Chi si ricorda di Toninho Cerezo, al secolo Antonio Carlos Cerezo, il grande calciatore brasiliano di Roma e Sampdoria degli anni 80? Ebbene, Cerezo è il papà di Lea T. conosciuta top model e una delle ballerine protagoniste dell’ultimo “Ballando con le stelle” terminato qualche settimana fa. E proprio di lui, anzi … di lei parleremo. Eh, sì, perché lei, ovvero Lea T. era un “lui”. Intervistata da una giornalista si è confessata a tutto campo, parlando dell’intervento chirurgico che l’ha presentata al mondo col nome di Lea. Era un bambino di nome Leandro Medeiros, si trasferisce a un anno con tutta la famiglia in Italia, dove il padre gioca nella A.S.Roma dove trascorre l’infanzia e l’adolescenza. Dopo aver lavorato per qualche tempo come modello, a 25 anni riconosce la sua femminilità e intraprende il percorso che nel 2011 lo porta all’intervento chirurgico e al cambio di nome. << Mia madre fino all’ultimo ha cercato di dissuadermi. Cominciai delle cure ormonali e feci due piccole operazioni per farmi il seno e per femminilizzare i lineamenti del viso. Arrivai a Bangkok e cominciai a visitare le varie cliniche. Lì l’operazione costa meno che altrove, è la Disneyland dei trans. Se sei uomo puoi diventare donna o viceversa per 15 mila euro. Fisicamente ero pronto, non dicasi altrettanto dal punto di vista psicologico. Avevo degli attacchi di panico, non sapevo che fare. Poi mi sono detta: o adesso o mai più. Arrivò il fatidico giorno: l’8 marzo, la festa della donna. La sera prima mi guardo allo specchio e saluto il mio “coso”, lo ringrazio per i trent’anni passati insieme. La mattina, su una sedia a rotelle, mi portano verso la sala operatoria. Mi sveglio dopo quattro ore, mia madre è accanto a me, con la Bibbia in mano. Prega. Dopo qualche giorno iniziano le complicazioni: una necrosi, un’allergia agli antibiotici, dolore e morfina, morfina e dolore. Quando disinfettavo la ferita con i cotton fioc, urlavo. Tutte le mattine, dalle 9 alle 11, mi davano un dilatatore da spingere dentro a forza. … Ora è tutto passato, sto bene ho ricominciato a lavorare, ho sfilato a Milano e a Parigi. Per l’amore, beh … sto aspettando l’uomo giusto.>>
27/12/13
Vivere fino a 400 anni! Forse si sa come fare.
Pubblicato da
Vito Ienna
Riuscire a prolungare la propria vita ( chissà mai perchè dovremmo poi farlo!? ) fino a 400 anni: forse sapremo come fare! Pare che gli scienziati del Buck Institute in California abbiano eseguito degli studi davvero incredibili su di un verme, riguardo al prolungamento della vita. Non ci crederete ma i risultati ottenuti sono a dir poco sbalorditivi! Ogni essere umano o quasi, vorrebbero vivere di più dell’età prevista, ma forse è stata trovata la strada che potrebbe allungare la vita, fino ad arrivare a circa 400 anni.
Lo studio è stato effettuato su un verme di laboratorio che è stato geneticamente modificato, riuscendo dunque ad ottenere un risultato di vita allungata a quasi mezzo millennio! Pure sui topi sono stati fatti degli esperimenti similari: al momento l’aumento della vita di questi animali è stata ampliata del 30/40%, ma gli studiosi sono convinti che a breve riusciranno ad aumentare la percentuale.
Gli scienziati e ricercatori del Buck Institute in California, importante istituto di ricerca americano, hanno provato la manipolazione di due geni sui vermi, tra cui uno sente quanta insulina c’è a disposizione nel corpo e l’altro, invece, sente la quantità di aminoacidi.
Per dirla tutta i ricercatori si aspettavano un’estensione del 130% manipolandoli entrambi, invece l’esito ha dato un risultato del 500%, questo vorrebbe dire che se accadesse una cosa del genere su un corpo umano, la vita arriverebbe a 400 anni: pazzesco vero? Per poter provare questo esperimento sull’uomo, i ricercatori avrebbero bisogno di farmaci che diminuiscano i forti effetti collaterali che, questi studi provocano, perchè la strategia che vogliono provare è quella della limitazione calorica.
| vermi geneticamente modificati |
Gli scienziati e ricercatori del Buck Institute in California, importante istituto di ricerca americano, hanno provato la manipolazione di due geni sui vermi, tra cui uno sente quanta insulina c’è a disposizione nel corpo e l’altro, invece, sente la quantità di aminoacidi.
Per dirla tutta i ricercatori si aspettavano un’estensione del 130% manipolandoli entrambi, invece l’esito ha dato un risultato del 500%, questo vorrebbe dire che se accadesse una cosa del genere su un corpo umano, la vita arriverebbe a 400 anni: pazzesco vero? Per poter provare questo esperimento sull’uomo, i ricercatori avrebbero bisogno di farmaci che diminuiscano i forti effetti collaterali che, questi studi provocano, perchè la strategia che vogliono provare è quella della limitazione calorica.
A/H3 è arrivato, il primo virus influenzale della stagione 2013-2014
Pubblicato da
Lifarnur
I virus dell’influenza tendono a presentare ogni anno variazioni e proprio per questo si determina ogni anno l’epidemia influenzale che può interessare anche coloro che hanno già subito una infezione o che sono stati vaccinati l’anno precedente.
