A
Mae Sot la
tolleranza è una necessità! Vi è un
posto nel
pianeta che si trova esattamente al confine fra la
Thailandia e la
Birmania, dove vivono
esseri umani, un
popolo speciale, un
popolo che ha subito un furto, un
popolo a cui hanno
trafugato un tesoro inestimabile: il loro
futuro!
Sono a decine di migliaia i
rifugiati politici e i
profughi birmani che sin dagli anni '80 a seguito degli
scontri fra le
minoranze etniche in particolar modo di
etnia Karen e la
dittatura militare del paese birmano, hanno
illegalmente varcato il confine stabilendosi in
Thailandia e con il trascorrere del tempo, hanno ottenuto lo
stato di rifugiati, lavorando per lo più come
braccianti agricoli.
La
situazione che si è venuta a creare negli ultimi decenni in questa
area della Thailandia, abbinata alla
povertà delle
strutture in cui questo
popolo si è stabilito, è
affascinante e
preoccupante al tempo stesso.
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Mae Sot |
Preoccupante perché i
birmani in Thailandia vivono in
condizioni di indigenza, non possono
lavorare regolarmente nel
paese che li ospita perché
privi di visto o
cittadinanza, così come non possono godere delle
strutture sanitarie e di altri
diritti quali il
riconoscimento a livello internazionale degli
studi svolti negli
accampamenti.
Affascinante perché, nella loro
semplicità, vivono in
villaggi dove la
natura è padrona, e hanno saputo creare, anche grazie alle
associazioni umanitarie presenti sul posto, forme di
collaborazione sociale nuove e attive.
A circa 60 chilometri a nord di
Mae Sot è possibile, previo preventivo
permesso e superando un blando
posto di blocco, raggiungere
Mae La, il più grande dei
campi profughi della zona, che oggi conta una popolazione di circa 50.000
birmani rifugiati. Le
statistiche sono tuttavia incerte. Da tempo infatti il
governo thailandese ha terminato la consegna dei numeri che sanciscono lo
stato di rifugiato e che qui fra la
popolazione del campo vengono scambiati in una sorta di "
mercato nero" per
garantirsi alcuni privilegi, tuttavia siamo ormai alla
seconda generazione di
nati in terra straniera.
Aperto nel 1984,
Mae La offre una
vista eccezionale all'arrivo. Composto da centinaia di
baracche di
bambù con tetti di
foglie ordinatamente sistemate ai piedi della
montagna nel mezzo di una vegetazione tropicale, il
campo ospita oggi anche i
figli dei figli dei
primi rifugiati,
bimbi che scorrazzano
felici a
piedi nudi per le
strade sterrate, ignari delle loro
origini e senza una
precisa appartenenza futura.
Sebbene a gennaio 2012 il
Governo dell'unione birmana abbia firmato un
preliminare trattato di "
cessate ostilità" con il
Karen National Union (ancora in corso di negoziazione), teoricamente ponendo così fine all'origine della
diaspora, e nonostante la situazione in
Myanmar sia negli ultimi anni leggermente migliorata, con la riabilitazione del
premio nobel per la pace Aung San Suu Kyi, oggi a capo dell'opposizione, i
birmani thailandesi hanno ancora paura a
rientrare nelle loro terre. Molti di loro, la seconda e terza
generazione, non sentono in realtà nemmeno l'esigenza di tornare, perché sono nati in queste zone, sulle quali però non hanno
diritti.