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29/09/17

Antiacido ritirato commercio per sicurezza

Fonte - Corriere Adriatico - La Società Takeda, ha comunicato il ritiro volontario, a scopo cautelativo, dal mercato di alcuni lotti di Riopan gel. 


La decisione di ritiro comunicata dall'AIFA, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è scaturita dal riscontro di non conformità relativamente al parametro di viscosità, registrato nel corso di uno studio di stabilità.


In particolare, si tratta delle confezioni di RIOPAN GEL OS GEL 40 BUST 800 mg – AIC 027103035 lotti n. 267642 e 267643 (data di produzione giugno 2014).

Il Riopan Gel è un farmaco che rientra nella categoria degli antiacidi.

Tale farmaco va assunto in presenza di patologie come l’esofagite da reflusso, l’ulcera duodenale, e durante il trattamento di gastriti e gastro-duodeniti caratterizzate da iperacidità. 

La Società Takeda invita a verificare la giacenza dei suddetti lotti nei magazzini, di porre immediatamente le eventuali confezioni in stato di quarantena e di comunicare, entro e non oltre il 31 ottobre 2017, i quantitativi giacenti al fine di concordare il ritiro della merce.

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03/01/14

Globalizzazione un paradosso senza fine?

Intorno agli anni ‘80, la globalizzazione economica ha avuto modo e condizioni favorevoli per potersi sviluppare velocemente, grazie anche ad una sempre più crescente libertà di fare. Ciò nonostante sia innegabile come abbia portato abbondanza e prosperità nei paesi più evoluti ed avanzati e nuove opportunità per i lavoratori di alcune zone povere del mondo, l’Asia su tutti, si sono evidenziati forti segnali che ne dimostrano la pericolosa fragilità.

villaggio-globale
Il paradosso della globalizzazione
Un esempio eclatante è stato il collasso finanziario del 2008, che ha avuto ripercussioni in tutto il mondo, proprio a causa di un effetto domino favorito proprio dalla globalizzazione. Queste considerazioni ci portano a riflettere sui rischi inerenti con i cosiddetti mercati iper-globalizzati, ovvero quei mercati in cui i confini nazionali non comportano più costi di transazione sul commercio e sulle attività finanziarie.

Un dogma che vige tra gli economisti è quello che la globalizzazione sia “cosa buona” e che vada sempre e comunque incentivata. Tale visione è una risultanza della “fede” incondizionata nell’efficienza dei mercati e nella loro capacità di auto-regolamentarsi. Ma cosa fare se ad un certo punto si scopre che la globalizzazione sta portando grandi vantaggi in particolar modo ai membri dell’élite finanziaria? I benefici del libero flusso di beni e capitali tramite i confini nazionali sono già stati, per la maggior parte, realizzati e quello che si prospetta all’orizzonte, se si dovesse procedere oltre nel processo di globalizzazione, è che i vantaggi sono ormai controbilanciati da grossi costi dovuti a disoccupazione, riduzione di salari, pensioni perdute e comunità urbane che si stanno svuotando. Per far in modo che il beneficio procurato dai mercati globali possa essere equamente distribuito, servirebbero strutture globali di governance che nella realtà non esistono e alla cui realizzazione la maggior parte degli uomini potenti si opporrebbe.

Dani Rodrik, professore prima a Harvard e ora all’Institute for Advanced Studies di Princeton, ha dato vita ad un simposio nel libro The Globalization paradox: Democracy and the Future of the World Economy (di cui è uscita anche la traduzione italiana, con il titolo Globalizzazione Intelligente, Editore Laterza) un pungente punto di vista sulle questioni poste dal fenomeno della globalizzazione. I punti salienti della sua argomentazione mettono in luce la necessità di gestire con estrema attenzione la globalizzazione, per evitare di incorrere in un paradosso, dal nome di “trilemma di Rodrik”: non è possibile perseguire simultaneamente democrazia, autodeterminazione dei singoli Stati e globalizzazione economica.

