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23/02/15

Eseguita Prova su Smartphone per AIDS e sifilide dal Costo di pochi Centesimi

In Ruanda, è stato eseguita una prova tramite un accessorio per smartphone che consente di realizzare rapide prove per AIDS e sifilide, semplicemente usando delle comuni quanto economiche cartucce usa e getta. Un accessorio per smartphone, capace di un vano che provveda alla miscelazione microfluidica, connettendosi al jack audio dello stesso smartphone al fine di alimentarlo. 


La prova ha avuto luogo in Ruanda, tramite accessorio per smartphone dal costo di soli 34.00 dollari che è stato capace di intercettare  in maniera repentina ed accurata, la presenza di anticorpi relativi alla sifilide e al virus che genera l'immune deficienza d'AIDS in poche gocce di sangue prelevate da una donna in stato interessante. La prova che è stata effettuata, descritta oltreutto in un documento pubblicato sul giornale Science Translational Medicine, mette enfasi riguardo al fatto che la diagnosi che si è stati in grado di eseguire risponde a canoni qualitativi pari a che vengono realizzate in laboratorio, tramite apparati mobili particolarmente compatibili per applicazioni al riguardo.

L'accessorio a cui si fa riferimento per la suddetta prova, è realizzato in materiale plastico, dalle dimensioni comparabili a quelle dello smartphone stesso, facendo utilizzo di certe cartucce usa e getta dal costo di pochi centesimi. La prova consiste nel caricare da parte di un operatore sanitario i campioni di sangue che successivamente si misceleranno con i reagenti chimici che sono stati introdotti all’interno di microcanali nella cartuccia. Agli anticorpi, si legheranno delle nanoparticelle d'oro, in concomitanza ad altre nanoparticelle di argento che daranno vita ad una pellicola che provvederà a fare da "cintura" alle nanoparticelle di oro.

Tale pellicola d’argento brilla nel campione terminato, fornendo il risultato definitivo in soli 15 minuti. Ciò che ne risulterà verrà automaticamente caricato all'interno dello storage dello smartphone. La prova di cui sopra, ripropone quelle stesse che sono basate sugli anticorpi e conosciuti come ELISA, ma al contrario di quest'ultima non necessita l'utilizzo di costose costose attrezzature da laboratorio. Nello studio, che ha coinvolto 96 persone, la precisione era quasi comparabile a quella del test ELISA, ci tiene a precisare Samuel Sia, ricercatore di ingegneria biomedica della Columbia, che ha supervisionato il lavoro. Sono diversi i gruppi che stanno partecipando alla prova di simili tecnologie per chip microfluidici.

Test su smartphone per HIV e sifilide
Test su smartphone per HIV e sifilide
Dieci anni orsono, aveva dato vita ad una startup, la Claros Diagnostics che in seguito fu venduta alla OPKO Health di Miami al fine di commercializzare una versione del suo sistema per dare vita ad un test del cancro alla prostata. Recentemente, certi elementi facenti parte del gruppo di ricerca di Sia hanno fatto in modo di miniaturizzare la tecnologia, diminuiti i requisiti energetici ed introdotto il sistema a dispositivi utilizzati quotidianamente. La quantità di corrente minima, resa disponibile tramite un jack audio basta ad alimentare la gestione dei sensori e dei dati: pensate che una carica di un iPod consentirà di potere alimentare ben 41 test!

“In un certo senso lo abbiamo adattato agli smartphone”, afferma Sia. “Abbiamo ridotto considerevolmente le dimensioni, il costo e i requisiti energetici”.

Il gruppo di Sia ha anche dato vita ad un software per che avrà il compito di tenere traccia dei test e caricarli su un server, una funzione fondamentale al fine di potere raccogliere e preservare dati ottenuti. Il gruppo ha lavorato ai marker di HIV e sifilide come parte di un programma USAID sulla salute materna.

 “Questo lavoro è una dimostrazione di come la tecnologia è in grado di migliorare diagnosi e trattamenti, rendendoli più veloci, semplici ed economici senza comprometterne la qualità”, ha detto Sabin Nsanzimana, il manager della divisione malattie sessualmente trasmissibili del Ministero della Salute del Ruanda.

