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12/02/14

Svizzera | Il referendum di domenica ha detto sì alle quote per stranieri

Gli svizzeri hanno approvato un referendum "contro l'immigrazione di massa", promosso dall'Unione democratica di centro: i sì hanno raggiunto il 50,3%. Lo ha riferito l'agenzia di stampa svizzera Ats. La proposta avallata porrà un tetto massimo di permessi per gli stranieri, inclusi limiti per i frontalieri, e la rinegoziazione degli accordi bilaterali sulla circolazione di cittadini Ue all'interno dei confini. L'esito ha spaccato la cittadinanza. I risultati definitivi infatti sono giunti al termine di un testa a testa che ha tenuto col fiato sospeso il Paese per tutto il pomeriggio. Complessivamente, la Svizzera francofona ha tendenzialmente votato contro l'iniziativa, mentre in Ticino e nei Cantoni di lingua tedesca la maggioranza (all'incirca il 70%) ha votato a favore. Secondo i dati definitivi, l'iniziativa l'ha spuntata con sole 19.516 schede, ottenendo 1.463.954 voti favorevoli, contro 1.444.438 voti contrari. A schierarsi a favore un totale di 17 cantoni, tra cui il Ticino con la più alta percentuale di Sì (68,17%). Nove i cantoni contrari. Dalla Francia plaude al risultato il leader del Front National francese Le Pen che su twitter ha scritto: “La Svizzera dice di no all'immigrazione di massa, bravi! L'Unione europea manderà i carri armati?” Dall’Italia il leghista Salvini promuove l'iniziativa di Berna. "Bene - ha affermato su Twitter il segretario della Lega Nord - Presto un referendum anche in Italia promosso" dal Carroccio. Opinioni contrarie giungono da Bruxelles. La Commissione europea "si rammarica del fatto che un'iniziativa per l'introduzione di limiti quantitativi all'immigrazione sia stata approvata. Questo va contro il principio della libera circolazione delle persone tra la Ue e la Svizzera". Anche il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz si è dichiarato contro il risultato del referendum: “ Un sì alla quote sugli immigrati comunitari in Svizzera rischia di essere sfruttato dai populisti in vista delle elezioni europee di fine maggio. Ancora dall’Italia Il ministro degli Esteri, Emma Bonino, sostiene che "l'impatto del referendum svizzero sulla libertà di circolazione è molto preoccupante: sia per quanto riguarda l'Italia sia per gli accordi con la Unione europea", tra cui quelli fiscali. La questione sarà discussa mercoledì dal Consiglio Ue. C'è preoccupazione anche tra i frontalieri italiani, che temono di perdere il loro posto di lavoro. La Svizzera ad oggi ospita circa 8 milioni di stranieri, pari a circa il 23% della popolazione. Tra gli immigrati, gli italiani sono i più numerosi.

11/12/13

Micorsoft dà la scalata a Skype

Micorsoft non si accontenta, dopo Nokia, ecco che concorre all'acquisizione di Skype. Così oggi il Tribunale Ue ha dato  il suo assenso all'acquisizione  in quanto compatibile con le norme del mercato unico europeo.  La fusione dei due colossi informatici non restringe la concorrenza né nel mercato delle videochiamate per il grande pubblico né in quello delle comunicazioni per le imprese. Lo ha chiarito il Tribunale Ue, con la sentenza 11 dicembre 2013, nella causa T-79/12, bocciando il ricorso di Cisco Systems Inc e Messagenet SpA.  Si tratta infatti di settori soggetti ad una espansione talmente rapida, osservano i giudici di Lussemburgo, per cui tali quote possono rivelarsi “effimere”.
Skype-Microsoft

