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19/10/14

L'Oms ha commesso grossolani errori nel considerare l'epidemia Ebola

L'Oms fa mea culpa, ha sottovalutato la gravità della situazione Ebola, è quanto emerso da un documento interno e riservato da cui sono trapelate alcune informazioni. Il fatto è che nelle prime fasi dell'epidemia son ostati commessi errori grossolani.

"Non possiamo dirottare le nostre limitate risorse dalla risposta (alla crisi) all'analisi dettagliata della nostra risposta passata. Quell'analisi arrivera', ma solo quando la crisi sara' superata". Nella bozza trapelata, su cui l'Oms ufficialmente ribadisce di non voler fornire alcun commento, emergerebbe che l'organizzazione non sarebbe riuscita a fermare l'epidemia per una serie di fattori, dall'incompetenza dello staff alla mancanza di informazioni (se a tali vertici ci sono degli incompetenti, beh in che mani siamo?). Medici senza Frontiere aveva lanciato ripetuti allerta che di fatto sono stati ignorati a fronte di rassicurazioni poco veritiere.

Oms
immagine presa dal web

L'ebola ha ucciso almeno 4.546 persone tra Liberia, Sierra Leone e Guinea, secondo i dati forniti dall'Oms venerdi'; tuttavia siccome almeno meta' dei casi non vengono neanche registrati e il tasso di mortalita' e' almeno al 70 per cento, l'Oms ritiene che il bilancio vero si attesti probabilmente ad oltre 12mila. E non c'e' alcuna segnale che l'epidemia stia rallentando, epidemia confermata per la prima volta a maggio, ma che l'Oms dichiaro' emergenza sanitaria pubblica internazionale solo l'8 agosto. Il direttore generale Margaret Chan si e' finora difesa, ma il documento interno dell'Oms scrive che gli esperti avrebbero dovuto rendersi conto che i metodi tradizionali di contenimento delle malattie infettive non potevano funzionare in una regione dai confini porosi e sistemi sanitari a pezzi: "Praticamente nessuno di coloro coinvolti nella (fase iniziale) di risposta fu in grado di vedere i segnali di sciagura", si legge nel documento. Nella bozza trapelata, ma non riconosciuta dall'Oms, si ammetterebbe anche che, in quel momento, la burocrazia costitui' un problema.

I responsabili degli uffici Oms in Africa sono frutto di "nomine motivate politicamente" fatte dal direttore regionale per l'Africa, Luis Sambo, che non risponde al capo dell'agenzia a Ginevra, Margaret Chan. Nelle fasi iniziali del contagio i messaggi usciti dall'ufficio di Sambo furono diversi dalla linea emanata a Ginevra. L'ufficio africano il 22 settembre ha dichiarato l'ebola "quasi del tutto contenuta" in Senegal e Nigeria; un'asserzione non confermata dall'ufficio di Chan, che ha dichiarato il Senegal ebola-free solo venerdi' scorso e ancora lo deve fare per la Nigeria. In un incontro che si svolse a giugno, tra esperti di focolai epidemici, uno dei principali collaboratori di Chan Bruce Aylward, che normalmente si occupa di poliomielite, avverti' Chan delle gravissime riserve sui responsabili Oms in Africa occidentale; e scrisse una email sostenendo che alcuni dei partner dell'agenzia, tra cui agenzie nazionali ed ong,  ritenevano che l'organizzazione "stesse compromettendo piu' che aiutare" nella battaglia all'ebola e che "nessuna delle notizie riguardanti le prestazioni dell'Oms erano buone".

Tuttavia solo cinque giorni piu' tardi la Chan ricevette una lettera di 6 pagine della rete di esperti dell'agenzia, in cui venivano dettagliate le gravi carenze dell'Oms in risposta al virus. "Fu la prima notizia del genere che le arrivo'", si legge nel documento, "e lei ne rimase scioccata". Ma a quel punto era gia' troppo tardi. OBAMA RASSICURA,"POSSIBILI CASI ISOLATI MA NIENTE ISTERIA" Barack Obama ha lanciato agli americani un messaggio rassicurante sull'ebola, dopo l'allarme suscitato dai primi due casi di contagio nel Paese. Il presidente Usa ha avvertito che la lotta al virus sara' lunga e si potrebbero registrare "altri casi isolati", ma ha invitato gli americani a non cedere all'isteria e ha assicurato che la nazione e' "preparata" per evitare un'epidemia sul territorio. Il presidente americano e' comunque tornato a respingere l'idea dello stop ai voli dall'Africa occidentale perche' "cercare di isolare un'intera regione del mondo" potrebbe addirittura far peggiorare la situazione. Obama ha dedicato alla crisi dell'ebola il suo discorso radiofonico del sabato.