Nonostante tutto, “potrebbe volerci del tempo, o studi di maggiori dimensioni”, prima che questi test si diffondano, ha aggiunto Nsanzimana. Sia dice di essere al lavoro su un test sul campo più grande e di immaginare implicazioni maggiori per la diagnostica su smartphone. “Ovviamente, pur essendoci concentrati su HIV e sifilide, questa tecnologia può essere utilizzata per una varietà di applicazioni differenti”, dice. “Potremmo assistere a una trasformazione fondamentale dei sistemi di assistenza sanitaria se i consumatori riusciranno a ottenere misurazioni precise in maniera decentralizzata”.

30/09/14

Sanità: rimborsi al farmaco per Epatite c

0ggi si dovrebbe decidere il via libera alla rimborsabilità del Sofosbuvir, il farmaco che in 12, massimo 24 settimane, sradica in via definitiva l'Epatite C che ogni anno in Italia miete 10mila vittime. 


L’accordo tra l’Agenzia ministeriale del farmaco e l’americana Gilead, che produce la costosa pillola, dopo mesi di trattativa, dovrebbe arrivare oggi. Una trattativa estenuante per poter ribassare il prezzo e impedire che il già malandato fondo per la farmaceutica sfondi oltre agli attuali 1,4miliardi. Le ultime trattative  afronte di una richiesta iniziale di 58mila euro per ciclo terapeutico si era scesi scendere a 37 mila, con possibilità di ridurre ulteriormente il prezzo, fino a quota 25-26 mila con l’aumentare dei volumi di vendita del medicinale salva-epatite, per un costo a carico dello Stato che potrebbe oscillare tra i 6-700 milioni. Ma le trattative sono ancora in corso e le sorprese potrebbero ancora eserci.
Ma non tutti i paziente gli sarà garantita la rimborsabilità. Dei 400mila pazienti affetti da Hcv, potrebbero garantirla a circa 30mila, che sono i casi più gravi: cirrosi, coinfezioni con Hiv, carcinoma epatico o in attesa di trapianto. Ma negare il farmaco a queti pazienti significa condannarli a morte certa ed è per questo che nel 2915 si dovrà estendere la rimborsabilità a tutti gli affetti da Epatite C.
Questo prevederà un potenziamento dei centri ospedalieri autorizzati dalla regioni al trattamento, che oggi come oggi non possono prendere in carico più di 30mila pazienti.

Intanto però, salvo sorprese, l’Aifa oggi darà via libera alla rimborsabilità del farmaco a costi dimezzati, dopo aver incrociato le armi con la Gilead, fino a scoprire gli altarini di un’indagine del Senato americano, che ha denunciato l’assoluta sproporzione tra il prezzo richiesto in partenza dall’azienda e gli investimenti in ricerca.

Ma la battaglia non finisce qui perché sui farmaci innovativi l’Aifa dovrà comportarsi in modo startegico salvando i singoli malati gravi, assicurando loro i nuovi farmaci salva-vita, senza perdere sul terreno il resto dei malati, ossia i milioni di pazienti ai quali bisogna comunque assicurare le medicine già in commercio.

Non è impresa facile, visto che dopo 15 anni di blackout l’industria farmaceutica è pronta a sfornare in serie nuovi prodotti in grado di curare mali finora incurabili. La stessa Gilead ha presentato proprio ieri domanda di commercializzazione del Ledipasvir, la pillola che associata al Sofosbuvir consente di fare a meno del tossico interferone, che non può essere sopportato dai malati più gravi.

Nei prossimi mesi sarà la volta dei nuovi e costosi anticorpi monoclonali per l’Alzheimer, gli anti tumorali contro carcinoma mammario, polmonare e colonrettale, i più efficaci antiretrovirali. Medicinali impossibili da negare a chi rischia la vita ma che possono far saltare il banco del nostro welfare sanitario. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ai suoi colleghi europei ha chiestodi fare "cartello" per ridurre le tariffe delle cure. Una mossa per poter salvare i tanti malati senza far morire dissanguato lo Stato.

23/08/14

Virus letale | HIV | Cura per il futuro | Parte terza | Interessanti prospettive

HIV da virus letale
a cura per il futuro

Lo studio, che ha permesso a sei piccoli pazienti di riappropriarsi delle proprie vite, segna una svolta nella lotta alle malattie genetiche capace di cambiare il futuro della medicina e la vita di molti altri pazienti. 


Nel breve termine, il prossimo appuntamento è previsto per il 2016, anno in cui i dati relativi a tutti i pazienti trattati nello studio confermeranno (almeno si spera) l'efficacia di questa terapia. I progetti sono poi di estendere la terapia anche ai pazienti in uno stadio più avanzato della malattia, in modo da farla regredire ed estendere il potente metodo utilizzato anche alle altre malattie.

