Il-Trafiletto
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09/05/14

So che numero stai pensando. Conosco i tuoi segreti

“Pensa a un numero da uno a mille. Il primo che ti viene in mente. Ora apri la busta. Vedrai come conosco a fondo i tuoi segreti.”

Come reagireste se riceveste un biglietto dove sono scritte queste parole? E cosa fareste se il numero che avete pensato è proprio quello scritto nella busta? Strizza eh! Beh, queste sono le premesse del libro di oggi: L'enigmista di John Verdon.

L'enigmista
L'enigmista
Mark Mellery riceve un biglietto con quelle parole, sorpreso dal biglietto anonimo pensa ad un numero e lo stupore aumenta quando leggere sul biglietto proprio il numero che stava pensando. Il mittente sconosciuto non si ferma e continua ad inviare a Mark lettere con enigmi e versi minacciosi, finché il gioco si fa troppo inquietante e Mark, chiede aiuto a un vecchio compagno di studi: Dave Gurney, pluridecorato agente della polizia di New York ora in pensione. Gurney non sa resistere alla tentazione e si tritrova così ad indagare su un serial killer che firma le scene dei suoi crimini con la stessa cura con cui scrive i suoi messaggi: un unico colpo di pistola alla carotide, una sedia a sdraio da cui osservare l’agonia della vittima, una bottiglia di whisky rotta – sempre la stessa marca – con cui accanirsi infine sulla gola del cadavere.

Come potete aver capito dalla trama L'enigmista di Verdon non c'entra nulla con la serie di film Saw, anzi, il titolo originale del libro sarebbe stato Think of a number, poi tradotto per chissà quale motivo in L'enigmista.

Al di là della creatività dell'editoria italiana per i titoli dei libri stranieri, L'enigmista ha avuto un enorme successo, divenendo un vero bestseller in Spagna. Un misto tra il classico del romanzo poliziesco, l'hard boiled della scuola americana e un thriller psicologico L'enigmista si lascia leggere con straordinaria rapidità.

John Verdon
John Verdon
Un pizzico di introspezione psicologica e una manciata di enigmi ed indovinelli, il tutto lasciato a rosolare nella tensione palpabile che non lascia mai il lettore, dall'inizio alla fine del romanzo. Questa la ricetta del romanzo di Verdon, una ricetta vincente però... eh già, c'è un piccolo però: l'autore si è dimenticato di servire caldo il suo libro. Il finale, che dovrebbe essere la chiave di volta, la ciliegina sulla torta di un ottimo romanzo, lascia un po' interdetti e un po' delusi. Il lettore più attento e abituato a questo genere di romanzi riuscirà anzi ad intuire, ben prima di Dave, chi sia questo misterioso assassino-enigmista.

Un vero peccato a ben pensarci, perché il libro è davvero un'ottima prova per Verdon. L'idea di partenza, la diabolica genialità del killer nello sviare Dave e la polizia, quella tensione strisciante erano tutti elementi eccellenti. L'enigmista, nonostante questa leggera caduta di stile finale, rimane davvero un buon libro, da leggere e apprezzare.

Attenti la prossima volta che pensate un numero, potreste finire nel mirino di un folle assassino fissato con gli enigmi.

(Le immagini presenti in questo articolo sono state prese da internet, le citazioni invece sono tratte dal libro di cui si parla nell'articolo.)

04/02/14

Cinico, ironico e mordace: l'investigatore degli investigatori

Erano pressapoco le undici del mattino, mezzo ottobre, sole velato, e una minaccia di pioggia torrenziale sospesa nella limpidezza eccessiva là sulle colline. Portavo un completo blu polvere...

Chi di voi non ha mia visto un film in bianco e nero? Magari passandoci per caso, facendo zapping tra una pubblicità e l'altra, o magari perché appassionato del genere.
Le caratteristiche di questi film, soprattutto quelli ambientati nelle grandi città degli anni '30 e '40, sono le donne bellissime ed enigmatiche, sempre perfette nei loro abiti attillati, i cui sguardi languidi ammaliavano qualunque uomo. E poi? Protagonisti maschili forti, decisi, virili e incorruttibili. Ma anche gangster, alcool, bische clandestine, scazzottate e pistole. Tutte cose che nei film di oggi non ci sono più.
Il grande sonno (film)

Per i libri vale lo stesso discorso. I noir, i gialli, i polizieschi e i thriller con il tempo si sono evoluti, adattandosi al tempo in cui venivano scritti. Evoluzione naturale e necessaria di qualunque cosa a questo mondo.

