25/10/13

La difesa del Cavaliere nel processo Ruby: "Convinta non costretta?"

Legge anticorruzione: La Suprema corte ha stabilito che le condanne per concussione vanno inflitte solo a chi "limita radicalmente" la libertà del soggetto, "Costringere è diverso da convincere". Questa decisione potrebbe tornare utile alla difesa del Cavaliere nel processo Ruby.


La pronuncia della Suprema corte: sezioni unite presiedute da Giorgio Santacroce: "La fattispecie di induzione indebita di cui all'articolo 319 quater Codice penale è caratterizzata da una condotta di pressione non irresistibile da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, che lascia al destinatario della stessa un margine significativo di autodeterminazione e si coniuga con il perseguimento di un suo indebito vantaggio. Nella concussione di cui all'articolo 317 cp, invece si è in presenza di una condotta del pubblico ufficiale che limita radicalmente la libertà di autodeterminazione del destinatario".

Santacroce ha argomentato che con la decisione "si allargano le maglie e i poteri dei giudici di merito" nel valutare questi due reati. "Costringere è diverso da convincere", ha aggiunto ricordando quello che diceva un professore di diritto. E proprio questa diversa gradazione è stata delineata dagli ermellini. Santacroce ha poi sottolineato che è stata anche data risposta al perché deve essere punito il privato che non ha resistito alle pressioni non irresistibili del pubblico ufficiale. In questo modo viene punito chi "pur senza esserlo è quasi un correo" del pubblico ufficiale scorretto. Per Santacroce il reato di induzione che punisce anche il privato "è una norma che ci è stata imposta dall'Europa" che non ha mai visto molto di buon occhio il fatto che nel nostro Paese si puniscano solo i corruttori e non anche i privati che comunque traggono un vantaggio, e si mettono d'accordo, con chi li corrompe.

I dubbi del procuratore generale. La Legge Severino "ha posto più problemi di quelli che voleva risolvere perché nelle norme c'è mancanza di indicazioni nitide". Lo ha detto il sostituto procuratore generale della Cassazione Vito D'Ambrosio nella sua requisitoria sulla legge Severino oggi all'attenzione delle sezioni unite della Suprema Corte, chiamate a dirimere un contrasto giurisprudenziale legato alla norma sulla concussione.

Le perplessità non riguardano il tema al centro dell'attuale scontro politico, ovvero il meccanismo della decadenza dei politici che hanno ricevuto condanne come Silvio Berlusconi, ma più in generale l'impianto della legge. Per D'Ambrosio, infatti, "non è possibile comprendere la ragione profonda del perché si è giunti a sdoppiare l'articolo del Codice penale sulla concussione per combattere la corruzione, ed è fasulla l'interpretazione di chi dice che le leggi internazionali e l'Europa ci chiedevano di eliminare la concussione". Secondo il magistrato della Suprema corte, poi, "sarà difficilissimo avere la collaborazione, nelle indagini, dei soggetti passivi del reato che adesso vengono incriminati". Il reato di concussione, ha sottolineato, sussiste "ogni volta che si incide pesantemente su un soggetto passivo".
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