Il-Trafiletto
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24/03/14

Roma | 24 marzo 1944 - 24 marzo 2014: settanta anni esatti dall'eccidio delle Fosse Ardeatine.

Settant’anni esatti dalla strage delle Fosse Ardeatine. Infatti il 24 marzo 1944, a Roma, venne perpetrato uno dei massacri più atroci e criminali non solo della Seconda Guerra Mondiale, ma di tutto il Novecento in Italia. Da sempre, infatti, sentiamo parlare delle Fosse Ardeatine come di un simbolo dell’assurdità della guerra, come una supremazia del male nella sua natura, che non si arresta neppure di fronte ai deboli e agli indifesi, anzi si accanisce proprio contro di loro. Furono 335 i morti nella strage delle Fosse Ardeatine: oggi tutti li ricordano, ma pochi, soprattutto tra i più giovani, sanno bene il perché. Perché l'eccidio delle “ Fosse Ardeatine”? A Roma, nelle vicinanze di via Ardeatina, le cave di tufo presenti nella zona settant’anni fa furono il teatro dell’esecuzione da parte dei generali nazisti dei 335 cittadini italiani, alcuni civili, altri militari. Un evento che ha reso quest’area uno dei monumenti nazionali, simbolo della Resistenza in Italia e soprattutto nella Capitale. Infatti Dopo l’8 settembre 1943, l’Italia era nel pieno della guerra civile e Roma, dichiarata città aperta nell’agosto dello stesso anno, era in balia dei raid nazisti, con i gruppi spontanei di partigiani a creare un’opposizione via via sempre più diffusa e organizzata alle calcagna dei tedeschi. LA STORIA.Per contrastare questa crescente ondata di terrore e terrorismo da parte delle truppe naziste, i nascenti gruppi partigiani si organizzarono per una rappresaglia il 23 marzo del 1944, cioè nel venticinquesimo anniversario della nascita dei Fasci di combattimento da parte di Benito Mussolini. Così, nella data stabilita, una bomba con 18 chilogrammi di esplosivo fece fatta scoppiare in via Rasella, nel centro di Roma, uccidendo ben 32 ufficiali tedeschi del battaglione “Bozen” sotto indicazione del noto antifascista Giorgio Amendola, abituato a vedere marciare i militari nazisti in quelle zone. LA REAZIONE TEDESCA. I nazisti organizzarono una ritorsione inaudita, uno dei crimini di guerra più feroci mai registrati in Europa: i marescialli hitleriani arrivarono alla conclusione che per ogni ufficiale rimasto vittima dell’attentato, sarebbero stati uccisi dieci italiani. La popolazione e i gruppi combattenti vennero tenuti all’oscuro fino all’ultimo: non fu intimato ai responsabili di consegnarsi per evitare azioni eclatanti, né vennero diramati avvertimenti pubblici. L’ordine di questa orribile esecuzione partì dal generale Kurt Mälzer, comandante militare in quel periodo a Roma e primo ad arrivare sul posto dopo lo scoppio della bomba partigiana, insieme al questore filofascista Caruso. A occuparsi delle operazioni, venne chiamato il colonnello delle SS Herbert Kappler, uno degli ufficiali più spietati, che aveva già legato il proprio nome a episodi cruenti in quei mesi difficili nella Capitale. Furono loro a intavolare le trattative con il Reich, da una parte, e la Repubblica di Salò, dall’altra, trovando il supporto delle autorità fasciste ancora insediate. LE VITTIME.Inizialmente, si pensò di ricorrere ai condannati a morte come vittime di questa strage predeterminata a scopo intimidatorio, dopo l’atto ostile compiuto dai partigiani. Poi, accortisi dell’insufficienza dei numeri tra coloro in attesa di pena capitale, la lista arrivò presto a comprendere ebrei, antifascisti, “noti comunisti”, militari complici dell’arresto di Mussolini il 25 luglio del 1943, e 50 detenuti dal carcere di Regina Coeli, alcuni indicati dai fascisti, altri presi sommariamente per far quadrare i conti, più sacerdoti, professori, partigiani, cittadini "colpevoli" per il loro essere antifascisti. LA STRAGE. Tra le 12 e le 20 del 24 marzo 1944, 335 persone furono trasportate alle cave di tufo in via Ardeatina e qui fucilate in 67 turni di esecuzioni,cinque alla volta, una vera e propria carneficina, con i racconti da pelle d’oca, tra montagne di cadaveri e soldati imprecisi a sparare che infieriscono sui corpi delle vittime. La lista delle vittime venne affidata al capitano Priebke, il quale si occupò personalmente di verificare che gli ordini fossero eseguiti. I RESPONSABILI. Kappler e Priebke,a distanza di anni uno dall’altro, furono condannati all’ergastolo, mentre il generale Albert Kesserling venne condannato a morte, condanna poi commutata nel carcere a vita. Priebke è morto pochi mesi fa, a Roma. La strage delle Fosse Ardeatine è stato un crimine di violenza inaudita, realizzato da un regime in decadenza che stava cercando di ribaltare con le atrocità la china di un conflitto che lo vedeva ormai battuto. Solo una scarsa conoscenza dei fatti, o una rilettura fugace e opportunistica, può affermare il contrario. Anche se, negli ultimi anni, di opinioni strambe che hanno trovato cittadinanza in Italia, se ne sono sentite, purtroppo, parecchie.