"Non possiamo isolarci dall'Africa occidentale", ha detto, spiegando che questo renderebbe piu' difficile il movimento degli operatori sanitari e anche quello dei beni, oltre a spingere le persone a uscire in modo clandestino dal Paese rendendo piu' difficili i controlli. "Cercare di isolare un'intera regione del mondo, quand'anche fosse possibile, potrebbe di fatto fa peggiorare la situazione", ha osservato. Obama ha anche cercato di circoscrivere il problema, ricordando agli americani che nel Paese, su 300 milioni di abitanti, sono stati diagnosticati solo tre casi. "Quel che stiamo vedendo in America non e' un focolaio, ne' tantomeno un'epidemia di ebola".

L'ebola e' "una malattia grave", ma anche difficile da contrarre": "Non dobbiamo cedere all'isteria o alla paura". CANADA FORNISCE A OMS 800 FIALE VACCINO SPERIMENTALE Il governo canadese ha inviato all'Organizzazione Mondiale della Sanita (Oms) a Ginevra 800 fiale di un vaccino sperimentale contro ebola, il virus che ha causato finora oltre 4.500 morti, principalmente in Africa occidentale. Sara' quindi l'Oms ha gestire e regolare la distribuzione di questo vaccino sperimentale, ha annunciato l'agenzia sanitaria statale di Ottawa. Ieri il colosso farmaceutico britannico Glaxosmithkline (Gsk) aveva annunciato che non sara' possibile arrivare ad un vaccino efficazie e sperimentano prima della fine del 2016

18/09/14

Allarme cannabis: aumento esponenziale del consumo fra i giovani

Nella  “Relazione sulle tossicodipendenze 2014” del Dipartimento per le politiche antidroga (Dpa) emerge un dato allarmante relativo al consumo di cannabis fra i giovani: un ragazzo su quattro fuma marijuana. Il campione preso in esame è molto ampio (31.661 giovani tra i 15 e i 19 anni) e indica chiaramente la progressione dei consumi: nell’ultimo anno, infatti, siamo arrivati al 23,46 per cento, due punti in più rispetto al 2013 e cinque punti in più rispetto a qualche anno fa.

Tra l’altro, il consumo di cannabis è in controtendenza nei confronti di quelli di cocaina, eroina, amfetamine ed ecstasy, tutti stabili o perfino in diminuzione. Così come continua a diminuire in Italia il numero di morti per droga: 344 nel 2013, contro i mille del 1999. «L’analisi corretta dei numeri ci dice che la battaglia contro la droga si può vincere. Purtroppo il terribile errore di oggi, di considerare la cannabis innocua, lo pagheremo domani, quando rivedremo in aumento i consumi di cocaina ed eroina e, temo, anche i morti per droga» commenta sconsolato il professore Giovanni Serpelloni, fino a qualche mese fa responsabile del Dipartimento antidroga e poi licenziato in tronco dal governo Renzi.

Fumatore di cannabis
immagine presa dal web

Dai dati del Dpa è chiaro che in Italia si sta ormai diffondendo un’idea sbagliata e controproducente della cannabis, in base alla quale questo tipo di droga non fa male, non produce dipendenza, e non apre la strada a sostanze ancora più pericolose. Un vero e proprio sdoganamento. Smentito a livello internazionale dalle ultime indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha sottolineato come i consumatori di cannabis diventano apatici, perdono motivazioni di vita e trascurano la scuola. Al contrario, il governo sempre più orientato a condividere, con i suoi provvedimenti, lo sdoganamento diffuso della cannabis: da qui le norme per il ritorno alla fittizia e scivolosa distinzione tra doghe pesanti e leggere e l’autorizzazione della coltivazione e dell’uso della marijuana di Stato per fini terapeutici.