Torniamo alla prima frase che avete letto, ed immaginate che a parlare sia un investigatore privato cinico, ironico, quasi corrosivo, irrispettoso e mordace nelle sue battute sempre pronte, anche nei momenti che sembrano meno opportuni, quasi diabolico nel suo non lasciarsi mai mettere i piedi in testa da nessuno, che si tratti di polizia, uomini ricchi o spietati gangster. Se vi è più semplice, immaginatelo con il volto di Humphrey Bogart.

Bene, l'uomo che avete davanti è l'investigatore privato Philip Marlowe. Ai molti non dirà nulla, altri invece diranno “Certo che lo conosco! Era ora che qualcuno ne parlasse!, ma procediamo con ordine. Il libro di cui vi parlerò oggi si intitola Il grande sonno scritto da Raymond Chandler.

Il grande sonno è il primo romanzo di Chandler in cui compare l'investigatore Philip Marlowe. In questo romanzo il nostro investigatore viene chiamato alla villa dell'anziano e ricchissimo Generale Sternwood, arricchitosi grazie a dei pozzi petroliferi situati fuori Los Angeles. Il Generale vuole che Marlowe indaghi su un biglietto ricattatorio inviatogli da un certo Arthur Gwynn Geiger, titolare di una libreria specializzata in volumi antichi e rari. Ben presto però Marlowe si rende conto che le cose sono ben più complicate di quanto sembrino, soprattutto quando finisce per conoscere le figlie del Generele: Vivian e Carmen.

Il grande sonno
Quando ho cominciato a scrivere, il massimo che mi proponevo era giocare come mezzo di espressione capace di restare a un livello non intellettuale e di acquistare tuttavia il potere di comunicare un certo numero di informazioni di solito somministrate in tono letterario. Il tipo di storia da scrivere in realtà non m'importava: ho scritto una storia melodrammatica perché, guardandomi intorno, era l'unica forma di narrativa relativamente onesta e non rischiava di pestare i piedi a nessuno.”

A parlare è Chandler in risposta all'interesse che cominciarono a suscitare i suoi libri e il suo investigatore. Parlo di interesse perché Chandler non divenne mai effettivamente famoso né in patria né tanto meno all'estero. Tuttavia a lui va reso il merito di aver tolto il poliziesco inglese dal suo curato e perfetto prato verdeggiante, per buttarlo in mezzo alla strada tra la gente comune.
A Chandler va inoltre riconosciuto il fatto di aver perfezionato lo stile hard boiled, un sotto-genere del poliziesco che si distingue dal giallo prettamente deduttivo per la sua rappresentazione realistica del crimine ed in genere di tutte le vicende narrate.

Leggendo Il grande sonno lo si capisce subito. Scritto in modo di per se semplice e diretto, non usa giri di parole o termini infiorettati, no, usa lo slang del tempo, quello che si sarebbe potuto sentire se avessimo vissuto in quel tempo, tra le strade di Los Angeles, stando alle costole di Marlowe.
Sulla storia in sé di cui Il grande sonno si compone, non c'è molto da dire, un noir ben articolato e avvincente, pare proprio di veder scorrere la pellicola di un film in bianco e nero. Quello che realmente colpisce di questo libro è il protagonista: Philip Marlowe.
Raymond Chandler

Cos'ha di particolare? La sua straordinaria realtà, la sua concretezza nel suo essere un paladino imperfetto della difesa del bene contro il male. Un disilluso uomo onesto, intestardito nell'andare avanti sempre e comunque nella sua convinzione di una concreta distinzione tra il bene e il male e nella scelta di compiere il bene piuttosto che il male. Si finisce con l'affezionarsi subito ad un personaggio simile, sorridendo alle sue battute pungenti e a quel suo senso della correttezza che a ben pensarci solo una creatura di cellulosa può avere.

Se ricordate, all'inizio vi dissi di immaginare Marlowe con il volto di Humphrey Bogart. Non è stata una scelta casuale la mia, in quanto dal libro di Chandler è stato tratto un film dove, ad interpretare l'investigatore, è proprio Bogart. L'investigatore, stereotipo di tutti gli investigatori privati venuti dopo, è stato anche di ispirazione per un personaggio di cellulosa tutto italiano. Tiziano Sclavi, per il suo famoso Dylan Dog, si ispirò infatti proprio Marlowe, e non solo, se ci fate caso, alcuni titoli degli albi di Dylan Dog sono gli stessi dei romanzi di Chandler.

Con simili premesse, non vi è venuta una gran voglia di conoscerlo questo Philip Marlowe?

Si dorme il grande sonno senza preoccuparsi di essere morti male, di essere caduti nel letame. Quanto a me, ne condividevo una parte pure io, di quel letame, ora.
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