Il-Trafiletto

27/01/14

Protozoi per testare i cosmetici

Da marzo 2013, in base alla direttiva dell'UE 2003/15/CE che integra la 76/768/CEE, in tutti i Paesi dell'Unione Europea è stata vietata commercializzazione di prodotti e cosmetici testati sugli animali. 
La Commissione inoltre, come indicato nella stessa direttiva, s'impegna a sostenere e promuovere la ricerca di metodi di sperimentazione alternativi, tenendo sempre presente la sicurezza e la tutela della salute dei consumatori.

In quest'ottica di innovazione e promozione di più efficaci e moderne forme di sperimentazione per la ricerca su nuovi ingredienti, s'inserisce la ricerca condotta dalla Università di Liverpool i cui risultati sono stati pubblicati sull'International Journal of Cosmetic Science. Si tratta di una ricerca condotta su prodotti cosmetici, nello specifico su mascara di diversi brand; per testarne la tossicità sono stati utilizzati organismi unicellulari ovvero protozoi. I ricercatori, infatti, hanno eseguito la sperimentazione su protozoi con un corredo genetico simile a quello umano e una volta somministrato il cosmetico, osservato la reazione della cellula, per valutare se il prodotto in questione fosse pericoloso o meno per salute. La ricerca, guidata da David Montagnes, ha dato ottimi risultati e presenta dei notevoli vantaggi anche da un punto di vista economico, come sottolinea lo stesso Montagnes. Pertanto può essere considerata una valida alternativa alle forme di sperimentazione su animali.

Credo che in un'epoca così sviluppata e avanzata come la nostra, in cui sono stati fatti notevoli passi avanti anche in campo medico, non sia impossibile trovare forme di sperimentazione innovative e metodi di ricerca alternativi, nel rispetto della salute dell'uomo e risparmiando inutili sofferenze ai nostri amici animali.

Il "Cilindro" della Apple | Una workstation a foggia cilindrica

Apple come sempre ha fatto centro, presentando una workstation grafica fenomenale in ogni suo aspetto come il nuovo Mac Pro. È impossibile non sbalordirsi davanti ad un computer dal design così originale, fuori dagli standard commerciali.
Chi l'avrebbe mai immaginato che una workstation a foggia cilindrica potesse essere così anticonformista e soprattutto chi avrebbe potuto farlo in anni in cui i PC tradizionali stanno vivendo una crisi che nera è dir poco? Solo Apple, che ormai ha nel DNA la capacità di ripensare e rivoluzionare – e con successo – ogni settore dell’IT e della telefonia. Gli smartphone iPhone, i tablet iPad, i portatili MacBook, senza dimenticare la prima vera rivoluzione, quella della musica portatile con gli ormai mitici iPod. Il Mac Pro, il nuovo oggetto del desiderio per tutti i professionisti creativi si è fatto attendere e non poco, con una lacuna nella gamma Apple colmata anni dopo l’ultima proposta.

 Addirittura, complice anche una crescita esponenziale della domanda del mondo consumer e mobile, i vertici di Apple – Steve Jobs in primis – avevano pensato di eliminare la linea Pro dedicata, per l’appunto, a chi usa i PC per lavorare. Il progetto del nuovo Mac Pro è stato svelato a metà 2012 e, a differenza di tutti gli altri prodotti del brand i Cupertino, questa volta non ci sono state fughe di notizie, nei mesi immediatamente precedenti. Così la segretezza e la conseguente aria di mistero sono rimaste intatte sino alla fine e la nuova workstation Apple ha lasciato tutti a bocca aperta. Apple punta a un bersaglio ben preciso: rivitalizzare una nicchia dell’IT che appare sempre più atrofizzata e poco stimolante, soprattutto per chi deve produrre soluzioni per i professionisti. Ha dunque operato nell’unico modo possibile: reinventare la workstation, facendola rinascere dalle sue ceneri e sfruttando, in parte, l’esperienza maturata con il poco apprezzato Mac Mini. Quindi abbiamo un approccio concettuale molto rigoroso, sia per forme esterne sia per costruzione interna. Il risultato è un computer che non lascia indifferenti e fa parlare di sé sin dal primo istante: subito si è colpiti dalla sua estetica avveniristica e poi, scendendo nel dettaglio, dal lavoro compiuto per ottimizzare lo spazio interno.




