Il-Trafiletto
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29/01/14

Evviva l’ora di matematica | Fuori i tablet per dare dinamismo ed interattività a geometria ed algebra!

La matematica continua ad essere lo spauracchio di molti studenti, eppure numeri e algoritmi sono i fondamenti dell'universo, basta osservare la natura. Tutti possiamo fare matematica, l'importante è farla bene e trovare anche chi ci invoglia e ci fa appassionare. Scordatevi le vecchie e barbose lezioni di una volta, nelle quali il professore o la professoressa "scarabocchiavano" sulla lavagna lettere e numeri a iosa, spesso recitando teoremi e dimostrazioni assurde per molte delle teste in classe. Tutta aria rifritta per molti, e soprattutto astratta.
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Funzione

Quando suona la campanella dell'ora di matematica, si accendono i tablet e si comincia a fare un po' di geometria dinamica e di algebra interattiva.  Che vuol dire? “Interattiva” e “dinamica” non sono aggettivi usati a caso, come non lo è il verbo “fare”. È proprio intorno a questa parola che gli insegnanti impegnati nel digitale stanno oggi cercando di reimpostare la didattica, anche grazie a software che permettono agli studenti di trasformare in esperienze gli argomenti studiati finora solo sulla carta. Ne parla Donatella Merlo, esperta di didattica, e-learning e formazione degli insegnanti ed ex docente di matematica nella scuola primaria.
Di quali software si tratta? “Ne esistono diversi, anche gratuiti. Ultimamente però si sta diffondendo GeoGebra, un programma open source sviluppato inizialmente da Markus Hohenwarter e sostenuto da una forte comunità di utenti. È uno strumento completo, che mette insieme geometria e calcolo algebrico e ha ora alle spalle molti sviluppatori, che lo aggiornano continuamente. Altri, come Derive, sono più focalizzati sull'algebra, oppure sono software proprietari e costosi, come Cabrì, molto utilizzato fino a pochi anni fa. GeoGebra è diffuso soprattutto nelle scuole superiori ma, attraverso la Casa degli Insegnanti (un'associazione non profit, attiva nella formazione dei docenti, ndr.) e il Geogebra Institute di Torino, sto lavorando con alcuni maestri di scuola primaria per creare insieme dei percorsi di geometria per bambini che comprendano attività sviluppate con l'uso del software, e verificare se questo possa facilitare i processi di concettualizzazione”.
Come avviene la formazione? “Si lavora in parte in presenza e in parte in rete, utilizzando Moodle, una piattaforma di e-learning. I docenti devono prima di tutto imparare a usare il software, ovviamente, ma non ci fermiamo all'alfabetizzazione informatica: entriamo nel merito della didattica. Gruppi di insegnanti sperimentano i percorsi in classe e riportano quello che accade, poi insieme si fanno delle riflessioni e si cercano le strategie didattiche più produttive. Si parte da qui per ricavare insieme nuovi elementi formativi”.
Nella sua esperienza, il tablet cambia la didattica? “In questo caso il mezzo costringe davvero a ripensare la didattica, perché i ragazzini in rete fanno di tutto e di più. Come si gestisce una classe di 25 allievi con accesso illimitato al mondo? Devono essere sempre impegnati, quindi occorre un metodo di lavoro ben definito. Questa è una delle sfide. Un'altra è sfruttare tutte le sue potenzialità e non usarlo come un computer. Tablet, software come GeoGebra, o i kit di robotica che utilizziamo da anni permettono di mettere al centro lo studente e la sua voglia di fare, di sperimentare: è lui che prende in mano la situazione e diventa protagonista della sua crescita intellettuale. Si sviluppa la capacità di problem solving, si attivano continuamente tutte le loro conoscenze: non si lavora su un'area disciplinare unica, ma per competenze”.
Qual è l'atteggiamento degli insegnanti verso questi strumenti? “Difficile rispondere. Io lavoro con persone che hanno voglia di investire tempo e fatica in questa formazione. Non sono obbligati. Ogni scuola propone dei corsi di aggiornamento sulla base delle decisioni del collegio, ma di fatto non vi è alcun obbligo formale per i docenti di fare formazione. Le cose sono leggermente diverse nel caso di progetti istituzionali per cui le scuole sono finanziate, ad esempio per le Classi 2.0, ma personalmente sono molto scettica sulla ricaduta di queste sperimentazioni sulla pratica didattica comune. Di solito accade che un insegnante si appassioni e traini qualcun altro, in un clima di interesse marginale e con ostacoli di natura tecnica. Mi riferisco ad esempio alla diffusione nella scuola di connessioni a banda larga e di reti wireless: per questa 'didattica digitale', più che di una LIM, abbiamo bisogno di una buona rete”.
Ma l'atteggiamento non sta un po' cambiando? “Più che altro, gli insegnanti avvertono che non possono più fare a meno di lasciarsi coinvolgere. Fino a qualche tempo fa i tablet erano una novità anche per le famiglie. Ora sono i bambini stessi che portano l'hi-tech in classe. Resta però, di fondo, la barriera dell'uso delle tecnologie: la maggior parte degli insegnanti che conosco sfrutta una piccola percentuale delle potenzialità dei computer perché acquisire competenze richiede tempo e passione per lo strumento. C'è ancora un rifiuto a priori, una reticenza pregressa, una sfiducia di partenza. Soprattutto tra le insegnanti donne che nella scuola primaria sono in forte maggioranza”.




