Il-Trafiletto
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18/01/14

Stermina la famiglia a fucilate un Presidente di una banca pratese

Lamberto Albuzzani, ha sterminato la famiglia con un fucile da caccia, e poi si è ucciso. Era indagato dalla procura di Prato in un’inchiesta sulla gestione della Banca Credito Cooperativo Area Pratese, per ostacolo alla vigilanza, utilizzo di falsi strumenti finanziari e falso in bilancio.


Con il suo fucile da caccia ha sparato alla moglie e al figlio, poi si è tolto la vita. È successo ieri sera, a Campi Bisenzio (Firenze). L’uomo, Lamberto Albuzzani, avvocato di 67 anni, era presidente della Banca Credito Cooperativo Area Pratese. Era indagato dalla procura di Prato in un’inchiesta sulla gestione dell’istituto di credito. A dare l’allarme sono stati i vicini di casa, quando hanno sentito il rumore degli spari. La famiglia Albuzzani viveva in una villetta a due piani in una frazione di Campi Bisenzio. Il padre è stato trovato vicino alla porta, con il fucile accanto. Il corpo della madre, Maria Bellini, 66 anni, era poco distante.

Carabinieri davanti all’abitazione a S.Piero a Ponti,
nel comune di Campi Bisenzio (Firenze),
dove sono stati rinvenuti i tre cadaveri
Quello del figlio, Marco, 23 anni, è stato trovato sulle scale che portano al piano superiore. Il ragazzo si era laureato il 12 dicembre scorso in economia e commercio ed era in attesa di partire per un master. Gli investigatori dei carabinieri stanno cercando di capire se ci sia un legame fra l’indagine e il duplice omicidio-suicidio. I reati ipotizzati dalla procura di Prato sarebbero ostacolo alla vigilanza, utilizzo di falsi strumenti finanziari e falso in bilancio. L’indagine è condotta dalla guardia di finanza. Accertamenti sono in corso anche da parte della Banca d’Italia. Albuzzani non era l’unico indagato e la sua posizione viene definita «marginale» dalla procura pratese. Fra l’altro, la procura ipotizzerebbe irregolarità nella redazione dei bilanci legate a crediti concessi a soggetti non più affidabili. Fra le pratiche nel mirino degli investigatori ci sarebbero anche mutui immobiliari a persone senza reddito. I vicini descrivono la famiglia come «molto tranquilla». Ogni sera Albuzzani rientrava a casa intorno alle 20. Questo pomeriggio è arrivato prima, intorno alle 18. Mezz’ora più tardi è scattato l’allarme: i vicini hanno sentito i colpi e hanno chiamato i carabinieri. Nella villetta sono arrivati anche gli esperti del ris per il rilievi scientifici. «Lamberto non avrebbe mai torto un capello a nessuno - dice Claudio Manetti, amico di vecchia data di Albuzzani - Era una persona corretta, spesso andava a caccia con gli amici. Suo padre, Bruno, aveva messo su una grossa fabbrica di tessuti». Gli investigatori, comunque, non hanno dubbi sulla dinamica: Albuzzani ha ucciso i familiari e poi si è sparato al petto.                                                      fonte La Stampa

Deceduto l’ultimo soldato giapponese arresosi nel 1974.

Hiroo Onoda, il leggendario ultimo soldato dell'Esercito imperiale giapponese arresosi soltanto nel 1974, è morto all'età di 91 anni per un infarto in un ospedale di Tokyo dove era stato ricoverato dal 6 gennaio dopo un'insufficienza cardiaca. Onoda, ex ufficiale dell’intelligence, continuò a combattere per decenni sull’isola filippina di Lubang, dove era stato distaccato nel 1944, malgrado la resa del Giappone nella Seconda guerra mondiale.

Hiroo Onoda
Onoda era un membro della classe di comando Futamata Bunko, addestrato come guerrigliero. Nel Natale del 1944 fu inviato nell'isola filippina di Lubang con il compito, insieme con i soldati già ivi presenti, di ostacolare l'avanzata nemica. Aveva ricevuto l'ordine di non arrendersi, a costo della sua stessa vita. Dopo essere sfuggito all’attacco statunitense del 28 febbraio 1945, Onoda ed altri tre commilitoni si nascosero nella giungla, decisi a frenare l’avanzata del nemico ad ogni costo. Non riuscivano a credere che la loro Patria, il grande Giappone, si fosse potuto arrendere. Così nonostante fossero arrivate notizie della fine della guerra, essi non gli diedero peso, e reputarono falsi anche alcuni volantini e foto di famiglia lanciati da un aereo per convincerli a cessare le ostilità. Onoda e i suoi compagni rimasero quindi sull'isola continuando la "missione" e combattendo contro gli abitanti dell'isola (non giapponesi), nascosti nella giungla. I tre vissero di furti di viveri e vestiti dei cittadini filippini. Dopo che un compagno si arrese e gli altri due rimasero uccisi, Onoda continuò da solo la “missione” per quasi trent’anni. Il 20 febbraio 1974, dopo giorni di ricerche, il giapponese Norio Suzuki ritrovò Onoda e fece ritorno in Giappone con le foto del militare e convincendo l'ufficiale diretto superiore di Onoda, il Magg. Taniguchi, a recarsi sull'isola per convincerlo ad arrendersi. Onoda si arrese, riconsegnando la divisa, la spada, il suo fucile ancora perfettamente funzionante, 500 munizioni e diverse granate. Ma al suo rientro in patria la celebrità lo sorprese negativamente; i valori antichi del Giappone secondo i quali aveva vissuto e per i quali aveva combattuto una personale guerra, ai suoi occhi erano scomparsi. Onoda emigrò in Brasile con il fratello Tishro e si sposò nel 1976.
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