Sempre più consumatori di casa nostra inseriscono abitualmente a tavola la cosiddetta frutta tropicale: non c'è pasto di tendenza in cui non compaia ananas, papaya, frutto della passione, mango, avocado, maracuja.
Qualcuno si fregia addirittura di servire meloni e arance provenienti da altri paesi. Il fenomeno è così vistoso che si può parlare di una vera e propria passione. Una passione che nasconde, però, non poche insidie. La ragione? Può succedere che i paesi da cui proviene la frutta, in genere extraeuropei, facciano ricorso a metodi di coltivazione, conservazione e spedizione che in Italia sono ormai fuorilegge da decenni.Ananas |
Allo stesso inesorabile iter sono sottoposte banane e ananas che provengono dall'Africa e dall'America Latina. Avocado e banane, prima della spedizione, subiscono l'ammollo in soluzioni antiparassitarie per contrastare la formazione di funghi che potrebbero svilupparsi sotto la buccia durante il viaggio. Tra queste sostanze brilla il tiobendazolo: può restare attivo per quasi 20 giomi, comparendo tranquillamente nel nostro piatto. Un altro consiglio è di stare alla larga dalla frutta fuori stagione: ciliege, pesche e albicocche, durante la stagione fredda, arrivano certamente da lontano. l'alternativa? Anche se può sembrare arcinoto, in realtà non lo è, occorre scegliere prodotti biologici o provenienti da lotta integrata, nostrani o esotici che siano, che si trovano anche nella grande distribuzione. Se la cosa non fosse possibile, almeno al supermercato o dal «verduraio» sotto casa, pretendete di conoscere la zona di origine di un frutto.