09/12/13

Alunni d’eccezione per classi digitali in continua crescita!

Alunni d’eccezione per classi digitali che proliferano in maniera esagerata! La classe digitale più recente è stata inaugurata due giorni fa, esattamente il 7 dicembre a Sassello, in Liguria. Pensate, soltanto due giorni prima ne era sorta un'altra a Piegaro, un piccolo borgo dell'Umbria che non conta nemmeno 4000 persone. L'11 dicembre toccherà all'istituto comprensivo di Fucecchio, nei pressi di Firenze, mentre giorno 17 verrà il turno di Pescara e a seguire, giorno 18 quella di Foggia. Stiamo parlando delle classi del progetto Smart Future di Samsung, che era stato già reso noto nel mese di giugno (vedi Galileo, "Smart Future, la didattica diventa digitale") e che è ormai entrato in piena fase operativa. Prima delle vacanze natalizie, infatti, saranno convertite in digitale in tutto ben 25 classi. Il che vale a dire tablet, lavagne interattive e-board, banda larga, supporto tecnico costante. Ma anche aggiornamento e training per tutti gli insegnanti oltre che vari test di nuove applicazioni.

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Classi digitali
Le regioni interessate in questa prima parte della sperimentazione sono 7: Lombardia, Liguria, Puglia, Toscana, Lazio, Umbria e Abruzzo. Si è deciso di iniziare da Milano, da una terza elementare dell'“Enrico Toti”, una piccola scuola al confine della città. Una classe scelta perché “difficile”. O meglio, perché presenta alcune caratteristiche per le quali la tecnologia potrebbe risultare particolarmente utile: è numerosa, con 27 alunni, e vi sono 13 bambini stranieri (alcuni sono arrivati quest'anno e tre non conoscono l'italiano); altri otto presentano dei disturbi specifici dell'apprendimento (Dsa), come disgrafia e dislessia.

L'idea è proprio quella di privilegiare scuole complesse dal punto di vista dell'integrazione territoriale e della presenza di stranieri, o piccoli plessi che rischiano di chiudere. 
“Per questo progetto Samsung ha sviluppato tre tipi di suite di programmi: uno per la gestione della classe, uno per facilitare i bambini ipovedenti, uno per gli alunni con Dsa”, spiega Carlo Barlocco, Senior Vice President Samsung Italia. Il tablet dell'insegnante sarà una specie di cabina di regia, dalla quale è possibile visualizzare gli schermi di ogni singolo studente, attivare e disattivare funzioni, monitorare il lavoro e lo svolgimento dei compiti, inviare contenuti personalizzati e test. Quanto all'integrazione, esiste un kit di accoglienza studiato appositamente per gli alunni neofiti della lingua italiana.

I contenuti prettamente didattici, invece, restano competenza degli editori e degli sviluppatori di applicazioni dedicate alla didattica. E naturalmente dei docenti, e degli alunni.
“Il ruolo dell'insegnante è di valorizzare le potenzialità di ciascuno studente e il progetto è impostato per aiutare a sviluppare percorsi personalizzati individuali”, spiega la dirigente scolastica Elena Borgnino: “Il nostro obiettivo è offrire una didattica all'altezza dei tempi”. “Non nego che il progetto un po' mi spaventi, ma mi incuriosisce”, aggiunge una delle due maestre coinvolte, Laura Martignoni, 55 anni. “Non possiamo negare che i ragazzi ne sanno più di noi di tecnologia, ma proprio per questo bisogna collaborare con loro”.La prossima settimana, insegnanti e preside del Toti verranno formate e comincerà la vera e propria sperimentazione, che durerà circa due mesi.

