Il-Trafiletto
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11/04/14

Viva i Peperoni

Il loro apporto vitaminico è davvero notevole. Il loro colore poi è un trionfo per gli occhi. E il sapore, vogliamo discuterne?A ragion veduta si può ben dire... Viva i Peperoni 

Una verdura con tante qualità
Sono consigliati nelle diete ipocaloriche: prima di tutto perché dal punto di vista calorico sono davvero poca cosa: siano quadrati di Norcia o di Asti (gialli o rossi), sodi di Voghera (gialli e polposi) od oblunghi come i California Wonder, Olandesi (gialli e rossi carnosi), Corno di Toro o di Spagna (lunghi e affusolati), apportano comunque 20- 25 calorie per 100 grammi. Contengono infatti tanta acqua (92%), non hanno praticamente grassi, né colesterolo. Ma a suggerirli nell'alimentazione di chi è in lotta con i chili di troppo è anche la fibra alimentare presente e una struttura particolarmente compatta: "aggiunti alle insalate aumentano nettamente il tempo di masticazione e la sensazione di sazietà e grazie al sapore spiccato permettono di diminuire l'aggiunta di grassi di condimento che, come si sa, hanno un alto valore energetico e sono i primi da limitare quando si è a dieta". Il sapore più o meno piccante consente - anche di andarci piano col sale, con beneficio in particolare di chi soffre di pressione alta.
peperoni

Verdi, gialli e rossi
Il gusto e la piccantezza del peperone dipendono soprattutto da una sostanza chiamata capsicina che, forse, è anche in grado di accelerare leggermente il metabolismo. Di recente si è poi scoperto che il colore dei peperoni non è soltanto un elemento estetico, un tocco cromatico per rendere più piacevole agli occhi una bella insalata mista. Il fatto che il peperone sia verde, giallo o rosso, ci fornisce ad esempio indicazioni sulla quantità di vitamina C contenuta: ce n'è di più in quelli gialli e rossi che in quelli verdi, e ce n'è sempre molta di più nel vegetale che è maturato sulla pianta piuttosto che in quello che è stato staccato ancora un po' acerbo. La vitamina C dei peperoni è comunque molta: "Il nostro fabbisogno giornaliero si aggira intorno agli 80 milligrammi al giorno e in un etto di peperoni verdi se ne trovano già 77 mg, 84 in un etto di rossi, per arrivare ai 203 mg di un etto di peperoni verdi maturi e ai 230 di un etto di peperoni rossi maturi. Per non buttare via la vitamina C, il peperone va però mangiato a crudo, o appena scottato sulla piastra.
Un aiuto per le cellule
Dal colore del peperone dipende anche il tipo di antiossidanti presenti: appartengono alla famiglia degli antociani e rappresentano una valida protezione contro l'arrugginimento delle nostre cellule promosso dai radicali liberi". Fate fatica a digerire i peperoni, come succede a molti? Vi capita di sentire il sapore che ritorna? Siete probabilmente sensibili a sostanze attualmente in corso di studio e che possono inibire i movimenti dello stomaco. La difficoltà di digestione non dipende comunque, come credono alcuni, dalla maggiore piccantezza del peperone.

È giunto in Europa nel sedicesimo secolo dall'America centrale e meridionale. Chiamato inizialmente "pepe d'India", è stato subito apprezzato (la sua piccantezza lo assimilava alle preziose spezie orientali) e coltivato ben presto in numerose varietà e ibridi in tutta l'Europa mediterranea.
La coltura del peperone ha bisogno di clima caldo e tanta acqua. In Italia la coltivazione di peperoni è molto estesa (anche se la superficie a essi destinata è calante), soprattutto nel Centro e nel Sud.
• All'acquisto il peperone deve avere la buccia lucente e ben tesa, la polpapolpa soda e croccante al tatto. Se non ha queste caratteristiche, il peperone è sicuramente "passato''
• Si conserva in frigo, nella parte meno fredda, per 7-8 giorni senza perdere le sue qualità. Oltre i 10 è da buttare.
• Dopo averlo maneggiato in cucina è opportuno non toccarsi gli occhi e le mucose, che potrebbero soffrire fastidiose irritazioni.
• Si dice che, ma non è del tutto vero, il peperone sia di scarsa digeribilità. Comunque lo si rende più digeribile .,.ed è un consiglio valido per ogni tipo di cibo - avendo l'avvertenza di masticarlo a lungo, specie se consumato crudo.

