Il-Trafiletto
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18/10/14

Yacouba colui che ha sconfitto il deserto

A volte , dopo anni di studio e di ricerca con tutti i mezzi tecnologici e scientifici a disposizione, non si riesce a risolvere un problema come quello della desertificazione del Burkina Faso. Lo studio e l'azione di un semplice contadino del posto, senza mezzi tecnologici ma solo con la logica, risolve il problema.


Yacouba Sawadogo è decisamente un uomo eccezionale, per essere riuscito a risolvere un problema
di forte erosione del suolo da parte del deserto, che molti hanno provato a trovare una soluzione a questo problema che rischiava di mettere in ginocchio il paese, senza riuscirci. Yacouba ha iniziato a studiare il problema nel 1980.

Il contadino è ricorso a una ricetta antica o forse preistorica poiché lo “zaï ”, che in lingua mossi vuol dire “fossa”, è una pratica agricola usata a quelle latitudini dalla notte dei tempi. Lo “zaï” deve avere inizio a primavera, che nel Burkina Faso coincide con la stagione secca, e consiste nello scavare buche profonde 30 centimetri e larghe circa 20. Una volta che l’area in questione è stata lavorata con una quantità adeguata di fosse, queste saranno prima riempite di sterco di capra misto a cenere e foglie secche, poi seminate. Tutto qui basta spettare la pioggia. Anzi, la poca pioggia che cadrà durante i brevi monsoni subdesertici, ma che le fosse raccoglieranno senza sprecarne una sola goccia. Sembra una stranezza la sua soluzione ma infine è la soluzione più logica e più semplice.

Nel giro di venti anni ha sottratto al deserto oltre 30 acri di terreno che ora è un terreno coltivabile e rigoglioso di vegetazione. Ma soprattutto, Yacouba ha cercato di diffondere la sua tecnica il più possibile, insegnandola a chiunque fosse interessato, e si calcola che oggi grazie a lui e al suo metodo, decine di migliaia di ettari siano tornati rigogliose foreste e campi coltivabili, tanto che nel 2010 il regista Mark Dodd ha realizzato un documentario sulle vita d Yacouba. Video e Trailer

Yacouba Sawadogo

17/08/14

Sengi, il toporagno elefante

Il deserto della Namibia è ricco di sorprese,  infatti alcuni scienziati della California Academy of Sciences in collaborazione con i ricercatori namibiani hanno scoperto una nuova specie di toporagno elefante , o sengi.

Si tratta della terza nuova specie di sengi scoperta in natura negli ultimi 10 anni ma anche del più piccolo membro noto dei 19 toporagno elefante. Il “nuovo” animale è stato chiamato Etendeka round-eared sengi (Macroscelides Micus) e le sue caratteristiche sono state descritte in uno studio specifico  “A new species of round-eared sengi (genus Macroscelides) from Namibia” pubblicato dal Journal of Mammalogy .


 Jack Dumbacher e Galen Rathbun che  nell’Africa del sud-ovest si sono dedicati allo studio di  diversi toporagni elefante,  analizzando i campioni, si sono accorti che tra quelli provenienti da una remota regione desertica della Namibia nord-occidentale, quest'ultimo differiva da qualsiasi esemplare museale che avevano esaminato in precedenza.

Questo sengi era significativamente più piccolo, aveva una pelliccia color ruggine, una grande ghiandola sul lato inferiore della coda e mancava di pigmentazione scura della pelle. «L’analisi genetica preliminare ha mostrato anche importanti differenze tra questo esemplare ed i suoi parenti stretti» dicono gli scienziati. Ecco dunque farsi strada l'ipotesi di una nuova specie. Anche altri tre ricercatori, Timothy Osborne, della California Academy of Sciences, Michael Griffin, del ministero dell’ambiente e del turismo della Namibia, e Seth Eiseb, del Museo nazionale della Namibia, hanno partecipato a 9 spedizioni sul territorio tra 2005-2011 ed in totale sono stati raccolti 16 campioni per analisi comparative.