Ricapitolando, i numeri vanno in una direzione, gli avvertimenti delle organizzazioni internazionali sono molto chiari, e il governo, con il consenso del Parlamento, invece marcia in senso opposto in una sorta di autismo politico. Anche l’uso terapeutico della cannabis rischia di trasformarsi in una clamoroso autogol e in ogni caso non ha alcuna giustificazione scientifica. Il professore Silvio Garattini, un’autorità in materia di farmaci e tra l’altro un componente del comitato scientifico del Dpa, ha recentemente documentato il bluff che circonda la liberalizzazione terapeutica di farmaci a base di cannabis. Non esistono ricerche e studi comparati, con dati attendibili, che siano in grado di dimostrarne l’effettiva utilità e innanzitutto la mancanza di controindicazioni.

Al contrario, sul mercato sono già in commercio almeno tre medicinali che possono sostituire la cannabis con ottimi risultati nella terapia contro il dolore. E tra i possibili effetti collaterali di farmaci a base di cannabis non vanno trascurati fenomeni come la perdita di memoria e la psicosi. Con questo scenario, purtroppo, l’Italia rischia di essere uno dei paesi del mondo più all’avanguardia nella tolleranza all’uso della cannabis e nella utilizzazione di farmaci ricavati proprio da quella che viene classificata, per legge, come una “droga leggera”.

 A chi giova questa linea politica così permissiva e tollerante? Certamente non alle famiglie di quei ragazzi diventati fumatori abituali di spinelli, dove il dramma della dipendenza si traduce in una battaglia impari, solitaria e senza sponde. Piuttosto saranno soddisfatte le grandi multinazionali del tabacco, affamate di potenziali alternative alla domanda di sigarette in forte contrazione, e le holding farmaceutiche che stanno investendo montagne di euro per aumentare l’offerta sul mercato di prodotti a base di cannabis e hanno quindi bisogno di un sostegno in termini di politiche sanitarie. Così la marijuana, che per generazioni è stata una bandiera di trasgressione e di ribellione, si sta trasformando nel simbolo di un capitalismo selvaggio, dove il profitto viene prima della salute, e di un politica debole che non riesce a contenerlo.

02/01/14

Bastano cinquemila passi per mantenersi in forma e risparmiare

Facciamo una vita sedentaria, sia per motivi di lavoro, sia per pigrizia, e sempre più è necessario cercare di mantenersi in forma facendo del movimento e mangiando sano. Se non si ha tempo e modo di frequentare una palestra, ma se l'aria aperta fa per noi, qualunque sia la stagione dell'anno, allora camminate!  Fare 5.000 passi ogni giorno, ovvero una passeggiata di circa 3 chilometri, aiuta a mantenersi in salute e a dimezzare il rischio di morte! A riferirlo è l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che ha messo in evidenza le conseguenze e i rischi per la salute di uno stile di vita sedentario. Secondo gli ultimi dati infatti, la sedentarietà provoca ogni anno 600 decessi solo in Europa e rappresenta una delle dieci cause di morte e disabilità in tutto il mondo.
Camminare

In particolare, vanno ricordati i danni derivanti dalle patologie cardiovascolari: la sola ipertensione provoca circa 240.000 morti l’anno, è responsabile del 47% delle cardiopatie ischemiche e del 54% degli ictus cerebrali. Camminare dunque è un vero e proprio elisir di benessere fisico, ma anche un modo per risparmiare denaro: lasciare l’auto a casa, per usare i mezzi pubblici e percorrere alcuni tratti a piedi, fa’ risparmiare mediamente 700 euro l’anno. Un fattore non da poco visto il tempo di crisi! Per capire esattamente quali regole seguire e con quale frequenza effettuare l’attività fisica in base all’età si può consultare l’opuscolo a vignette, dal titolo "Una passeggiata di salute", presentato al Senato in occasione del Convegno nazionale "Il ritratto della salute e la medicina dei sani: modelli di sviluppo e strategie di comunicazione", promosso dalla Simg (Società Italiana di Medicina Generale) e dall'Associazione parlamentare per la tutela e la promozione del diritto alla prevenzione. “Diabete, cardiopatie, ipertensione, cancro, osteoporosi – ha detto Claudio Cricelli, presidente della Simg - sono le malattie croniche che colpiscono in massa gli italiani, legate proprio a stili di vita sbagliati”. Per prevenire tutte queste patologie e mantenersi in salute quindi basta percorrere appena tre chilometri, una passeggiata a passo sostenuto, ma costante. “La prevenzione è un diritto per ciascun cittadino ed è un obiettivo del nostro Sistema Sanitario Nazionale, tra i migliori al mondo – ha aggiunto Antonio Tomassini, Presidente della Commissione “Igiene e Sanità” del Senato e Presidente dell’Associazione parlamentare per la tutela e la promozione del diritto alla prevenzione – È necessario promuovere interventi per ridurre i principali fattori di rischio per le grandi malattie: fumo di sigaretta, alimentazione scorretta, sedentarietà e abuso di alcol. Per i danni diretti e indiretti che derivano da stili di vita sbagliati lo Stato spende circa 60 miliardi di euro ogni anno”. Ma oltre al movimento, bisogna prestare attenzione anche all’alimentazione: “La salute, infatti, si conquista e si conserva soprattutto a tavola, sin da bambini – ha aggiunto il dottor Cricelli – Il tradizionale modello alimentare mediterraneo è ritenuto oggi in tutto il mondo fra i più efficaci per la prevenzione ed è anche uno dei più vari e bilanciati. Dobbiamo rivolgere ai cittadini messaggi chiari, senza chiedere loro di stravolgere drasticamente le loro abitudini ma con consigli pratici da attuare nella vita quotidiana”. Insomma, ancora una volta, per mantenersi in salute è opportuno scegliere una dieta equilibrata e fare movimento con regolarità! Che aspettiamo a lasciare a casa più spesso l'auto?