Anche per il Mac Pro, se non si era ancora capito, tutto ruota intorno al design. Ma cosa cela la workstation Apple al suo interno? È un cilindro di alluminio estruso, al cui interno troviamo tre schede collocate simmetricamente, e su cui sono alloggiati la CPU, la RAM, due GPU e l’unità di archiviazione su drive flash PCI Express. Il raffreddamento è a carico di un dissipatore magistralmente collocato al centro, a sezione triangolare e che corre per tutta la lunghezza del magnifico chassis cilindrico.
Cuore potente Due sono le configurazioni di base per il nuovo Mac Pro, proposte a rispettivi prezzi di partenza di € 3.049 e € 4.049 IVA inclusa. L’entry-level, anche se fa specie usare questo termine, considerata la potenza di calcolo già elevatissima, poggia su un processore Intel Xeon E5 quad-core (3,7 GHz, 10 MB cache L3), 12 GB di RAM ECC DDR3 a 1.866 MHz, due GPU AMD FirePro D300 ognuna con 2 GB di VRAM GDDR5 e per finire un’unità flash PCI Express da 256 gigabyte. La configurazione high-end differisce per il processore Xeon E5 a sei core (3,5 GHz, 12 MB cache L3), per i 16 GB di RAM e per la coppia di GPU FirePro D500 ognuna con 3 GB di VRAM. Apple Mac Pro (2013) Ma la nuova workstation Apple sembra non avere limiti, potendo spingersi sino all’incredibile configurazione che prevede un processore Xeon E5 da 12 core con 30 MB di cache L3 condivisa su un unico chip, 64 GB di memoria, doppia GPU FirePro D700 con 12 GB di memoria totale e un terabyte di unità flash PCIe. Un aspetto non trascurabile, poi, è la relativa facilità nell’accedere (e quindi aggiornare e/o sostituire) ai componenti interni – RAM, flash drive, CPU. Spostandoci dall’espandibilità alla connettività, il Mac Pro continua a fare sul serio: si possono collegare sino a tre display 4k o sei monitor tramite interfaccia proprietaria Thunderbolt 2, non mancano una HDMI 1.4 Ultra HD, quattro USB 3.0 e due porte Gigabit Ethernet. Le sei porte Thunderbolt 2 meritano un breve ma fondamentale approfondimento, rischiando di passare inosservate: ognuna permette di collegare sino a sei periferiche esterne in serie, fino a 36 dispositivi in totale, con ognuno di questi che può godere di 20 GB/s per larghezza di banda. Possiamo veramente parlare di performance senza compromessi, sotto ogni punto di vista. Non ci resta che chiudere con la connettività wireless, che prevede il supporto di Bluetooth 4.0 e di reti Wi-Fi di ultima generazione (802.11ac).

Perché si dice "pietra dello scandalo"?

Il detto "pietra dello scandalo" risale agli antichi Romani, quando i commerci erano tanto floridi, quanto rischiosi. Al tempo di Cicerone infatti chi falliva senza poter pagare i suoi debiti veniva condannato a una pena davvero umiliante, la bonorum cessio culo nudo super lapidem (cessione dei beni, a natiche denudate, sopra una pietra) che gli toglieva ogni briciolo di dignità: i condannati venivano infatti portati in Campidoglio, dovevano togliersi gli abiti dall’ombelico in giù e, seduti su una pietra particolare con il fondo schiena nudo, doveva gridare “cedo bona”, ossia “cedo i miei averi”. Da qui l’espressione “essere la pietra dello scandalo”, che significa essere oggetto di clamore per azioni riprovevoli. Fatto questo la colpa era ritenuta estinta e dal quel momento i creditori non potevano più riavvalersi su di loro. Fu Giulio Cesare a inventare questo tipo di pena per sostituire una delle Leggi delle XII tavole in cui si autorizzavano i creditori non soddisfatti a uccidere o ridurre in schiavitù il debitore moroso. A Roma, la “pietra dello scandalo” era un macigno vicino al Campidoglio. Ma ve ne sono in tutta Italia, anche di periodi posteriori. 1- a San Donato Valdicomino (Frosinone) esiste la cinquecentesca Pietra di San Bernardino (promotore dei Monti di Pietà), dove il debitore stava ininterrottamente seduto a natiche nude per un periodo di tempo proporzionato all’entità del suo debito. 2- A Rimini sotto il portico del Palazzo dell’Arengo, fra i banchi di banchieri e notai e dove pubblicamente veniva amministrata la giustizia, vi era un pietrone (lapis magnum) dove il condannato doveva battere tre volte e con violenza il sedere nudo gridando ogni volta come fosse un mantra “Cedo bona!” (cedo i miei  beni).  3- a Milano si trovava in Piazza Mercanti, ed era un blocco di grtrementinaanito nero.  4-La pena a Firenze aveva un nome preciso, “l’Acculata“, e si svolgeva nella Loggia del Porcellino nel Mercato Nuovo; la pietra era quel cerchio di 6 spicchi di marmo tutt’ora visibile e che rappresenta in dimensione reale la ruota del Carroccio, simbolo della legalità. Qui il Magistrato del Bargello, scegliendo le ore in cui il mercato era strapieno, scandiva a voce alta il nome del condannato e il motivo della pena; al tapino poi venivano calate le braghe, era afferrato per braccia e gambe, fatto oscillare sulla folla “ostentando pubenda” e infine, fra i frizzi e lazzi della folla, lasciato cadere “percutiendo lapidem culo nudo”. 5- a Modena erano ancora più cattivi; usavano la pietra “ringadora”, quel gigantesco blocco di marmo rosso veronese che ora è posto all’angolo del Palazzo Comunale in piazza Grande. Un’ordinanza dello Statuto Cittadino del 1420 prescriveva che il colpevole dovesse essere lì condotto per 3 consecutivi sabati (giorno di mercato), fare 3 volte il giro della piazza preceduto da trombettieri che attirassero l’attenzione e a ogni giro fosse spinto a “dare a culo nudo su la petra rengadora la quale sia ben unta da trementina“, per farlo bruciare non solo di vergogna.

