Il-Trafiletto
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26/07/14

Quel dito storto che risponde al nome di alluce valgo.

L’alluce valgo è una patologia tra le più diffuse riguardanti l’avampiede. È una deformazione dell'alluce che si traduce in una deviazione dell’articolazione metatarso-falangea di questo dito in direzione delle altre dita. In alcuni casi l’alluce tende addirittura ad accavallarsi sul secondo e persino sul terzo dito del piede. È dunque una malformazione, caratteristica dell’età adulta, ma possiamo diagnosticarlo anche nei pazienti più giovani, e se questi ultimi praticano una qualche attività agonistica, può rivelarsi un vero problema. Ma come e quando viene l'alluce valgo? L'eziologia sembra abbia una multifattorialità, infatti si parla di alluce valgo congenito (primario) o acquisito (secondario). Quest'ultima causa, si è visto, si è riscontrata spesso e volentieri in quelle persone che usano determinati tipi di calzature,e colpisce molto più frequentemente i soggetti di sesso femminile, probabilmente a causa della poco maneggevolezza, sebbene alla moda, appunto delle loro calzature. Infatti raramente si riscontra l’alluce valgo in soggetti che camminano scalzi. Uno studio giapponese del 1981 dimostrò che, prima del 1945, in Giappone l'alluce valgo era pressoché sconosciuto, dal momento che la quasi totalità del popolo giapponese era solito indossare i "tabi", i tradizionali calzini che arrivano all’altezza della caviglia e che dividono l’alluce dalle altre dita; poi, dopo il 1945, anno in cui il popolo del sol levante ha iniziato a indossare anche le calzature di tipo occidentale, si è osservato un aumento dei casi di alluce valgo. La caratteristica fisica dell'alluce valgo è la famosa "cipolla", che causa dolore al contatto con la calzatura. La diagnosi è abbastanza evidente ad occhio nudo ma si consiglia una radiografia. Qual'è il tipo di trattamento per un alluce valgo? L'uso di plantari può essere utile e sufficiente per bloccare l'insorgenza nei casi più semplici, senza possibilità peraltro di far regredire quello che ormai è in atto, mentre nei casi più conclamati è opportuno affidarsi ad un intervento chirurgico, dove non esiste una tecnica standard oppure una migliore delle altre. Una volta effettuato l'intervento, il decorso sarà quello dell'uso di antidolorifici nei primi 2-3 giorni, la deambulazione è immediata e la prognosi è di circa 60 giorni, inframmezzati da una visita di controllo, al termine dei quali il paziente viene considerato guarito. (immagine presa dal web)

02/05/14

Vercelli | Equipe chirurgica dimentica garze e ferri nell’addome di una giovane piemontese.

Un altro caso di malasanità, l’ennesimo, che questa volta si consuma nel nord Italia, e per la precisione all’ospedale di Vercelli, in Piemonte. Per più di un anno, per l’esattezza ben 15 mesi, una donna di 40 anni ha vissuto con due garze ed un ferro chirurgico nell’addome lasciati per una gravissima disattenzione dopo un intervento chirurgico. Il fatto è datato 21 novembre 2012. Giovanna, questo il nome della donna, dopo una lunga lista d’attesa, viene sottoposta ad una isterectomia, resasi necessaria per le frequenti emorragie, durante la quale le vengono asportati utero, tube e ovaie dall’equipe guidata dal ginecologo Francesco Corsaro. Dopo alcuni giorni viene dimessa e da quel momento in poi per Giovanna sono solo guai. Sono sopraggiunti forti dolori e rigonfiamento della pancia, al punto di essere costretta a ricorrere alle cure dei medici del pronto soccorso per ben sette volte, senza che i sanitari trovassero qualcosa di strano e rimandandola a casa con la prescrizione di semplici antidolorifici. Lo scorso febbraio la donna si reca per l’ottava volta all’ospedale, e sotto le insistenze abbastanza decise, i medici la sottopongono ad una visita più accurata. Una semplice radiografia è stata sufficiente per scoprire la squallida realtà: la donna nell’addome aveva due garze e un ferro chirurgico di circa 30 centimetri, dimenticati lì dai medici durante l’intervento di isterectomia di quindici mesi prima. Il dottor Corsaro ha di nuovo operato la donna per rimuovere i corpi estranei, estraendo anche circa un litro e mezzo di liquido ascitico formatosi per la presenza di corpi estranei. La signora Giovanna ha naturalmente sporto querela contro i medici dell’equipe chirurgica, chiedendo il risarcimento dei danni morali e materiali. Dai carabinieri del Nas di Torino è stata sequestrata la cartella clinica della paziente, mentre anche l’ospedale di Vercelli ha aperto una indagine interna per appurare le cause di un errore così madornale, dal momento che come prassi, alla fine di un intervento chirurgico, si dovrebbe procedere alla conta dei ferri chirurgici e del materiale usato per l’intervento.
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