Ormai sono a rischio di estinzione migliaia di semi che davano vita a un'infinita varietà di ortaggi frutta, cereali e legumi. L'omologazione dei sapori e il dominio di semi ibridi ha uniformato la produzione dei prodotti da orto. Per ovviare a questo impoverimento dei nostri prodotti, è nato una nuova figura: il "Seed Saver"( salva di semi)
Ma chi sono i salvatori di semi? Partiamo dal loro capostipite, Jimmy
Nardello, uno dei tanti emigranti italiani che dalla nativa Lucania nel
1887 si trasferì negli Stati Uniti, portandosi dietro un fagottino di
semi, tra i quali un peperone dolce che gli avrebbe ricordato la
famiglia lontana. Nardello e i suoi discendenti continuarono a coltivare
nel loro orto quel particolare peperone, conservandone i semi
generazione dopo generazione. Nel 1983, poi, un discendente di Nardello
fondò negli Usa l'associazione «Seed savers exchange», il gruppo più
attivo e organizzato che si conosca: ha 8.000 soci e ha salvato oltre 20
mila semi di ortaggi.
Pomodori antichi |
I semi hanno una lunga storia da raccontare, non solo quella delle mani
in cui sono passati, ma anche la storia di innumerevoli generazioni di
agricoltori che fin dalla notte dei tempi hanno utilizzato, in modo
naturale, la genetica dei vegetali per ricavarne cibo, fibre per
tessere, coloranti e medicinali. Purtroppo dopo circa
diecimila anni di frammentarietà, varietà e fantasia l'agricoltura si è
imbucata nel tunnel d'una grandiosa monotonia. Non pìù terreni
coltivati con molte varietà di semi ma estese monoculture. Una filosofia
agricola che ha portato in primo piano i big della chimica con il loro
arsenale di fertilizzanti sintetici e pesticidi, affiancati dai
venditori di trattori che tormentano il suolo e dai fautori dei semi
ibridati. Qualche voce di opposizione che ha osato levarsi, denunciando i
danni che sarebbero derivati da questa tendenza, è stata subito messa a
tacere. Finché, a partire dagli anni Settanta, un parassita dei cereali
dimezza, in un' estate, il raccolto di mais e in Brasile le piantagioni
di caffè, orgoglio dei genetisti, vanno in fumo non solo per la cattiva
stagione ma soprattutto perché la ruggine delle foglie fa fuori le
superpiante senza pietà. In pratica è accaduto quanto già in molti
avevano previsto: quando il gene antimicrobico è messo fuori gioco
dalle mutazioni, il vegetale sarà facile vittima della malattia, e
1'appiattimento genetico farà diffondere il morbo per migliaia di
ettari.
Sarebbe bastato trarre insegnamenti dall'agricoltura di una volta:
biodiversità delle sementi, il concime quasi non occorreva, poca acqua e
le malattie quando colpivano si fermavano presto, provocavano pochi
danni e non isterilivano intere regioni. Invece, il risultato principe
dell' agricoltura della monotonia sta solo nel far dipendere la
nutrizione umana da appena trenta piante, otto delle quali coprono i tre
quarti del contributo che il regno vegetale offre al mantenimento
dell'umanità. Le campagne italiane sono un chiaro esempio di tale
politica. Che fine ha fatto il grano Rieti 11, resistente agli assalti della
ruggine? In Sicilia, durante gli anni Venti c'erano ben 42 varietà di
frumento duro, oggi siamo appena a una. L'impoverimento ha colpito anche
i vigneti e gli agrumeti siciliani. Questo fenomeno ha coinvolto anche
l'universo vegetale del Terzo mondo: i paesi industrializzati hanno
creato ibridi a più alta resa, che i paesi «sottosviluppati» sono
costretti ad acquistare, sostituendo le varietà autoctone selezionate dai
contadini, che per millenni hanno rifornito il cibo quotidiano. Gli
ibridi sono oltretutto sterili e quindi a ogni nuova semina occorre
rifornirsi di un nuovo stock. Per questo motivo è
indispensabile che anche in Italia inizino a operare nuovi salvatori di
semi. L'obiettivo? Cercare e salvare le numerose varietà locali che
lentamente cedono il passo alle biotecnologie. Noi non siamo fanatici
che vogliono il ritorno a un mondo forzatamente bucolico e non ci
occupiamo di piante provenienti dalle foreste vergini. Stiamo lavorando
per salvare vegetali assai comuni e in cui ci imbattiamo sempre, come
patate, pomodori, peperoni, lattughe, mele e altri utilizzati
dall'umanità come cibo. «A rischiare di sparire non sono chiaramente
questi prodotti anzi continueranno ad arrivare
sulle nostre tavole; a correre il pericolo della totale estinzione è la
loro biodiversità, mi riferisco soprattutto a quelle più antiche e
tradizionali che senza i Seed Savers sarebbero condannate a non lasciare
più traccia. Per esempio, delle 25 varietà di cocomero italiano
coltivate a inizio secolo ne resta solo una, «il moscadello a pasta
gialla». Le altre sono state sostituite con quelle provenienti dall'
America. Le varietà di broccolo scomparse sono invece 33 e ancora 400
varietà di frumento, centinaia di pomodori e meloni. Se non resteranno
semi antichi, sarà inevitabile consumare cibi prodotti da semi
manipolati, brevettati e che servono semplicemente a monopolizzare il
mercato e a pagare le royalties ai loro inventori. È in gioco la
biodiversità del pianeta. Noi dobbiamo rispondere incrementando la rete
di tutti i salvatori di semi scambiandoci piantine.