20/03/14

Eccidi del 1944 nell'appennino tosco-emiliano: confermati tre ergastoli.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della procura generale militare confermando la condanna all'ergastolo per gli ex nazisti della divisione "Herman Goering" accusati delle stragi sull’Appennino tosco-emiliano nella primavera del 1944, dove in una delle quali, e precisamente quella del Monte Falterona, tra le province di Firenze e di Arezzo, vennero uccise 200 persone tra uomini, donne e bambini. La Prima sezione penale è intervenuta così sulla decisione della Corte militare d'appello di Roma del 26 ottobre 2012, confermando gli ergastoli per Hans Winkler, Alfred Luhmann e Wilhelm Stark. La Corte ha anche disposto un nuovo processo di appello per altri 2 militari e due eccidi rimasti senza colpevoli: Monte Morello (la più alta montagna della cosiddetta “conca” fiorentina) e Mommio di Fivizzano (in provincia di Massa Carrara). Nel frattempo uno degli imputati, Ferdinand Osterhaus, è morto. Si riapre così dopo 70 anni di distanza il capitolo giudiziario per le quattro stragi naziste. Un nuovo processo d’appello dovrà accertare le responsabilità dei cinque ex militari nazisti, tutti novantenni. Tre di questi per due degli eccidi dei resistenti (tra cui molte donne, anziani e bambini) sono già stati condannati all’ergastolo dalla corte d’appello militare di Roma, il 26 ottobre del 2012: sentenza che ieri sera (19 marzo) è diventata definitiva appunto per decisione della prima sezione penale della Suprema Corte. Il nuovo processo sarà celebrato per accertare le responsabilità per gli eccidi di Monte Morello e quello di Mommio di Fivizzano, finora rimaste senza colpevoli. Mentre per la strage di Monchio,Susano e Costrignano sull’Appenino modenese (oltre 150 morti), del 18 e 20 marzo 1944, della quale proprio in questi giorni ricorrono i 70 anni, e per l’eccidio del monte Falterona del 13 e 18 aprile, andrà valutato se ci sono ulteriori responsabilità oltre a quelle accertate. Gli imputati che dovranno tornare alla sbarra, sono l’allora capitano dell’esercito tedesco Helmut Odenwald, di 95 anni; l’ex tenente Erich Koeppe (95), assolti in appello per i quattro capi d’imputazione, e il sottotenente e medico della divisione Hans Georg Karl Winkler (92), il caporale, poi sergente, Alfred Luhmann (89) e il sergente Wilhelm Stark (93), condannati all’ergastolo. Sono venti le parti civili, tra cui la presidenza del Consiglio, le Regioni Emilia-Romagna eToscana, Anpi e i Comuni interessati.
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