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17/04/14

Alla scoperta della farina di semi d'uva | Nutrizione

Mai sentito parlare della farina di semi d'uva? Ebbene è un prodotto straordinario, in quanto i suoi benefici effetti sono indotti dalle potenti molecole antiossidanti che contengono le proantocianidine (PCO)  e il resveratrolo (che si trova anche nel vino rosso e nelle noci) di cui si conoscono le propeità antitumorali e cardioprotettive.
Gli estratti di PCO (proantocianidine) dei semi dell'uva hanno svariate proprietà: aumento del livello di Vitamina C intracellulare, riduzione di permeabilità e fragilità capillare, purificazione da ossidanti e radicali liberi, inibizione della distruzione del collagene, ostacolano la produzione di radicali, inibiscono gli effetti dannosi degli enzimi che possono degradare le strutture dei tessuti connettivi.
Il "collagene”, la proteina più abbondante dell'organismo, è responsabile del mantenimento dell’integrità della sostanza fondamentale, dei tendini, dei legamenti e della cartilagine.
Farina di semi d'uva
Costituisce inoltre la struttura di sostegno della cute e dei vasi sanguigni. I PCO dei semi d'uva hanno la capacità unica di effettuare legami crociati tra le fibre di collagene, provocando così il rafforzamento del legame del tessuto connettivo. Questo significa che l'attività antiossidante dei PCO dei semi d'uva è di grna lunga maggiore (circa 50 volte) rispetto a quella della vitamina C e della vitamina E e fornisce una forte protezione alle cellule contro il danno infiammatorio da radicali liberi inclusi cardiopatie, artriti e cancro. Attualmente le principali applicazioni cliniche dei PCO estratti dai semi dell'uva sono nella cura dei disturbi di vene e capillari, inclusa l'insufficienza venosa, nelle vene varicose, nella fragilità capillare, nei disturbi della retina comprese retinopatia diabetica e degenerazione maculare, nella funzione visiva, nell'aterosclerosi, nonché per problemi cardiovascolari. Al momento non si conoscono effetti collaterali noti, ma assicuratevi di parlare con un medico prima di assumere estratti di semi d'uva, soprattutto se state assumendo anticoagulanti o se avete un disturbo emorragico, o se siete i gravidanza. Questa premessa per far capire meglio come la farina di semi d'uva è quanto c’è di meglio per contrastare l’incedere del tempo.  Azione anti tumorale e cardioprotettiva come dimostrato dai risultati di uno studio condotto dall’Università di Oslo. Sappiate che questa farina, stando ai risultati di uno studio condotto dall’Università di Boston, sarebbe quanto c’è di meglio per detergere e purificare la pelle. Non solo, ma gli ingenti quantitativi di vitamina E e vitamina C contenuti in questa farina, fanno sì che quest’ultima sia particolarmente indicata per contrastare artriti e reumatismi” confermano i ricercatori svedesi. Dunque, perchè non provarla? Facciamoci consigliare dal nostro erborista di fiducia e parliamone la nostro medico. 

07/03/14

API: Oltre al miele...c'è di più

Oltre al miele propoli e pappa reale si fa avanti un altro tipo di applicazione dal mondo dell'alveare: l'uso del veleno dell'insetto per curare reumatismi, artriti, artrosi e altro ancora con risultati sorprendenti.

L'ape è un insetto meraviglioso indispensabile all'agricoltura, perchè grazie al suo prezioso lavoro di impollinazione permette la sopravvivenza di piante, fiori, frutti e di tanti prodotti della terra. "Senza l'ape l'agricoltura e il suo pianeta non avrebbero un futuro", sono pronti a dichiarare i bene informati. Della stessa idea era Albert Einstein: ".....Se l'ape scomparisse dalla faccia della terra, all'uomo non resterebbe che quattro anni di vita..."

