04/12/13

Dallo spazio infinito per capire un vulcano!

Comprendere l’attività di un vulcano? Proviamoci dallo spazio! Facendo uso contemporaneo di dati satellitari e misurazioni al suolo, il risultato pare venire in aiuto a comprendere le possibili risalite di magma che precedono la ripresa dell'attività eruttiva del Siculo vulcano,  l’Etna. Questo è quel che riporta uno studio che ha preso vita dalla collaborazione tra il Consiglio nazionale delle ricerche (ovvero il Cnr), l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e l’Agenzia spaziale italiana (Asi) che è stato reso pubblico attraverso un articolo sulla rivista Scientific Reports di Nature.
Comprendere la struttura interna di un vulcano e il suo funzionamento è soltanto uno dei traguardi principali degli studi vulcanologici. A tal proposito i ricercatori possono fare uso soltanto su informazioni ottenute sulla superficie del vulcano e sull’analisi dei prodotti emessi (lava, gas, cenere, …).
Eruzione vulcanica

Questo specifico studio, per la prima volta, fa uso sinergicamente le misure della deformazione del suolo, il cui calcolo viene utilizzato tramite i dati ottenuti da radar satellitari come Ers/Envisat e Cosmo-SkyMed, oltre le informazioni sulle piccole variazioni del campo gravitazionale le cui misure sono recepite in prossimità della superficie del vulcano.

“Uno degli strumenti più importanti per la comprensione dei fenomeni che avvengono in profondità è lo studio delle deformazioni della superficie terrestre”, spiega Eugenio Sansosti del Cnr, “Deformazioni del suolo anche molto piccole, fino ad un centimetro, possono essere misurate dallo Spazio utilizzando sensori radar ad apertura sintetica, chiamati Sar, montati a bordo di satelliti”.

È per questo che l’Etna è costantemente monitorato dai satelliti della costellazione dell’Asi Cosmo-SkyMed che dal 2009 acquisiscono con estrema regolarità, sul vulcano italiano.
Piccole variazioni della superficie terrestre sono l’effetto misurabile di vari processi geofisici, spesso complessi e sovrapposti. Tuttavia, nonostante l’estrema precisione delle tecniche Sar satellitari, non sempre fenomeni importanti, quali la risalita di magma in un vulcano, danno luogo a deformazioni del suolo significative.

“È proprio in questi casi che l’integrazione con altri dati fornisce i risultati più interessanti”, prosegue Sansosti. “Nel nostro lavoro, in aggiunta ai dati Sar, abbiamo utilizzato dati gravimetrici raccolti dall’Ingv. Con tali dati, che misurano le variazioni del campo gravitazionale, è possibile avere una stima delle masse magmatiche presenti sotto la superficie del vulcano. Questo permette di individuare fenomeni di risalita del magma anche se non causano deformazioni del suolo misurabili”.

Un lavoro che apre nuove prospettive per la comprensione del funzionamento dei vulcani. La risalita di magma, tuttavia, non è l’unico fenomeno che causa variazioni della superficie terrestre e del campo gravitazionale. “In un sistema vulcanico così complesso come l’Etna, molti sono i fattori che influenzano questi parametri”, spiega Gilda Currenti dell’Ingv: “La capacità di creare nuovi modelli numerici che permettano, mediante simulazioni al computer, di separare i diversi fenomeni che avvengono contemporaneamente, permetterà di capire con maggiore precisione quando il vulcano inizierà una nuova fase eruttiva”. Ed è questa la sfida per il futuro.

Questo studio è stato co-finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana tramite il progetto Sar4Volcanoes che ha anche messo a disposizione i dati Sar acquisiti dai satelliti Cosmo-SkyMed. Per favorire la conoscenza dei fenomeni vulcanici, l’Asi aderisce all'iniziativa internazionale Supersites, mettendo a disposizione della comunità scientifica internazionale i dati della missione Cosmo-Skymed su alcuni vulcani nel mondo come Hawaii e Islanda.





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