È possibile che la malattia abbia un decorso asintomatico, ma nella maggior parte dei casi i sintomi più comuni possono includere febbre, tosse, mal di gola, dolori muscolari e delle articolazioni, cefalea e malessere generale. Nei casi non complicati, normalmente, i sintomi si risolvono spontaneamente entro una settimana dall'esordio.Eccoci, è arrivato, riconosciuto e isolato: il primo virus influenzale di quest'anno. Lo hanno identificato e "schedato", come un vero ricercato, all'Ospedale Amedeo di Savoia, Torino, Piemonte.
Lo ha fatto il centro di Riferimento Regionale per la sorveglianza virologica dell'influenza coordinata dall'Istituto Superiore di Sanità. Si tratta di un virus di tipo A/H3, variante inserita nella formulazione del vaccino stagionale. Il virus è stato isolato sul campione di un paziente di 63 anni, ricoverato all'Amedeo di Savoia di Torino. E' il primo virus influenzale della stagione 2013- 2014.
Antipasto: filetti di calamaro crudo
Pubblicato da
Adriana
Vi propongo una ricetta sorprendente per un delizioso e originale antipasto adatto ad una cena a base di pesce: i filetti di calamaro crudo.
Il successo di questo piatto dipende dalla qualità degli ingredienti:
calamaro o calamari freschissimi, rigorosamente appena pescati; aceto bianco di ottima qualità, noi abbiamo usato dell'aceto di Chardonnay; scalogno tritato finemente; olio extravergine di oliva e sale.
Pulire il calamaro, aprirlo e tagliare delle fettine di circa 4 o 5 cm, con il coltello per sfilettare assottigliate le fettine il più possibile (un paio di mm) e disponete queste "foglie" su un piatto da portata.
Preparare un intingolo lasciando macerare lo scalogno tritato finemente nell'aceto bianco e un pizzico di sale per circa un ora.
Soltanto prima di servire in tavola spalmare l'intingolo sulle foglie di calamaro e condire con l'olio d oliva; servite con crostini caldi: buon appetito.
Commozioni cerebrali: che ruolo svolge l’Alzheimer?
Pubblicato da
Vito Ienna
Commozioni cerebrali, traumi cranici e rischio malattie degenerative, come l'Alzheimer. Già da qualche tempo nei “salotti” competenti si parla di questo probabile legame, infatti nel settembre scorso correva la notizia che i giocatori professionisti di football fossero esposti al rischio di sviluppare malattie neurodegenerative come Alzheimer e Sla fino a 3/4 volte in più rispetto a quello presente nella popolazione in generale.
Tra le tante ipotesi proposte dagli studiosi per dare una spiegazione a tutto ciò, ne spicca una in particolare non confermata, che all'origine di quanto detto sopra, potesse esserci una maggior frequenza nei giocatori di football di commozioni cerebrali. Oggi uno studio pubblicato su Neurology aggiunge nuovi dettagli sul possibile legame tra danni cerebrali e malattie neurodegenerative.
Per la loro ricerca gli scienziati guidati da Michelle Mielke del Mayo Clinic di Rochester hanno analizzato le scansioni cerebrali di quasi 600 persone, 141 dei quali con problemi di memoria e difficoltà cognitive (una condizione generalmente definita di deterioramento cognitivo lieve), registrando anche quanti di loro avevano avuto dei danni cerebrali con perdita di coscienza o memoria.
Analizzando i risultati, gli scienziati hanno trovato più placche amiloidi solo nel gruppo di persone con problemi cognitivi. In particolare quelli con problemi di memoria e che avevano riferito storie di trauma cranici passati avevano circa il 18% in più di placche amiloidi di quelli che non avevano avuto traumi. Dati che se da una parte "aggiungono valore all'idea che la commozione cerebrale e l'Alzheimer possano essere correlate", ha commentato Mielke, dall'altro non chiariscono che tipo di legame ci sia, come precisa la ricercatrice: "Il fatto che non abbiamo trovato un legame in quelli senza problemi cognitivi o di memoria suggerisce che qualsiasi associazione tra trauma cranico e placche amiloidi è complessa."
Tra le tante ipotesi proposte dagli studiosi per dare una spiegazione a tutto ciò, ne spicca una in particolare non confermata, che all'origine di quanto detto sopra, potesse esserci una maggior frequenza nei giocatori di football di commozioni cerebrali. Oggi uno studio pubblicato su Neurology aggiunge nuovi dettagli sul possibile legame tra danni cerebrali e malattie neurodegenerative.
| Scansioni cerebrali |
Analizzando i risultati, gli scienziati hanno trovato più placche amiloidi solo nel gruppo di persone con problemi cognitivi. In particolare quelli con problemi di memoria e che avevano riferito storie di trauma cranici passati avevano circa il 18% in più di placche amiloidi di quelli che non avevano avuto traumi. Dati che se da una parte "aggiungono valore all'idea che la commozione cerebrale e l'Alzheimer possano essere correlate", ha commentato Mielke, dall'altro non chiariscono che tipo di legame ci sia, come precisa la ricercatrice: "Il fatto che non abbiamo trovato un legame in quelli senza problemi cognitivi o di memoria suggerisce che qualsiasi associazione tra trauma cranico e placche amiloidi è complessa."
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