Bocciato anche l’argomento relativo al mercato delle comunicazioni per le imprese dove Microsoft potrebbe riservare al suo prodotto Lync un’interoperabilità preferenziale con Skype a discapito dei suoi concorrenti. Si tratta, osserva la Corte, di un pericolo soltanto teorico e ancora non attuale.  Nel settembre 2011 Microsoft aveva notificato alla Commissione l’intenzione di acquisire il controllo di Skype. La Cisco e la Messagenet, che forniscono servizi e software di comunicazione via Internet per le imprese ed il grande pubblico, hanno subito reagito inviando alla Commissione osservazioni volte a dimostrare gli effetti anticoncorrenziali della fusione. Nell’ottobre 2011, però, la Commissione ha dichiarato la concentrazione compatibile con il mercato interno. Da qui il ricorso di Cisco e Messagenet dinanzi al Tribunale per chiedere l’annullamento della decisione.  Non solo, Microsoft non è altrettanto forte nel segmento tablet e smartphone – dove fra l’altro ci sono analoghe concentrazioni - che insistono sul medesimo mercato. Per cui qualsiasi tentativo di aumentare i prezzi potrebbe indurre i consumatori a cambiare piattaforma.  A proposito, invece del mercato business, il Tribunale ricorda, in primo luogo, che una concentrazione può essere dichiarata incompatibile con il mercato interno solo se nuoce in modo diretto ed immediato alla concorrenza. Mentre la supposta interoperabilità preferenziale di Lync con Skype, entrambi Microsoft, ed il relativo successo dell’operazione sono ancora tutti da dimostrare. Non solo, Skype non consente alle imprese di rivolgere proposte commerciali ai suoi utenti, i quali si servono di norma di uno pseudonimo e possono essere contattati unicamente previa autorizzazione. Mentre i clienti potranno sempre liberamente contattare via Skype le imprese (anche se prive del sistema Lync e i Skype). Infine, il Tribunale sottolinea che nel settore imprese vi sono già ampie concentrazioni, come per esempio quella di Cisco, la quale, di per sé sola, detiene una quota di mercato maggiore di Microsoft. Una condizione che riduce considerevolmente la capacità di Microsoft di ostacolare la concorrenza in tale mercato. Per tutte queste circostanze il Tribunale ha respinto integralmente il ricorso della Cisco e della Messagenet.

06/12/13

Dopo la maxi multa le banche rischiano la class action.

Dopo la maxi-multa da 1,71 miliardi di euro complessivi che si è abbattuta sulle banche, adesso le stesse rischiano di trovare dietro l’angolo anche il provvedimento di class action nei loro confronti: così la Commissione Europea ha sanzionato nei confronti di 6 grandi istituti di credito internazionali per aver manipolato, tramite la costituzione di due cartelli, i tassi interbancari Euribor e Tibor in yen utilizzati in mutui immobiliari e derivati. A fare da cassa di risonanza alla multa comminata a questi istituti di credito, potrebbe giungere una seconda batosta, nel caso in cui le autorità europee dovessero decidere di rimborsare gli eventuali danni ai clienti di prodotti finanziari, come i prestiti o i mutui ancorati all'Euribor. Ma non finisce qui: non è detto che ci sia finanche la possibilità di ulteriori cause civili e class action direttamente dai cittadini interessati.
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Commissione Europea
«È ancora troppo presto per capire se saranno previsti dei risarcimenti per i consumatori», commenta Vincenzo Somma, direttore della divisione finanziaria di Altroconsumo. Secondo Somma, la strada delle class action è lunga e costosa: «Meglio sperare che siano le stesse autorità europee a intervenire, chiedendo alle banche di restituire il maltolto, ovvero gli interessi i cui tassi sono stati manipolati, senza necessità di intentare cause collettive da parte degli utenti danneggiati».

Viene da chiedersi quanto sia probabile una simile eventualità. Somma si dice fiducioso: « Se dovessi guardare al sistema giuridico italiano sì, sarebbe difficile. Ma ripongo le speranze nell'Europa, che è spesso contraddistinta da dinamiche di grande pragmatismo quando si tratta di intervenire su questioni del genere».

Il responsabile di Altroconsumo ritiene che la decisione della Commissione, e lo scandalo che ne consegue, minino ulteriormente la fiducia degli utenti nel settore finanziario. «I consumatori sono sfiduciati già dal 2008. Movimenti come Occupy Wall Street fanno di tutta l'erba un fascio, ma poi arrivano sentenze come questa che forse danno loro ragione. La multa potrebbe, certo, restituire fiducia almeno nelle istituzioni di vigilanza; ma potrebbe anche essere un boomerang se alla fine dei conti gli utenti danneggiati non ricevessero alcun rimborso».

Più critico il parere di Antonio Tanza, avvocato e vicepresidente di Adusbef, che ritiene l'ultima sentenza soltanto la punta dell'iceberg: «È già da due anni che lavoro su casi simili. Mi aspetto che a gennaio o febbraio vengano emessele prime sentenze civili in Italia su questo tema». Secondo Tanza, il punto è che i tassi «non dipendono da criteri oggettivi ma vengono fissati su un parametro soggettivo, basato sul parere del funzionario addetto e fissato ex ante da un panel di banche, in piena violazione della normativa antitrust che vieta le intese tra imprese».

D'altro canto, a settembre lo stesso commissario ai servizi finanziari, Michel Barnier aveva affermato che «questa situazione non può andare avanti», perché con con lo scandalo Libor e Euribor «le banche hanno mentito sui tassi applicati e l'indice stesso è stato falsato, e l'impatto di questa manipolazione ha cifre enormi, perché Il volume di mercato cui si applicano questi indici sistemici è di mille trilioni».