06/03/14

Il dolore | Dopo decenni di studi scoperta la molecola che fa...male!

Il dolore: dopo decenni di studi scoperta la molecola che fa...male!
Se sessant’anni fa Aldous Huxley, desiderava dare via libera “alla percezione”, oggi la scienza potrebbe essere sul punto di compiere l’esatto contrario.

Proprio cosi: finalmente, dopo decenni trascorsi a compiere ricerche e studi, gli scienziati della University of California di San Francisco sono riusciti nell'impresa di immortalare un’immagine ad altissima risoluzione della Trpv1, ovvero sia la proteina ritenuta responsabile della trasmissione delle sensazioni dolorose dalla pelle al sistema nervoso! Venendo così a conoscenza che la molecola è un vero e proprio portale capace di modificare la sua struttura, cioè dare via libera per l’appunto a reazione a stimoli, come bruciature o contatto con sostanze urticanti.

Molecola del dolore
Lo scorso dicembre, gli scienziati hanno pubblicato su Nature i dettagli della loro scoperta. La ricerca in realtà, era iniziata nei primi anni '90, quando il biologo David Julius si interessò alla capsaicina, la molecola che conferisce al peperoncino il tipico gusto piccante.

All’epoca non se ne sapeva granché: non era chiaro quale recettore vi si legasse e trasmettesse la sensazione al sistema nervoso. Il colpaccio arrivò nel 1997, quando l’équipe di Julius individuò un membro “piuttosto misterioso” di una famiglia di recettori i canali ionici Trp.
Nel corpo dei mammiferi sono disseminati circa 30 diversi canali di questo tipo: i ricercatori scelsero di concentrarsi sulla Trpv1, localizzata nelle fibre nervose sotto la pelle e la lingua e ne scoprirono le caratteristiche fondamentali. “Quando si morde un peperoncino, per esempio”, spiega Quanta Magazine, “la capsaicina si lega al canale Trpv1 e ne modifica la struttura, aprendo le porte per l’interno del neurone. A questo punto, gli ioni entrano nella cellula e innescano l’attività elettrica che invia segnali di dolore al cervello”.

Accade lo stesso quando si sorseggia una tazzina di caffè bollente, ma in quel caso è il calore ad aprire la strada verso il neurone. Da allora a oggi, gli scienziati hanno compreso molte altre caratteristiche del recettore, soprattutto grazie allo sviluppo di nuove tecniche di imaging (in particolare la microscopia crioelettronica) che hanno permesso di fotografarlo con estremo livello di dettaglio.
La Trpv1 a quanto pare, non è un semplice sensore, ma un vero e proprio computer in grado di raccogliere informazioni sul mondo circostante ed elaborarle per proteggerci da danni ulteriori. Funziona più o meno come una manopola del volume che regola l’intensità del dolore: quando è a contatto con la capsaicina per esempio, abbassa la soglia della tolleranza al calore (ecco perché un cibo bollente sembra ancora più caldo dopo aver morso un peperoncino).

Allo stesso modo, rende i neuroni più sensibili a bruciature e sostanze urticanti dopo una scottatura solare. Ma c’è di più. La struttura della Trpv1, secondo gli scienziati, è simile all’airlock delle navicelle spaziali. Sono presenti in realtà due porte – una che dà all’esterno e una che affaccia sul neurone – ed entrambe devono essere aperte perché gli ioni possano fluire e innescare l’attività elettrica. E non tutte le sostanze agiscono allo stesso modo: la capsaicina fa sì che le porte si aprano più frequentemente (dando luogo all’effetto che descrivevamo in precedenza), mentre il veleno del ragno, per esempio, è una specie di fermaporta e luogo a sensazioni di dolore più costanti e prolungate nel tempo. La scoperta, sostengono gli scienziati, aiuterà a mettere a punto nuovi antidolorifici, possibilmente più efficaci con meno effetti collaterali rispetto agli oppiacei attualmente utilizzati: “Più si agisce a livello periferico”, dice Julius, “meglio si può intercettare il dolore senza interferire con in sistema nervoso centrale”. Diamo il benvenuto al dolore nell’era molecolare.
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