Ape
Ma l'ape non è solo l'amico per eccellenza dell'ambiente è anche un formidabile insetto capace di assicurare altri preziosi doni all'uomo. L'arnia può essere definita senza imbarazzo un vero e proprio centro della salute naturale. Vi si trovano miele, propoli, polline, pappa reale, capaci di assicurarci una ricca fonte di nutrienti. Non a caso negli ultimi decenni, grazie alla ricerca scientifica, si è dimostrata la grande validità terapeutica e alimentare dei prodotti dell' alveare. Ormai si parla di apiterapia. E un altro grosso vantaggio è che il miele e i suoi fratelli possono fare la parte del leone nei regimi alimentari di ogni giorno, senza costituire alcun rischio per la salute umana.
«Troppo spesso si dimentica che racchiudono sostanze ricche di aminoacidi, vitamine (B, C, K, acido folieo e pantotenico), sali minerali (calcio, fosforo, ferro, zolfo, potassio, manganese e altri in quantità oligodinamiche), zuccheri, enzimi, sostanze ad azione antibiotica e ancora biostimoline, acetilcolina, pigmenti, solo per citarne alcune, che ne fanno alimenti-rimedio doc, alleati della buona salute. Si tratta di elementi biologicamente attivi, ideali per stare in forma senza danneggiare 1'organismo o a rivitalizzarsi tenendo conto del principio che dovrebbe essere alla base di ogni pratica curativa "pnmum non nocere", cioè innanzitutto non recare danni». 
 Paure infondate Tuttavia, da sempre, nascondiamo un timore ancestrale nei confronti dell' aculeo delle api. In realtà al momento della puntura le api iniettano un veleno, un altro prodotto da annoverare nell'apiterapia, che ha virtù curative superiori a quelle di molti farmaci. Stiamo parlando dell' apipuntura, una tecnica antica come il mondo. Già Ippocrate e, successivamente, Galeno erano sicuri assertori di questa terapia. Ma è soprattutto nell'ultimo secolo che il nuovo approccio ha conosciuto una maggiore considerazione fra i ricercatori. Si dice che il primo medico a curare con la puntura d'ape fu, intorno al 1870, Anton Tere. il suo campo d'intervento erano soprattutto le malattie reumatiche. Gli studi furono portati avanti e sperimentati con successo su pazienti affetti da malattie reumatiche e artriti, a partire dal 1930, da due medici statunitensi il dottor Bodog Beck e il dottor Joseph Broadman. Oggi della composizione del veleno d'api si occupano numerose università a livello mondiale.
Tra le tante si segnalano il dipartimento di medicina dell'università statunitense di Cincinnati nell'Ohio; School of Medicine di New York; ospedale di Gorki, in Russia; lo Ziegler Hospital di Bema, in Svizzera; il dipartimento di biologia cellulare a Glasgow, in Scozia; il Dipartimento di Immunologia clinica presso il Flinders Medical Centre a Bedford Park, in Australia; il Dipartimento di Dermatologia di Amburgo, in Germania. 
E ci fermiamo qui perché l'elenco sarebbe molto lungo. Ma qual è la composizione del veleno? Ancora non è del tutto nota. I dati disponibili dicono che al 70 per cento è composto da acqua, mentre nel restante 30 per cento si trovano principi attivi, tra i quali si segnalano mellitina, ampamina, acido formico, acido cloridrico e ortofosforico, istamina, due enzimi come la ialoronidasi e fosfolipasi A, colina e albumina. Verso la metà degli anni Settanta nel veleno è stata trovata una nuova sostanza, il cardiopep, che ha interessanti effetti a livello cardiaco. Ma vediamo a cosa fa bene il veleno d'api. I ricercatori sostengono che il suo campo d'azione sono soprattutto reumatismi, artriti, artrosi, infiammazioni del sistema nervoso periferico, ulcere e piaghe croniche, arteriosclerosi dei vasi periferici, ipertensione arteriose non seria, eczemi, psoriasi, artrite reumatoide. Solo in mani esperte Come si pratica la cura? Ce lo spiega il dottor Federico Grosso, al quale va il merito di aver introdotto l'apipuntura in Italia. Del resto qui da noi è ancora vista con scetticismo e incredulità, nonostante sia applicata con successo un po' ovunque nel mondo. Secondo il dottor Grosso c'è addirittura bisogno di approfondire ulteriormente l'applicazione dell'apipuntura. Un'ipotesi di lavoro interessantissima sarebbe quella di abbinarla con l'agopuntura che porterebbe al potenziamento delle due terapie. Per praticare la cura ci vogliono api sane di uno sciame forte e questo compito va affidato a un apicoltore esperto. Per catturare l'ape, senza farsi pungere, occorre prenderla frontalmente con gesto calmo ma deciso afferrandone l'alina sinistra con pollice e indice della mano destra. Anche una pinza a gambi lunghi, comunque, va bene per la cattura dell' ape. Lape è poi appoggiata sulla cute e pungerà immediatamente immergendo anche il pungiglione. La tecnica del dottor Grosso prevede 1'asportazione del pungiglione dopo averlo schiacciato con una pinza in misura più o meno completa, secondo la reattività del paziente. Ma il pungiglione si può anche non rimuovere se si vuole sfruttare lentamente tutta l'azione del veleno in esso contenuto. In genere si raccomandano 2 sedute settimanali distanziate fra loro (per esempio, martedì e giovedì) con un numero variabile di punture che vanno dalle 2-3 alle 10-12 circa per seduta. A fare la differenza è la risposta del paziente al veleno. Un ultimo consiglio. È bene precisare che per questo tipo di terapia occorre recarsi da uno specialista qualificato. In agguato ci potrebbero essere pericolosi fenomeni allergici che solo personale serio può prevedere o bloccare. Non a caso il medico apipuntore esegue prima di avviare qualsiasi terapia delle prove allergiche e in caso di comparsa del fenomeno prepara in modo adeguato il paziente alla terapia. Si parla, in questo caso, di desensibilizzazione. In commercio si trovano anche pomate e fiale al veleno d'api da iniettare per via cutanea. Ma sempre secondo il dottor Grosso ci sarebbe una riduzione curativa del veleno perché per metterlo in fiala si volatilizzerebbero alcuni componenti fondamentali.
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