Nel citare Barnier, Tanza non ha dubbi: l'illegalità di fondo darebbe il diritto a tutti i cittadini e alle imprese che abbiano sottoscritto finanziamenti o leasing legati ai tassi incriminati di fare causa alle banche, anche a quelle che non rientrano nella cerchia dei 6 istituti multati. «Qualsiasi contratto – afferma – appare irrimediabilmente nullo per violazione della normativa antitrust. Alla banca va restituita la sola componente capitale del debito, al netto di ogni spesa o competenza, secondo il piano di ammortamento originario. E nessun interesse è dovuto», conclude Tanza.



04/12/13

"Ma come si permette" Letta risponde a Rehn

Ieri tutti i quotidiani hanno riportato la notizia del parere che il vice presidende della commissione europea agli affari economici Olli Rehn (vedi qui), ha espresso da Bruxelles, riguardo al bilancio italiano. Un parere personale, convinto che la Finanziaria messa a punto da Letta e Saccomanni non ci consenta margini di manovra e che per di più debba essere corretta sul fronte del debito.
L'accusa ha provocato durissime reazioni, e il primo a intervenire è stato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: "A livello delle istituzioni europee si impone una correzione di rotta e un impegno nuovo per promuovere la crescita e l'occupazione".
Ma la replica più dura è arrivata dal presidente del Consiglio, Enrico Letta. Una dichiarazione secca con un inusuale "non si deve permettere". Letta ha stigmatizzato l'eccesso di scetticismo del commissario europeo: "Olli Rehn da commissario Ue deve essere garante dei Trattati europei e lì "la parola scetticismo non c'è: quindi non può permettersi di esprimere un concetto di scetticismo" a proposito dell'Italia, "deve parlare di stabilità, equilibro finanziario. 

Olli Rehn
Una cosa che Rehn non ricorda è che "noi e la Germania siamo gli unici Paesi che da 3 anni di fila stiamo sotto il 3%, gli altri grandi Paesi europei no. Questo è un impegno che va premiato e non frustrato". Certo, sottolinea Letta, nonostante i segnali di ripresa, la strada è ancora lunga: "Abbiamo i primi segni di ripresa, ma abbiamo ancora l'onda lunga che sta lasciando disastri sociali. I primi segni di ripresa non sono percepiti dalle persone in difficoltà, ma la scelta di dire l'anno prossimo l'1% di crescita è una scelta assennata e possibile. Dobbiamo lavorarci, ma è una scelta alla nostra portata"
Poi ha aggiunto: "Io che sono europeista convinto voglio mettere in guardia dal rischio avvitamento dell'Europa: il 2014 sarà l'anno dell'Europa, l'anno in cui o fa un passo avanti o si avvita, non bisogna dare l'Europa per scontata".
Sorpreso da tanto clamore il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni : "Non c'e nulla di nuovo in quello che ha detto. Dalla Ue non è arrivata nessuna richiesta di misure correttive. Gli uffici di Rehn ci hanno contattato: si è trattato di un'intervista concordata da tempo con i giornali europei"


03/12/13

Olli Rehn: "Non bastano le buone intenzioni del governo italiano su privatizzazioni e spending review"

Olli Rehn, vice presidente della Commissione europea, accusa l'ITalia: "l'Italia non sta rispettando un certo ritmo di riduzione del debito, privatizzazioni e spending review, per ridurre il debito"

BRUXELLES - Ho preso nota delle buone intenzioni del governo italiano su privatizzazioni e spending review. Ma lo scetticismo è un valore profondamente europeo. E io ho il preciso dovere di restare scettico, fino a prova del contrario. In particolare per quanto riguarda i proventi delle privatizzazioni e i loro effetti sul bilancio del 2014". Parla così Olli Rehn, vicepresidente della Commissione europea e responsabile per gli affari economici.
    
Olli Rehn, vice presidente della Commissione europea



Rehn resta convinto che la Finanziaria messa a punto da Letta e Saccomanni non ci consenta margini di manovra e che per di più debba essere corretta sul fronte del debito. 

Ma si dice anche pronto a ricredersi se, entro febbraio, il governo fosse in grado di presentare dati concreti sui tagli effettivi di spesa e introiti delle privatizzazioni. Che cosa non la convince nel piano di stabilità e nella legge finanziaria italiana? "Per quanto riguarda il deficit, l'Italia è in linea, anche se di poco, con il criterio del tre per cento e questo ha consentito al Paese di uscire dalla procedura per deficit eccessivo che è importante per la sua credibilità sui mercati finanziari. Inoltre l'Italia deve rispettare un certo ritmo di riduzione del debito, e non lo sta rispettando. Per farlo, lo sforzo di aggiustamento strutturale avrebbe dovuto essere pari a mezzo punto del Pil, e invece è solo dello 0,1 per cento. Ed è per questo motivo che l'Italia non ha margini di manovra e non potrà invocare la clausola di flessibilità     fonte
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