01/12/13

World Aids Day! E' giunto il momento di tirare le somme.

Come ormai accade dal 1988 il 1 dicembre è il giorno dedicato al World Aids Day, un'oopportunità per fare il punto della situazione riguardo i successi ed i risultati ottenuti dalle campagne di prevenzione, sugli esisti e l'efficacia delle terapie messe in atto ad oggi disponibili e riguardo lo stato attuale delle infezioni da Hiv.
Per quel che riguarda l'anno in corso, ciò che i dati ottenuti dicono è questo: le terapie antiretrovirali funzionano, hanno mutato una malattia mortale in una condizione cronica, come ricorda l'associazione Medici senza frontiere, ma purtroppo sono ancora tanti, troppi, i malati che non hanno la possibilità di accedere alle terapie.

Sono ancora troppi sono i casi di nuove infezioni e i morti, prevalentemente tra i giovani.
Entrando nel merito dei numeri più nel dettaglio, questi i particolari che vengono fuori: si calcola che al 2012 nel mondo le persone infettate dal virus dell'Hiv fosse oltre il 35 milioni, con l'Africa Sub-sahariana come la zona più colpita.
World Aids Day

Di queste soltanto 9.7 milioni riescono ad avere accesso alle terapie antiretrovirali (Art) nei paesi a basso e medio reddito, efficaci anche come opportunità di prevenzione contro la trasmissione del virus, mentre secondo le nuove linee guida adesso sarebbero circa 19 milioni le persone potenzialmente ad avere libero accesso per la Art ma non ai trattamenti! 

Anche per i casi di nuove infezioni le cose non vanno meglio: nel 2012 sono state 2,3 milioni quelli registrati a livello mondiale, in Italia quasi 4000. 1,6 milioni sono invece le morti segnalate lo scorso anno a causa dell'Hiv/Aids; un numero che diventa ancora più spaventoso se rapportato ai decessi giornalieri: siamo su oltre i 4000 al giorno!

Il numero dei morti non è lo stesso per tutte le fasce d'età.
L'Oms scrive infatti che se mentre tra il 2005-2012 i morti per cause dovute all'infezione dell'Aids sono scesi del 30% nella popolazione in generale, per la fascia degli adolescenti la mortalità per lo stesso periodo è cresciuta del 50%.
Per questo, in occasione del World Aids Day l'Oms lancia un appello e una serie di raccomandazioni perché vengano aumentati i test, il counselling e l'accesso ai trattamenti a questa fascia della popolazione così colpita, pari a 2 milioni di persone di età compresa tra i 10 e i 19 anni d'età.

I motivi del perché gli adolescenti debbano ricevere un'attenzione particolari nella lotta all'Aids, eccoli, nelle parole di Gottfried Hirnschall, direttore Dipartimento Hiv/Aids dell'Oms: "Gli adolescenti devono affrontare le pressioni emotive e sociali difficili e spesso sono confusi man mano che crescono e da bambini diventano adulti. Gli adolescenti hanno bisogno di servizi sanitari e di assistenza, pensati su misura per le loro esigenze. Hanno meno probabilità degli adulti di essere testati per l'Hiv e spesso hanno bisogno di maggiore sostegno rispetto agli adulti per seguire la cura e ad attenersi al trattamento".
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