A seguirla e a valutarla (sia in questa scuola che nelle altre) ci saranno i ricercatori del Cremit, il Centro di ricerca sull'educazione ai media, all'informazione e alla tecnologia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. “Per cominciare analizzeremo la percezione degli insegnanti e delle famiglie attraverso dei questionari”, spiega il direttore Pier Cesare Rivoltella: “L'obiettivo per ora è capire cosa si modifica nella classe quando si introduce la tecnologia”.


29/11/13

La scuola digitale italiana sotto processo!

Il digitale sta prendendo possesso sempre di più della scuola italiana. A testimonianza di ciò, la premura con cui si sta dirigendosi verso i fondi messi a disposizione dal Miur per la banda larga oppure per l'acquisto dei tablet, oltre che gli investimenti di colossi della tecnologia, come Apple, Microsoft, Samsung, e dell'editoria, la cui squadra è formata dalle varie case editrici come Zanichelli, Rcs, Mondatori, Pearson e Giunti.
Ma a confermare quanto detto, lo dimostrano il sempre crescente numero di sperimentazioni che hanno origine dal basso, ovvero dalla classe dei docenti, riguardo le nuove metodologie didattiche che risulatano integrate con i new media e che stanno rivoluzionando alcuni aspetti fondamentali della didattica e del processo di apprendimento.
Sorge spontanea la domanda: ma quali sono i potenziali vantaggi e i dubbi che accompagnano questo mutamento?
Uso dei tablet in classe

Semplice, a mettere in risalto tale varietà di aspetti del digitale, sono proprio loro, i protagonisti della realtà scolastica, gli studenti e i docenti stessi che in queste ore si stanno incontrando a Bergamo per condurre un vero e proprio processo alla scuola digitale all'interno di Tablet School 2, un convegno organizzato dal Centro Studi ImparaDigitale e l’Ufficio Scolastico Territoriale di Bergamo per condividere le esperienze e discutere della didattica con e senza le tecnologie, davanti a un pubblico di oltre 1.200 persone (sopratutto ragazzi).

Sul palco del Seminario Papa Giovanni XXIII questa mattina si sono “scontrati” trenta studenti, metà pro e metà contro l'uso dei tablet in classe e, in generale, la digitalizzazione della scuola. Se per alcuni gli strumenti digitali sono sinonimo di collaborazione, un modo per abbattere virtualmente le mura della classe e della scuola, per portare avanti progetti anche con istituti diversi, per altri significa rallentare lo svolgimento dei programmi, aumento delle distrazioni e spreco inutile di risorse.
Sono emersi soprattutto i problemi di infrastruttura: banda troppo stretta per far navigare tanti studenti contemporaneamente, programmi che crashano, app che non si aprono, pagine dei libri digitali che non si caricano.

Altre questione, invece, è se con questi strumenti i ragazzi possono davvero studiare e apprendere meglio di quanto non facciano ora.
Secondo Dianora Bardi creatrice del metodo ImparaDigitale in corso di sperimentazione nelle classi del Liceo Scientifico Lussana di Bergamo, il punto è ripensare completamente la didattica, trasformando il metodo di trasmissione verticale delle conoscenze (dal docente che spiega all'alunno che ascolta passivamente) in uno trasversale.
“Portare la tecnologia in una classe senza trasformare il metodo di insegnamento crea danni. Dobbiamo piuttosto lavorare sulle competenze, sulle abilità e sulle risorse del singolo, per renderlo più capace di affrontare in modo adeguato le relazioni nei diversi contesti di vita e di risolvere in modo più efficace i problemi”.

Per quanto riguarda l'efficacia dell'uso dei tablet in classe, attualmente è in corso una valutazione da parte dell'Università Bocconi di Milano, che sta confrontando per la prima volta il metodo di insegnamento messo a punto da ImparaDigitale (un campione di oltre 300 studenti) con quello tradizionale. Anche arrivare all'esame di maturità dopo aver passato un anno a creare il proprio percorso di studio attraverso un e-book non è penalizzante per Bardi. I docenti, però, devono essere preparati: “Il tablet è solo uno strumento, come la penna e il foglio. La tecnologia non è centrale, ma è un'occasione per rivoluzionare la didattica e avvicinarla alla quotidianità dei ragazzi”.
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