Vita in ufficio: cinque piante, cinque buoni motivi per coltivarle

 La vita in ufficio è stressante, e dobbiamo rimanerci per parecchie ore al giorno, ore in cui i livelli di stress vanno via via aumentando. "Hic sunt leones" è l'adagio giusto per descrivere il clima dell'ufficio durante la settimana. Come abbassare i livelli di stress e fare in modo che i giorni e le ore da passare al lavoro non ci facciano venire la voglia di andare dallo psicanalista? Non arrovellatevi, vi vi vedo, c'è una soluzione molto semplice: coltivare delle piantine e rendere anche più accogliente la propria postazione.
Vediamo almeno cinque motivi e cinque piantine adatte all'uopo.
Piante in ufficio

1) Migliorare la qualità dell'aria e la salute: le piante contribuiscono a purificare l'aria dell'ufficio e a migliorare la salute degli impiegati. Lo conferma uno studio della Nasa. Le piante da interni sono in grado di assorbire le sostanze volatili (VOC) che possono creare problemi respiratori o irritazione agli occhi. Grazie alle piante da interni, l'aria dell'ufficio sarà più pulita e respirabile. Inoltre, le piante contribuiscono a rendere più piacevole la permanenza in ufficio e a garantire un maggiore benessere generale, tanto da favorire la guarigione dalle malattie.
2) Ridurre lo stress: le piante presenti in ufficio contribuiscono a ridurre lo stress in coloro che vi lavorano. Per confermare ciò che si ipotizzava da tempo, sono stati effettuati dei test psicologici a livello universitario nel Regno Unito. Lo studio, condotto nell'ambito della psicologia ambientale, ha dimostrato che la presenza di piante in ufficio contribuisce a prevenire e a conrtrastare lo stress.
3) Migliorare la produttività: prendersi cura di una piantina sul posto di lavoro migliora l'autostima ed accresce la produttività. I ricercatori della Washington State University hanno dimostrato, attraverso uno studio specifico, che la coltivazione delle piante da interni aiuta gli impiegati a svolgere i propri compiti con maggiore concentrazione ed efficienza. Grazie alla presenza delle piante, nel corso dell'esperimento, la produttività dei partecipanti ha subito un incremento del 12%.
4) Rendere l'ufficio più confortevole: le piante da interni contribuiscono a regolare il grado di umidità in ufficio. Il livello minimo di umidità normalmente raccomandato per le abitazioni corrisponde al 30 per cento, ma molti luoghi di lavoro non lo rispettano. Un'umidità troppo scarsa può portare ad affaticamento durante il lavoro e a problemi respiratori. Uno studio condotto presso l'Università di Washington ha dimostrato che, proprio grazie alle piante, in ufficio è possibile raggiungere il livello di umidità ideale.
5) Proteggere l'ambiente: coltivare delle piantine in ufficio, oppure un piccolo orto, ci ricorda l'importanza che il rispetto della natura e dell'ambiente deve sempre avere nelle nostre vite, anche quando ci troviamo impegnati a svolgere i nostri compiti lavorativi. Innaffiare le piantine presenti in ufficio o sulla scrivania aiuta a rilassare la mente e favorisce la focalizazione su ciò che nella vita conta davvero. Prendendoci cura di una pianta non possiamo che ricordare di mettere sempre l'ambiente al primo posto. In ufficio non sprecheremo più carta, ridurremo i rifiuti e faremo in modo di risparmiare energia elettrica.
Vediamo quali sono le piante più adatte: 1) Falangio: il falangio, o Chlorophytum comosum, è una pianta originaria dell'Africa Meridionale. E' adatta ad essere coltivata negli spazi interni. In ufficio può essere posizionata sugli scaffali più alti o in vasi pensili da appendere al soffitto. Secondo alcune ricerche condotte presso l'Università delle Hawai, questa pianta migliora la qualità dell'aria dell'ufficio e riduce lo stress da lavoro. Inoltre, la pianta diminuisce la presenza di composti volatili e di allergeni, rendendo l'aria più salubre e respirabile. Non richiede annaffiature frequenti e si accontenta anche di stanze non molto illuminate. 2) Melissa: la melissa (Melissa officinalis) è una pianta erbacea che può essere coltivata senza problemi sulla scrivania e che può anche essere posizionata accanto ad una finestra. E' molto resistente e non richiede molte cure, oltre ad annaffiature piuttosto frequenti, utili per mantenere il terriccio umido. Studi scientifici suggeriscono che la vicinanza di una pianta di melissa migliora l'umore e il benessere al lavoro. Secondo uno studio condotto presso l'Università dell'Ohio, i benefici della melissa a favore del buonumore sono correlabili all'aromaterapia e agli oli essenziali presenti nelle sue foglie. Per la vostra pianta di melissa utilizzate del terriccio ricco e ben drenato. Ricordate di eliminare sempre i ristagni d'acqua dal sottovaso. 3) Filodendro: il filodendro è una pianta da appartamento perfetta anche per l'ufficio. Secondo gli esperti dell'Università di Sidney, scegliere di coltivare questa pianta è garanzia di alcuni benefici per la salute. Il filodendro libera l'aria dai composti volatili VOC e dall'anidride carbonica in eccesso. L'esposizione frequente a tali sostanze, secondo uno studio specifico, può causare mal di testa e mancanza di concentrazione. Il terriccio del filodendro deve essere ricco. Innaffiate la pianta due volte alla settimana. 4) Spatifillo: il genere spatifillo comprende un insieme di piante floreali originarie dell'America Meridionale. Il loro nome è derivato dalla forma del fiore, che ricorda un cucchiaio o una spatola. I fiori più comuni sono di colore bianco o crema. Secondo la Nasa, si tratta di una delle piante più indicate per migliorare la qualità dell'aria, per via della sua elevata capacità di purificarla dalle sostanze nocive. Queste piante amano un terriccio piuttosto ricco che non deve essere mai completamente asciutto. Innaffiatele due o tre volte alla settimana per garantire foglie sempre sane e fioriture frequenti. 5) Epipremnum aureum: l' Epipremnum aureum è una pianta rampicante da interni adatta alla depurazione dell'aria di casa e del luogo di lavoro, come sottolineato ancora una volta dalla Nasa. E' perfetta per essere coltivata in ufficio e sulla scrivania, anche in condizioni di luminosità non ottimale, poiché si accontenta di poca luce. Non ama un'eccessiva umidità del terriccio e non necessita di annaffiature troppo frequenti.

