La scorsa settimana vi ho
lasciato con l'enigma di chi fosse l'altro concorrente di Hannibal
Lecter oltre a Beauty Killer. Vi do un indizio:
vi ho già parlato di questo autore riferendomi a lui come una
piacevole eccezione alla regola. Ancora niente? Se vi dico che è
italiano?
Va bene, sto parlando di
Donato Carrisi e del suo L'ipotesi del male.
Non è esattamente un concorrente dei due autori di cui vi ho parlato
la scorsa settimana, perché nel caso di Carrisi
le regole del gioco sono leggermente differenti, però mi sembra
giusto metterlo, se non proprio allo stesso livello, almeno nello
stesso calderone.
Con
Il suggeritore l'autore
ci aveva aperto le porte del suo mondo ignoto, in cui il limite tra
bene e male è talmente labile da rendere difficile distinguerli. Ne
L'ipotesi del male,
Carrisi scende ancora
più in profondità, parlandoci ancora di Mila,
decisa a nascondersi
nel
Limbo,
la sezione della polizia dedicata alle persone scomparse: “Vivi
che non sanno di essere vivi. E morti che non possono morire”.
L'intento di Mila
però si infrange quando viene richiesta nuovamente la sua
collaborazione. Delle persone scomparse da anni, hanno deciso di
tornare e di uccidere. Perché sono scomparse? E perché sono tornate
per uccidere? Queste sono le domande a cui Mila
deve rispondere, scavando nelle profondità del male, in oscurità
dalla quale Mila
sembra essere attratta più di chiunque altro.
L'ipotesi del male |
Vi
starete chiedendo perché abbia deciso di mettere Carrisi
insieme ad Harris
e alla Cain,
qui non c'è un vero serial killer, personaggio e protagonista della
vicenda. Non è del tutto vero, perché un serial killer c'è.
Carrisi
ce ne aveva parlato nel romanzo precedente, definendolo semplicemente
un suggeritore.
In questo secondo romanzo questo misterioso personaggio che agisce
nell'ombra è ancora presente, tira i fili e manovra i suoi burattini
con diabolica abilità.
Con
L'ipotesi del male,
Carrisi
riconferma il suo stile narrativo, fatto di luoghi senza nome e
ambientazioni cupe. Una
Mila
che sembra scivolare sempre più nell'oscurità, affiancata da
personaggi anch'essi al limite dell'oscurità del male.
La
trama si presenta avvincente e ben strutturata, con Carrisi
che pone il lettore di fronte alla questione di quegli individui che
decidono di scomparire, senza lasciare nessuna traccia di sé.
Raramente gli autori parlano di questi individui, sviscerando la
tematica e fermandosi a chiedersi le ragioni della loro scomparsa o
dove mai possano essere andati questi individui qualora decidano di
tornare. A Carrisi
va dato il merito di averci provato e di aver costruito una storia di
tutto il rispetto che può, ancora una volta, fare concorrenza ai
romanzieri d'oltreoceano.
Donato Carrisi |
Mentre
vi raccontavo la trama, probabilmente a più di qualcuno sarà venuta
in mente la serie tv The
Following,
con la sua dinamica del suggeritore,
dei manipolati che commettono omicidi e dell'ex agente dell'FBI che
tenta di fermare i piani del serial killer. Non è un caso che ci
siano delle somiglianze, in effetti la serie tv prende proprio
ispirazione dal libro di Carrisi.
Dico ispirato,
perché ovviamente la somiglianza si ferma alla figura del
suggeritore,
ma è comunque meglio di niente: per una volta siamo noi italiani ad
ispirare gli americani.
Se però pensate che la mia digressione sul monto criminale della
letteratura sia terminata, vi sbagliate, ho ancora un autore di cui
parlarvi, che merita di essere gettato nel calderone. Di chi si
tratta? Dovrete attendere il prossimo appuntamento con la mia rubrica
per saperlo.