In particolare, la terapia genica è una valida candidata per la cura di malattie genetiche del sangue che attualmente hanno come unica alternativa il trapianto. Inoltre, Telethon sta lavorando per portare nel letto del paziente 25 metodi di cura per 23 patologie. Nel 2002 il TIGET annunciava, in un articolo pubblicato sulla rivista Science, la sconfitta di Ada-Scid, una malattia genetica che distruggeva le difese immunitarie. Grazie a un accordo siglato nel 2010 tra Telethon e la casa farmaceutica Glaxo, si sta lavorando per tradurre la terapia genica contro Ada-Scid in un farmaco fruibile dai pazienti di tutto il mondo. La speranza ultima è che si possa trasformare in farmaco anche la terapia contro la leucodistrofia e la sindrome di Wiskott-Aldrich. 

La medicina ha fatto progressi impensabili negli ultimi decenni grazie a una dettagliata conoscenza del genoma umano, associato alla capacità di manipolare le cellule staminali e ad avanzate tecniche di ingegnerizzazione. Grazie al connubio di tutte queste cose è oggi possibile diagnosticare precocemente le malattie e riuscire a curarne molte in modi e tempi prima impensabili. Possiamo solo immaginare quindi le potenzialità future della terapia genica, che ci permetterà forse, un giorno, di sconfiggere le più feroci malattie genetiche.(science)


22/08/14

HIV | Da virus letale a cura del futuro | Prima parte

In due lavori indipendenti pubblicati su Science i ricercatori dell'Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (TIGET) di Milano guidati da Luigi Naldini descrivono il primo successo clinico della terapia genica con vettori lentivirali, derivati dal virus responsabile dell'Aids su due rare patologie genetiche dell'infanzia, la leucodistrofia metacromatica e la sindrome di Wiskott-Aldrich. 


Oggi Jacob può guardare al domani con gli occhi di un bambino di tre anni. Senza avere più paura di ammalarsi per una banale infezione. E può giocare e correre senza indossare quell'elmetto che prima lo proteggeva dal rischio di gravi emorragie in caso di caduta. La stessa cosa è possibile per Mohammed, Giovanni, Kamal, Samuel e Canalp. Sono i sei piccoli pazienti affetti da due gravi malattie genetiche dell'infanzia che sono guariti grazie alla nuova terapia genica messa a punto da un team di ricercatori dell'Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica di Milano (TIGET).

Gli studiosi hanno "addomesticato" il temibile virus HIV, spogliandolo della sua componente patologica e lo hanno usato come veicolo per entrare nelle cellule e sostituire i geni difettosi con quelli sani. "Questo progetto è stato reso possibile grazie alla solidarietà di centinaia di migliaia di italiani che negli anni ci hanno sostenuto", afferma Francesca Pasinelli, direttore generale della Fondazione Telethon, che ha investito 19 milioni di euro per le ricerche su queste due malattie. "Il traguardo raggiunto è particolarmente importante per noi perché dimostra che finanziando la ricerca scientifica con i criteri e i metodi con cui lo abbiamo fatto, e soltanto attraverso l'applicazione di moltissimo rigore, questa ricerca nel tempo progredisce dal laboratorio al letto del paziente". Le due malattie trattate con successo sono la leucodistrofia metacromatica (tristemente nota al grande pubblico per la vicenda mediatica della piccola Sofia) e la sindrome di Wiskott-Aldrich, entrambe dovute a un difetto genetico che causa l'assenza di una proteina fondamentale per il nostro organismo.

Queste due patologie insorgono sin dai primi mesi di vita e conducono a un'inesorabile morte nel giro di pochi anni dalla diagnosi. La tecnica che ha dato una nuova speranza a questi bambini si basa su una geniale intuizione di Luigi Naldini, il direttore del TIGET che ha coordinato lo studio, descritta in un articolo pubblicato nel 1996 su Science. "Lidea di usare il virus HIV è venuta 17 anni fa. I vettori virali per terapia genica si stavano già sperimentando, ma c'era un problema di fondo: la scarsa efficienza del trasferimento genico nelle cellule", afferma Naldini. "Era da poco stato descritto il virus HIV, capace di infettare le cellule con più efficienza di quelli conosciuti fino ad allora perché in grado di entrare nel nucleo, dove si trova il DNA della cellula in cui viene inserito il gene terapeutico, anche senza dover aspettare la divisione cellulare che ne apre la porta agli altri virus".