Il Dittatore nordcoreano Kim Jong-un stermina i parenti dello zio Jang Song-Thaek

Notizia choc che arriva dalla Repubblica Popolare Democratica di Corea, conosciuta meglio col nome di Corea del Nord: il Leader Kim Jong-un avrebbe sterminato l'intera famiglia del suo ex tutore, nonchè zio Jang Song-Thaek, giustiziato in dicembre dopo essere stato spogliato di tutti i poteri e accusato di 'golpe' contro il nipote. Secondo alcuni media asiatici, che riportano confidenze di forze governative, l'intera famiglia di Jang (bambini compresi) sarebbe stata fucilata. La stessa sorte sarebbe capitata a tutti gli uomini vicini all'ex mentore di Kim. Nei primi giorni di Dicembre lo zio Jang Song-thaek, diventato numero due del regime nord-coreano e principale consigliere politico del giovane presidente dopo la morte di Kim Jong-il, padre del giovane leader, veniva rimosso da tutti gli incarichi, espulso dal politburo e arrestato. Nelle stesse ore alcuni suoi fidatissimi venivano passati per le armi in piazza, accusati di tradimento. Il tempo per un velocissimo processo farsa che anche Jang Song-thaek veniva giustiziato. La sua morte è diventata un caso mediatico: per alcuni giorni era circolata la voce che Jang fosse stato sbranato vivo da un branco di 120 cani. Indiscrezione poi smentita nei giorni successivi. Tra i parenti uccisi dello zio figurano la sorella Jang Kye-sun e suo marito, l'ambasciatore a Cuba Jon Yong-jin; il nipote e ambasciatore in Malesia Jang Yong-chol e i due figli; i figli, le figlie, i nipoti e i fratelli. Tutti i parenti che non erano nel Paese sono stati richiamati a Pyongyang per essere giustiziati. Secondo le fonti governative alcuni parenti sono stati ammazzati con un colpo di pistola in fronte mentre i parenti acquisiti, come la moglie dell'ambasciatore in Malesia, sono stati risparmiati e confinati in villaggi sperduti con le loro famiglie di origine.
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