Al più, possiamo salvaguardare due di queste tre caratteristiche. Se ci muoviamo in direzione della iperglobalizzazione, siamo costretti a compiere una scelta tra democrazia e sovranità nazionale: una delle due va sacrificata. Troppa libertà ai mercati condurrebbe infatti a un’economia mondiale instabile con gravissime conseguenze politiche e sociali. Se invece concedessimo troppo potere ai governi nazionali finiremmo per cadere nel protezionismo. La globalizzazione è per sua natura dirompente: riorganizza i luoghi e le modalità di lavoro, e pertanto i luoghi e le modalità con cui si fanno profitti. Questo effetto destabilizzante è tollerabile da una società democratica solo se c’è fiducia che il processo sia corretto e porti giovamento alla maggior parte della popolazione.

Il punto da cui si sviluppa l’attrito tra iperglobalizzazione e democrazia è il naturale limite che determina la massima estensione dei mercati. Questo limite è definito dall’ampiezza delle regole di cui i mercati hanno bisogno per poter funzionare. A chi spetta il compito di stabilire queste regole? Le differenze sociali, culturali e di sviluppo tra i singoli Stati rendono estremamente difficile ipotizzare una governance globale. Pertanto, in pratica, il compito di assicurare la necessaria complementarietà tra mercati e regole sta ai governi degli Stati nazionali. Questo implica che l’unica opzione ragionevole sia di moderare le ambizioni rispetto alla globalizzazione economica. Senza un giusto bilanciamento tra istituzioni preposte alla governance e estensione dei mercati, si va incontro a problemi di legittimazione oppure di efficienza. Per evitare l’inefficienza che sarebbe derivata da regole globali, i mercati sono stati spinti verso una globalizzazione selvaggia. La proposta di Rodrik è di contenere la globalizzazione all’interno di limiti che diano ai singoli Stati libertà di policy e al contempo favoriscano un’adeguata regolamentazione dei mercati.

L’Eurozona
Un caso interessante è rappresentato dalla “zona euro”, dove è stato messo in atto un tentativo di governance globale. L’Unione Europea ha infatti dato vita a istituzioni per gestire un singolo mercato europeo, che riguarda il lavoro, i beni di consumo, i servizi, la finanza, e via discorrendo. Pensiamo al Parlamento europeo, eletto direttamente dai cittadini, alla Commissione europea, alla Corte europea della giustizia, incaricata di vigilare affinché le leggi nazionali non violino regole emanate a livello europeo. La zona euro ha creato contrasti tra governi nazionali e istituzioni centralizzate. A livello locale, ci si trova spesso in situazioni in cui i margini per un’azione politica efficace sono estremamente ridotti. È quello che alcuni studiosi hanno descritto come il problema di avere una policy senza politica a livello centrale e una politica senza policy a livello statale.

Conclusioni
Pare doveroso concludere lasciando la parola a Rodrik, che in un brano tratto dal suo libro scrive: «Noi possiamo e dovremmo raccontare una storia diversa riguardo alla globalizzazione. Anziché vederla come un sistema che ha bisogno di un singolo insieme di istituzioni o di una superpotenza dominante, dovremmo accettarlo come una collezione di nazioni diverse, le cui interazioni sono regolamentate da un insieme di norme leggere, semplici e trasparenti. Questa visione non costruirà una strada verso un mondo piatto – un’economia mondiale senza confini. Niente la costruirà. Renderà però possibile un’economia mondiale sana e sostenibile che lascia spazio alle singole democrazie di determinare il proprio futuro».

03/12/13

Perchè si dice: "do ut des"?

E rieccoci con il "latonorum", a volte cari lettori, penso che sia diventata una fissazione. E forse lo è, ma la curiosità di approfondire è tanta e se possibile soddisfare la curiosità cibando la mente è un ottimo allenamento per le nostre cellule grigie.
Do ut des

Do ut des, do perchè tu dia. Si usa per indicare accordi in cui i reciporci vantaggi più o meno si equivalgono. O come per enunciare la legge che ogni dare umano pretende ed è soggetto ad un compenso. In tempi antichissimi, quando non esisteva ancora la moneta, tutto il commercio si svolgeva secondo queste quattro formule: do ut des (ti do la mercanzia, perchè tu me ne dia un'altra di genere diverso); do ut facias (ti do mercanzia perchè tu lavori per me); facio ut facias (lavoro per te, perchè tu lavori per me); facio ut des (lavoro perchè tu mi dia mercanzia).
Praticamente le basi orali dei contratti moderni.
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