Il-Trafiletto
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16/05/14

Il rinvaso più difficile della storia

Pronti a parlare di un altro fantasy? Dopo gli elfi che camminano sulla neve eccoci pronti a mettere da parte queste creature immortali per restare un po' più con i piedi per terra. Oggi vi parlerò di Lumina di Kai Meyer.
Lumina
Lumina

Siamo nel 1257. Corax di Wildenburg, ex cavaliere, vive in una foresta solitaria e selvaggia insieme alla giovane figlia Libuse, la quale possiede la conoscenza della magia elementale, che ha come guarda del corpo un feroce cinghiale di nome Ombranotte. I contatti con il mondo esterno si limitano a quelli commerciali con il vicino monastero circense, dove vive Aelvin, innamorato di Libuse a cui sta un po' stretta la vita sacerdotale. Una notte presso il monastero giunge Alberto di Lauingen, chiamato Alberto Magno, il priore del convento dei domenicani di Colonia. Insieme a lui una misteriosa ragazza ferita di nome Favola. I due sono inseguiti dai soldati dell'Arcivescovo di Colona per ciò che portano con loro: la Lumina, ultimo esemplare sopravvissuto del Paradiso terrestre. La leggenda vuole che se la Lumina venisse riportata ne luogo d'origine farebbe rifiorire il leggendario giardino dell'Eden.

Come potete aver notato dalla trama, questo libro è un fantasy solo marginalmente in quanto manca delle caratteristiche creature del genere, mantenendo comunque degli elementi fantastici. Sarebbe meglio definirlo un romanzo storico con incursioni fantasy che un vero e proprio fantasy, ma a noi le etichette non interessano giusto? Noi vogliamo sapere com'è questo discreto mattonicino.

Kai Meyer
Kai Meyer
Per chi è abituato al genere fantasy e ne ha letti molti, Lumina può stonare un po', dando l'impressione di essere costruito a tavolino, un po' infantile forse, quasi leggero a volte. I personaggi sono affrontati e descritti ma mai realmente approfonditi, tranne forse per Gabriele di Goldau. Si, in questo caso sono di parte, è stato il mio personaggio preferito.

Il romanzo è ben scritto e scorrevole, con un buon equilibrio tra l'azione e il tema amoroso tra i personaggi. Le incursioni nel piano religioso, con i riferimenti all'Eden potrebbero far storcere il naso a qualche lettore, ma tutto sommato si integrano bene con il resto della storia. Ecco, se c'è da aggiungerci un ma, lo metterei per il finale, non lo so, non mi ha convinto appieno e mi ha lasciata un po' perplessa.

Un romanzo leggero, nonostante leggero non sia proprio visto il numero di pagine, adatto più ad un pubblico giovane che adulto, forse per questo non mi sento di promuoverlo davvero.

Spendo ancora due parole sulla copertina del libro, su cui di solito non dico mai nulla, questo perché a noi lettori interessa la storia, non la copertina. Dicevo della copertina, se per caso lo trovate il libreria, guardate il retro della copertina: una serie di personaggi che percorrono in fila indiana un ripido sentiero. Vi sembrerà di aver già visto quei personaggi e quella scena e non ve lo state immaginando, li avete già visti perché sono i personaggi del film Il signore degli Anelli: cosa c'entrino con Lumina è il vero mistero del libro.

(Le immagini presenti in questo articolo sono state prese da internet)

28/01/14

Perchè si dice "fare le scarpe"?

Scarpe
Anche questo modo di dire era molto in uso ai tempi della mia infanzia, ma ad oggi non lo si sente più o quasi, e mi chiedo il perchè si perdono così tanti e tradizionali modi di dire.  E' un vero peccato che la lingua italiana perda così tante particolarità, standardizzandosi in una piattezza assoluta.
 "Fare le scarpe", operare contro una persona cercando di apparire come un un suo amico con l’intento di prendere la sua posizione se non addirittura superarlo. G. L.Beccaria nel suo "Italiano antico e nuovo" la fa risalire al linguaggio militaresco e di caserma ma secondo altri studi ed in particolare quelli della Svimez, sull'unificazione economica italiana, sembra che il modo di dire, col significato di togliere di mezzo qualcuno fisicamente o anche metaforicamente, abbia la sua origine nel Meridione ed in particolare nell'usanza secentesca di far calzare ai morti di un certo rango, per il loro ultimo viaggio, delle scarpe nuove, approntate appositamente. E' pur vero anche che, nel Medioevo, fare stava per "aver fatto fuori le scarpe", quindi aver rubato le scarpe. All'epoca, molte persone e pellegrini andavano a piedi e quindi i sandali e le scarpe erano importantissimi. Le cronache raccontano che molti dormivano proprio con le scarpe sotto la testa (a guisa di guanciale) proteggendo nel sonno il bene più prezioso. Le cronache riportano che molti malandrini, mentre il viandante dormiva, gli sostituivano le scarpe nuove con altre vecchie e bucate.
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