un romanzo intitolato Footlight, che gli diede lo spunto per il primo e unico film ispirato da un libro: “ Luci della ribalta”.
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