Il-Trafiletto
Visualizzazione post con etichetta mura. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta mura. Mostra tutti i post

08/08/14

Tolentino città medioevale

Tolentino (m 228 s.m.; ab. 18.053) Si trova nelle Marche, in provincia di Macerata da cui dista 20 km. È situata nella media valle del Chienti, distesa in lieve pendio presso la riva destra del fiume. Tolentino città medioevale L'abitato presenta una pianta compatta tipicamente medioevale, il cui perimetro è ancora delineato per lunghi tratti dalle poderose mura, scarpate nella parte infenore. Il fitto reticolo di vicoli e strettoie sormontati da piccoli archi, propone squarci di Medioevo altamente suggestivi.
Storia Tolentino nasce come colonia greca, quindi colonia e municipio romani. Diocesi dal IV secolo, partecipa al sinodo romano del 487 con il vescovo Basilio. Libero Comune nel 1099, raggiunge nel corso dei secoli successivi una posizione di rilievo per potenza e floridezza economica. Occupata da Percivalle Doria nel 1262, circa un secolo dopo entra a far parte della lega ghibellina promossa dai Visconti. Riportata alla chiesa dal cardinale Albornoz nel 1355, viene da questi concessa ai Varano, il cui governo viene però a lungo osteggiato dai Tolentinesi. In seguito appartiene agli Sforza ma successivamente torna sotto il dominio della Santa Sede, seguendone quindi le sorti. Nel 1797, a palazzo Bezzi, già Parisani, viene firmato il trattato, che dalla città prende il nome, fra Napoleone e la Chiesa.

Arte e monumenti La città conserva una certa unità urbanistica nel nucleo centrale con parte delle mura, la porta della Marina e la porta dei Cappuccini, belle case gotiche e palazzi rinascimentalì, quali palazzo Parisani, attribuito ad Antonio da Sangallo, palazzo Silveri e palazzo già Maurizi. La basilica di S. Nicola da Tolentino, uno dei più celebri santuari marchigiani, risale al secolo Xlll ma è stata quasi completamente rifatta successivamente e possiede un campanile romanico-gotico. La cattedrale di S. Catervo ricostruita nel secolo XnI, è stata quasi completamente rifatta verso il 1830; la chiesa di S. Francesco, originariamente romanica, è stata successivamente rifatta in forme barocche; la chiesa di S. Maria conserva della originaria costruzione del secolo Xlll tracce sulla facciata. Il ponte detto del Diavolo, a.cinque arcate, è stato costruito nel 1268; il castello della Rancia conserva la grossa torre maestra del secolo XII. Nella basilica di S. Nicola si trovano il  
Museo delle Ceramiche, il Museo dell' Opera del Santuario e il Museo Civico. Nel palazzo Parisani-Bezzi si trova il Museo Internazionale della Caricatura.
Manifestazioni Festa patronale di S. Catervo (17 ottobre); Biennale internazionale dell'umorismo nell' arte, in varie sedi (settembre, anni dispari). Nel complesso di S. Nicola, Festival organistico tolentinate (giugno) ed Esposizione dell' editoria marchigiana (settembre).
Prodotti enogastronomici Tra i formaggi si distingue il pecorino.
Il settore enologico comprende il Bianco dei Colli Maceratesi e il Rosso Piceno.

Frustenga
Valori nutrizionali Protidi 13 Lipidi 16 Glucidi 79 Kcal 512
Questo dolce, di impronta campagnola, è tuttora destinato ad accompagnare gli assaggi di vino novello prodotto nelle colline dell' interno marchigiano.