 Secondo Dumbacher, che è anche curatore del settore ornitologia e mammologia della California Academy of Sciences, si tratta della conferma dell’importanza delle collezioni museali: «Se i nostri colleghi non avessero raccolto quei primi preziosi esemplari, non avremmo mai capito che questa era in realtà una nuova specie, dal momento che le differenze tra questa e tutte le altre specie conosciute sono molto sottili. Diverse collezioni museali hanno contribuito a determinare che quello che avevamo era veramente nuovo per la scienza, mettendo in evidenza il valore delle collezioni per questo tipo di lavoro. Geneticamente, Macroscelides Micus è molto diverso da altri membri del suo genere ed è eccitante pensare che ci sono ancora aree del mondo dove anche la fauna dei mammiferi è sconosciuta ed in attesa di essere esplorata».

 I sengi vivono solo in Africa e, nonostante le loro piccole dimensioni, evolutivamente sono più collegati agli elefanti, ai lamantini e ed agli oritteropi che ai veri toporagni. L’Etendeka round-eared sengi è stato trovato in un’area remota della Namibia, sul limitare interno del deserto del Namib ai piedi dell’altipiano di Etendeka. Gli scienziati americani e namibiani ritengono che questa nuova specie non è stata descritta per così tanto tempo proprio per le difficoltà di fare ricerca scientifica in una zona così isolata, ma aggiungono che «Eppure è proprio questo isolamento, e le condizioni ambientali uniche nella regione, che hanno dato origine a questo e ad altri organismi endemici». Intanto un sengi di Etendeka è stato aggiunto al diorama che illustra il deserto del Namib nella sala africana del museo di storia naturale della California Academy of Sciences.

 Insieme alla Welwitschia mirabilis, un’antica pianta endemica del deserto del Namib che può vivere fino a 2.500 anni e che fornisce l’habitat ad altre specie endemiche. Rathbun, un’autorità mondiale per quello che riguarda la biologia dei sengi, conclude: «Con solo circa una dozzina di nuove specie di mammiferi scoperte in natura ogni anno, è incredibile che l’Accademia sia stata coinvolta nella descrizione di tre nuovi sengi negli ultimi dieci anni. Nella biodiversità ci sono nuove ed eccitanti organismi che aspettano di essere scoperti, anche in un gruppo familiare come i mammiferi».

23/07/14

Misteriosi cerchi nel deserto

Fairy Circles
In una fascia desertica che si estende per duemila chilometri tra l'Angola e il Sudafrica sono comparsi questi strani cerchi di terra nuda, circondati da una cintura di vegetazione. 

Conosciuti come Fairy Circles, i cerchi delle fate, per anni hanno rappresentato un enigma che gli scienziati non riuscivano a risolvere. Oggi, però, un ecologo sostiene di aver svelato l'arcano. "Nelle lunghe notti d'inverno del mio Paese, la Germania, utilizzavo Google Earth per sorvolare l'intero subcontinente", racconta Norbert Jùrgens dell'Università di Amburgo.

Ha così scoperto alcuni cerchi delle fate grandi addirittura 50 metri quadrati. "Mi incuriosivano molto, e perciò sono partito per una prima spedizione in Angola nel 2006, subito dopo la fine della guerra civile". Jùrgens ha scoperto in quell'occasione che una specie animale era quasi sempre riscontrabile all'interno dei cerchi: la termite della sabbia. Questi insetti rosicchiano l'apparato radicale dei fili d'erba, uccidendo la vegetazione, loro "rivale" nell'assorbire le poche gocce di pioggia (appena 100 millimetri all'anno) che cadono sul deserto. Le termiti diserbano queste chiazze per poter disporre di un ambiente umido dove insediarsi, rivela Jùrgens. Secondo altri ecologi, però, le termiti sarebbero "innocenti" e le curiose formazioni sarebbero dovute alla competizione tra specie vegetali. Jùrgens continua a pensare di aver ragione, anche se ammette: "Molti interrogativi, relativi soprattutto alle abitudini e alle tecniche di comunicazione delle termiti, sono tuttora senza risposta".(science)


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