Da qui l'idea di addomesticare proprio HIV, disarmarlo e sfruttarlo per trasportare geni all'interno di cellule che normalmente non si dividono, come quelle del sistema nervoso. Il metodo si rivelò corretto dal punto di vista teorico, ma la difficoltà venne subito dopo. "Questo era un virus molto temuto perché si conosceva poco, si sapeva soltanto che era pericoloso, che infettava l'uomo e che inesorabilmente portava alla morte per AIDS. Quindi l'idea di ingegnerizzarlo e di renderlo poi un domani utilizzabile in terapia genica faceva paura. La nostra sfida è stata prima quella di rendere il vettore sicuro a sufficienza da essere usato anche nell'uomo e poi superare le paure della comunità medico-scientifica", dice Naldini.

Cosi il virus HIV è stato letteralmente smontato e sono stati eliminati alcuni pezzi per renderlo innocuo: i cosiddetti vettori "lentivirali" ottenuti, conservano soltanto il 10 per cento della sequenza originaria di HIV, per cui è impossibile che il virus possa riformarsi e infettare il paziente.(science)


30/07/14

Nanoparticelle d'oro | Nuova età dell'oro per i test per l'HIV

Gli artigiani medievali delle vetrate colorate furono i primi nanotecnologici. Saranno stati ignari degli aspetti fisici che facevano, ma le loro tecniche avevano come effetto di intrappolare minuscole particelle d'oro in un vetro che emetteva cosi un colore rosso rubino.

Adesso le nanoparticelle d'oro, anzichè dar vita alle scene bibliche, vengono utilizzate per nuovi test relativi a patologie letali, come l'HIV, più sensibili e facili da valutare dei test attuali. Su scala piccolissima, nel regno della nanotecnologia, i materiali acquisiscono nuove proprietà. Mentre un pezzo massiccio di oro è, ovviamente, dorato, le particelle minuscole possono generare colori diversi a seconda di come si uniscono. Un gruppo di ricercatori dell'Imperial Collage di Londra ha trovato un'applicazione importante.
Nanoparticelle d'oro

La loro soluzione per l'individuazione dell'HIV contiene ioni (atomi carichi elettricamente) d'oro. Quando vi si versano gocce di siero sanguigno, quello che accade dipende dall'eventuale contenuto di virus HIV. Se il virus è presente, il livello di perossido di idrogeno nella soluzione cala e si formano ammassi nanoscopici irregolari di oro, che producono una luce azzurra. Se non è presente l'HIV, la soluzione è allagata di perossido di idrogeno e si generano nanoparticelle d'oro sferiche, che producono una luce rossa. Questo test è cosi sensibile che può rilevare pochi attogrammi, cioè miliardesimi di miliardesimo di grammo, di proteina dell'HIV in un millimetro di siero umano, meglio dei migliori standard attuali.

E' l'aspetto cruciale è che il cambiamento di colore è cosi spiccato che si può osservare a occhio nudo, mentre i test attuali richiedono macchinari costosi per determinare la fondamentale variazione di sfumatura. Molly Stevens, che ha diretto le ricerche condotte all'Imperial Collage, dichiara che gli esperimenti pratici non sono lontani:
"Finora abbiamo sviluppato un prototipo che comprendeva test con campioni positivi di HIV umano. La tecnologia adesso dev'essere ottimizzata per diventare più portatile e di facile utilizzo. Speriamo che ci vogliano meno di cinque anni".

Non basta: il test si può modificare per individuare altre malattie tra cui la malaria, il cancro alla prostata e la tubercolosi.(science)
APPLICAZIONI

  • Individuazione dell'HIV
  • Individuazione del cancro alla prostata
  • Individuazione della tubercolosi a della malaria

01/04/14

Contro l'Hiv per le donne un preparato gel prima di un rapporto.

La ricerca ha trovato un preparato gel che proteggerà le donne dall'infezione Hiv. Il gel, fino ad ora ha prevenuto dell'infezione da Hiv in 5 scimmie macaco su 6.

Un altro passo in avanti è stato compiuto nella realizzazione di un gel da applicare a seguito di rapporti intimi, capace di proteggere le donne dall'infezione dell'Hiv, il devastante virus dell'immunodeficienza umana.

