22/11/13

Vi rendete conto di quanto siamo lontani da un trattamento paritetico?

Fu Emma Bonino, quando Giuliano Amato la propose alla successione di Scalfaro, a dichiarare che le reazioni furono come di chi avesse visto come candidato un coleottero. Era il 1998.
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Forse in tutti questi anni, a parità di competenze, nessuna donna ha potuto eguagliare un uomo. E' possibile asserire che in Italia ci siano parità tra i sessi, nel mercato del lavoro? Questo non solo perché si sia dovuti arrivare addirittura a pensare a uno strumento assurdo come le quote rosa, non solo perché donne che lavorano a parità di condizioni di un uomo guadagnino meno, non solo perché nello scorso anno la presenza delle donne (pur essendo più del 60% dei nuovi laureati annui) ai vertici delle principali società europee è stata del 13,7%. In Italia circa il 9%. Il punto è che siamo molto lontani da un trattamento paritetico, a causa di un retaggio culturale italiano che, nonostante le belle parole, non è ancora del tutto superato. Quante volte sentiamo frasi del tipo: “Ma secondo voi chi paga cene e regali? È giusto che noi uomini guadagnamo di più”
 Oppure:
 “Se tante donne lasciassero il posto a tanti padri di famiglia disoccupati non sarebbe meglio?”
E ancora:
“E a casa a crescere i figli chi c'è o donne in carriera? La parità dei sessi l’avete voluta voi e ne fanno le spese i figli".
"Avete idea di quanto sia umiliante guadagnare meno rispetto a una persona incapace, nella nostra stessa posizione, solo perché dell’altro sesso? Vi rendete conto di quanto sia aberrante in caso si avesse la malaugurata fortuna di raggiungere obiettivi importanti sotto la soglia dei quaranta, sentirsi dire che l’abbiamo certamente meritato in altri modi?  E di quanto sia frustrante impegnarsi, sacrificarsi, mettere in secondo piano la propria vita personale, sentendosi dire con un plateale sorriso sulle labbra che il nostro orologio biologico sta per scadere e che dovremmo “pensare alle cose importanti della vita”, come se il nostro lavoro, fino a quel momento, fosse stato un passatempo per arrivare finalmente a ciò per cui siamo state create (secondo una logica maschile)? - Lo sapete quanta fatica facciano le donne a barcamenarsi tra i ruoli di moglie, infermiera, amante, madre, cuoca, lavoratrice e persona preposta a cercare oggetti disseminati per tutta casa? - Sapete quanto sia frustrante arrabbiarsi per una mancanza di un collega, sentendosi sminuire perché è sicuramente colpa del ciclo che ci rende più nervose del solito se ci siamo innervosite (o, quando siamo davvero arrabbiate, è sicuramente a causa di una vita sessuale piatta) - Avete idea di quanto sia denigrante in un incontro di affari dover faticare il doppio per mettere in chiaro sin da subito che non siamo interessate all’uomo che, dall’altra parte della scrivania, invece di prestare attenzione alle nostre qualità professionali, un po’ ci dà retta quasi fosse un contentino, un po’ ce prova? . Quanto può essere snervante cercare di farsi valere come professionista, cercando di ignorare gentilmente l’atteggiamento ambiguo del nostro interlocutore. E su questo punto mi fermo.



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