Ingredienti per 6 persone:
*350 g di farina di granoturco
*l litro di latte
*100 g di uva passa
*8 fichi secchi
* l0 noci
*2 bicchieri di vino cotto
*pangrattato *olio d'oliva *sale

Lasciate i fichi e l'uvetta all'ammollo per circa un'ora. Sgusciate le noci, scottate i gherigli in acqua bollente, poi pelateli e tritateli. Preparate una polenta con il latte e un litro e mezzo d'acqua, aggiungendo un po' di sale. A cottura ultimata, rovesciate la polenta in una capace terrina. Strizzate l'uvetta e i fichi, tagliate questi ultimi a pezzetti e uniteli alla polenta. Aggiungete il vino cotto e i gherigli di noce tritati. Mescolate con cura e versate questo composto in una tortiera unta d'olio e spolverizzata di pangrattato. Irrorate la superficie con un filo d'olio, coprite la tortiera con un foglio di carta stagnola e infomate per circa 30 minuti a 180°. Sformate il dolce su un piatto di portata e servitelo tiepido o freddo.

21/04/14

Oggi 21 aprile, si festeggia il natale di Roma. E' il 2767°

Oggi si festeggiano i 2767 anni ab Urbe condita (anche se ritrovamenti recenti sembrano spingere la fondazione di Roma indietro di due secoli circa). Un’epopea senza fine quella della città Eterna, dai Re alla Repubblica, dagli Imperatori ai Papi, oltre due millenni e mezzo di storia che ancora vivono sovrapposti nelle meraviglie della capitale. Secondo la tradizione era il 21 aprile del 753 a.C. quando Romolo uccise il gemello Remo e fondò Roma. La più autorevole trattazione antica di questa prima pagina della storia dell’Urbe è stata scritta e tramandata dall’insigne storico del I secolo avanti Cristo Tito Livio nella sua monumentale opera “Ab Urbe condita”, che comprendeva in origine 142 libri, dei quali rimangono i volumi 1-10 e 21-45. Racconta Livio (“Ab Urbe condita, I, 7): «Siccome erano gemelli e il rispetto per la primogenitura non poteva funzionare come criterio elettivo, toccava agli dei che proteggevano quei luoghi indicare, attraverso gli auspici, chi avessero scelto per dare il nome alla nuova città e chi vi dovesse regnare dopo la fondazione. Così, per interpretare i segni augurali, Romolo scelse il Palatino e Remo l’Aventino. Il primo presagio, sei avvoltoi, si dice toccò a Remo. Dal momento che a Romolo ne erano apparsi il doppio quando ormai il presagio era stato annunciato, i rispettivi gruppi avevano proclamato re l’uno e l’altro contemporaneamente. Gli uni sostenevano di aver diritto al potere in base alla priorità nel tempo, gli altri in base al numero degli uccelli visti. Ne nacque una discussione e dal rabbioso scontro a parole si passò al sangue: Remo, colpito nella mischia, cadde a terra. È più nota la versione secondo la quale Remo, per prendere in giro il fratello, avrebbe scavalcato le mura appena erette [più probabilmente il pomerium, il solco sacro] e quindi Romolo, al colmo dell’ira, l’avrebbe ammazzato aggiungendo queste parole di sfida: “Così, d’ora in poi, possa morire chiunque osi scavalcare le mie mura”. In questo modo Romolo s’impossessò da solo del potere e la città appena fondata prese il nome del suo fondatore».

02/11/13

Perchè si dice "chiudersi in una torre d'avorio"?

A chi di noi non è mai capitato di rinchiudersi in se stessi, perchè sdegnati da qualcosa? A me è capitato spesso, incrociare le braccia e accomodarmi in solitudine, più che mai circondata da alte mura a protezione dei miei pensieri e a difesa dei miei "credo".
 Così mi è tornato alla memoria questo adagio, caduto un po' in disuso in verità, ma che riassume bene questo stato d'essere.
Chiudersi in una torre d'avorio indica la solitudine sdegnosa e aristocratica di chi si astrae dalla realtà per chiudersi nella contemplazione del suo mondo interiore.
E' un'espressione biblica che si trova nel Cantico dei Cantici: collum tuum sicut turris eburnea; oculi tui sicut piscinae in Hesebon (Il tuo collo è una torre d'avorio, i tuoi occhi vasche di Hesebon). Fu riferita poi alla Madonna, che nelle litanie del Rosario è chiamata Turris eburnea. Per estensione, l'epiteto si attribuisce a una donna di fiera inavvicinabilità.
Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Italia.