Il-Trafiletto
Visualizzazione post con etichetta trapianti. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta trapianti. Mostra tutti i post

20/04/14

La carta d’identità dirà se siamo o no donatori di organi.

Potrebbe diventare presto realtà la possibilità di indicare sul proprio documento la volontà di donare i propri organi in caso di decesso. Ad annunciarlo è il Movimento Cinque Stelle, che rende noto il recepimento, da parte del Governo, di un Ordine del Giorno, a prima firma Matteo Dall'Osso, approvato dalla Camera il 25 luglio 2013. Non ci sono scadenze previste, fa sapere il Governo, ma il decreto interministeriale prevede che il Comune invii al Sistema informativo trapianti (Sit) "l'informazione relativa al consenso o al diniego alla donazione di organi e tessuti, eventualmente espresso dal cittadino maggiorenne in sede di rilascio del documento". In realtà un decreto di questo tipo già c’era. Ripercorriamo i fatti. Il 30 dicembre 2009 il decreto legge numero 194 introduceva una bella novità: anche la carta d’identità può contenere l’indicazione del consenso ovvero del diniego a donare i propri organi in caso di morte. Peccato che quella legge non prevedeva le modalità di trasmissione dei dati (consenso o diniego) dal Comune al SIT-Sistema Informativo Trapianti: in parole povere l’ufficiale delle anagrafe che raccoglieva le volontà del cittadino, poi non era obbligato a inserire questa informazione nel SIT e quindi l’informazione restava lì, nel Comune dove era stata raccolta, risultando di fatto assolutamente inutile. Tre anni e mezzo dopo, finalmente, arriva una norma che colma quella lacunosa normativa e dice che l’inserimento della volontà sulla carta d’identità deve contestualmente essere inserita nel SIT. E dopo tre anni e mezzo solamente in tre Comuni si è attuato questo decreto: Perugia, Terni e Cesena. Ci sono poi altri 106 comuni che stanno lavorando in tal senso. Tutti i Comuni d’Italia sono circa 8mila: al ritmo di un Comune ogni 14 mesi, come è stato fin’ora, arriveremo a poter esprimere tutti la nostra volontà in Comune fra 9.333 anni.

25/02/14

Cellule della pelle trasmormate in cellule del fegato

Ecco un altro successo della ricerca, pelle umana che si trasforma in fegato? Si ma sono cellule della pelle che vengono "costrette" a trasformarsi in cellule epatiche.

Sviluppata una tecnica che converte le cellule della pelle umana in cellule del fegato capaci di maturare e di ripopolare l'organo, almeno nei topi. Lo studio della University of California di San Francisco e' stato pubblicato sulla rivista 'Nature'.

Finora, la conversione di cellule somatiche di un paziente in cellule capaci di maturare e rigenerare il fegato e' stata una sfida aperta. Holger Willenbring e colleghi hanno descritto nel nuovo studio una strategia per la conversione delle cellule della pelle umana (fibroblasti) in epatociti del fegato, evitando di dover prima passare per uno stadio di pluripotenza indotta.

Gli autori hanno infatti generato e indotto cellule progenitori allo stato multipotente, da cui poter generare progenitori di cellule endodermiche, ossia quelle che formano il tessuto embrionale e fanno sorgere gli organi delle viscere. Queste cellule possono poi essere convertite in epatociti. Dopo il trapianto in un modelli murino immuno-deficiente di fegato umano danneggiato, questi epatociti proliferavano e acquisivano livelli di funzionalita' simili a quelli delle cellule epatiche adulte primarie.                                                                                                        fonte (AGI)

22/10/13

La calvizie ha le ore contante! I follicoli coltivati adesso funzionano.

La calvizie ha le ore contante! I follicoli coltivati adesso funzionano. Il team di ricerca facente parte del centro medico della Columbia University è riuscito nell'impresa per la prima volta al mondo di dare vita prima e di trapiantare dopo con successo nuovi follicoli di capelli umani, creando i presupposti per la soluzione di quella che potrebbe essere una cura contro la calvizie.
Calvizie o alopecia

Le cure contro l'alopecia (causata all'invecchiamento, ma anche da eventuali ustioni o cicatrici) hanno ad ora avuto effetti alquanto limitati. Tutto ciò perché si limitavano a stimolare i follicoli già esistenti e a trapiantarli da una zona all'altra dell'epidermide.
I tentativi di coltivare nuovi follicoli, invece, fallivano, poiché il tessuto prelevato dalle papille dermiche, le cellule che stanno alla base dei capelli, una volta messo a coltura, si trasformava in normali cellule epidermiche. Questo nonostante nei topi la crescita e il trapianto di nuovi follicoli fosse ottenibile senza problemi.
L'équipe guidata dai professori Colin Jahoda (professore di ricerca sulle cellule staminali all'Università di Durham, Gran Bretagna) e Angela Christiano ha osservato che nei roditori le papille dermiche tendono ad aggregarsi spontaneamente in grumi tridimensionali, a differenza di quelle umane. Ha quindi dedotto che potessero essere queste aggregazioni a stimolare la pelle a produrre nuovi follicoli, e che spingendo le cellule umane ad aggregarsi si sarebbero potuti ottenere risultati.
Per verificare l'ipotesi, i ricercatori hanno prelevato papille dermiche umane da sette donatori, e le hanno clonate e coltivate in vitro in modo da formare strutture tridimensionali. Questi aggregati sono stati trapiantati tra il derma e l'epidermide di pelle umana innestata su topi da laboratorio. In cinque casi su sette il trapianto ha provocato la crescita di nuovi capelli. Un'analisi del DNA ha confermato che si trattava di capelli umani corrispondenti al codice genetico dei donatori. "Il nostro metodo è l'unico ad avere il potenziale di far crescere nuovi follicoli a partire dalle cellule del paziente", ha dichiarato al dottoressa Christiano. "Questo potrebbe ampliare molto la possibilità di interventi chirurgici per curare la calvizie nelle donne e nei pazienti più giovani, che hanno un numero insufficiente di follicoli da trapiantare".
Perché il metodo possa essere applicato sono ancora necessarie numerose verifiche sulla qualità dei nuovi capelli e sull'interazione tra le papille dermiche e la pelle che le ospita. Tuttavia i ricercatori sono ottimisti sulla possibilità di testare clinicamente una terapia nel prossimo futuro.
Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Italia.