I ricercatori americani dei Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta (Georgia) che hanno eseguito lo studio, pubblicato su Science Translational Medicine, chiariscono che il gel, al momento, è stato in grado di proteggere dall'infezione cinque scimmie macaco femmine su sei: quindi, il risultato è segno di un importante passo in avanti per la realizzazione definitiva di un unguento protettivo contro l'Hiv, la cui formulazione ad oggi purtroppo è ancora lontana dal poterla definire tale e pertanto è ancora lontana pure l'applicazione sugli esseri umani.
Virus Hiv

I ricercatori spiegano che i gel vaginali contenenti farmaci anti-Hiv hanno dato risultati discontinui nei test clinici umani. In questo recente studio il team statunitense ha utilizzato un approccio diverso, fondato sul testare il gel in un gruppo di scimmie femmine esposte al virus: ciò che è emerso dallo studio è che cinque delle sei scimmie a cui era stato applicato il preparato entro tre ore dal contatto col virus sono risultate protette dall'infezione.

Ampi studi clinici saranno necessari in futuro, spiegano i ricercatori, per testare il nuovo trattamento con l'obiettivo di riuscire a mettere a punto una versione di gel anti-Hiv efficace sugli uomini: per adesso, e probabilmente per molto tempo ancora, i preservativi rimarranno il metodo migliore per prevenire l'infezione. Nuovi studi dovranno inoltre essere condotti per capire a quante ore ammonta la finestra temporale entro cui il gel può essere somministrato senza penalizzarne l'efficacia. (il sole 24 ore)

01/12/13

World Aids Day! E' giunto il momento di tirare le somme.

Come ormai accade dal 1988 il 1 dicembre è il giorno dedicato al World Aids Day, un'oopportunità per fare il punto della situazione riguardo i successi ed i risultati ottenuti dalle campagne di prevenzione, sugli esisti e l'efficacia delle terapie messe in atto ad oggi disponibili e riguardo lo stato attuale delle infezioni da Hiv.
Per quel che riguarda l'anno in corso, ciò che i dati ottenuti dicono è questo: le terapie antiretrovirali funzionano, hanno mutato una malattia mortale in una condizione cronica, come ricorda l'associazione Medici senza frontiere, ma purtroppo sono ancora tanti, troppi, i malati che non hanno la possibilità di accedere alle terapie.

Sono ancora troppi sono i casi di nuove infezioni e i morti, prevalentemente tra i giovani.
Entrando nel merito dei numeri più nel dettaglio, questi i particolari che vengono fuori: si calcola che al 2012 nel mondo le persone infettate dal virus dell'Hiv fosse oltre il 35 milioni, con l'Africa Sub-sahariana come la zona più colpita.
World Aids Day

Di queste soltanto 9.7 milioni riescono ad avere accesso alle terapie antiretrovirali (Art) nei paesi a basso e medio reddito, efficaci anche come opportunità di prevenzione contro la trasmissione del virus, mentre secondo le nuove linee guida adesso sarebbero circa 19 milioni le persone potenzialmente ad avere libero accesso per la Art ma non ai trattamenti! 

Anche per i casi di nuove infezioni le cose non vanno meglio: nel 2012 sono state 2,3 milioni quelli registrati a livello mondiale, in Italia quasi 4000. 1,6 milioni sono invece le morti segnalate lo scorso anno a causa dell'Hiv/Aids; un numero che diventa ancora più spaventoso se rapportato ai decessi giornalieri: siamo su oltre i 4000 al giorno!

Il numero dei morti non è lo stesso per tutte le fasce d'età.
L'Oms scrive infatti che se mentre tra il 2005-2012 i morti per cause dovute all'infezione dell'Aids sono scesi del 30% nella popolazione in generale, per la fascia degli adolescenti la mortalità per lo stesso periodo è cresciuta del 50%.
Per questo, in occasione del World Aids Day l'Oms lancia un appello e una serie di raccomandazioni perché vengano aumentati i test, il counselling e l'accesso ai trattamenti a questa fascia della popolazione così colpita, pari a 2 milioni di persone di età compresa tra i 10 e i 19 anni d'età.

I motivi del perché gli adolescenti debbano ricevere un'attenzione particolari nella lotta all'Aids, eccoli, nelle parole di Gottfried Hirnschall, direttore Dipartimento Hiv/Aids dell'Oms: "Gli adolescenti devono affrontare le pressioni emotive e sociali difficili e spesso sono confusi man mano che crescono e da bambini diventano adulti. Gli adolescenti hanno bisogno di servizi sanitari e di assistenza, pensati su misura per le loro esigenze. Hanno meno probabilità degli adulti di essere testati per l'Hiv e spesso hanno bisogno di maggiore sostegno rispetto agli adulti per seguire la cura e ad attenersi al trattamento".
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