Il-Trafiletto
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22/07/14

U.S.A. | Non vai al bagno durante le ore di lavoro? Ti aumento lo stipendio.

20 dollari al mese, un dollaro al giorno, a tutti i dipendenti che durante le otto ore lavorative evitano di andare in bagno. Questa l'iniziativa di una ditta americana che produce rubinetteria, la Water Saver, per contrastare la crisi ed ottenere il meglio nella produttività. Tale azienda non si è accontentata di ridurre a soli sei minuti giornalieri la pausa dei suoi dipendenti per espletare i loro bisogni fisiologici, ma appunto è andata oltre, e chi elimina anche questi pochi spiccioli di tempo viene ricompensato con 20 dollari al mese. Il controllo di tutto ciò viene effettuato tramite un badge, che deve essere "strisciato" ogni volta che si va in bagno, in modo da controllare e documentare il tempo impiegato. La stessa azienda ha adottato, per i dipendenti che infrangono queste disposizioni, dei procedimenti discipilinari distribuiti in tre fasi, ammonimento verbale, sospensione e addirittura licenziamento. Fortunatamente in Italia è inammissibile per legge una iniziativa del genere, in quanto non è permesso controllare l’accesso ai servizi igienici dei dipendenti da parte dei datori di lavoro, ma solamente condotte illecite da parte del lavoratore, come, ad esempio, l’uso del telefono aziendale per motivi personali. La legge n. 300 dello Statuto dei lavoratori del 20 maggio 1970, stabilisce che ogni lavoratore dipendente ha diritto ad una pausa di almeno 10 minuti non retribuiti quando presti l’attività per almeno 6 ore nella giornata. Anche in Italia purtroppo non siamo nuovi a queste problematiche. A Dugnano Paderno, in provincia di Milano, all'azienda di cosmetici Gibicco's non esiste la pausa per il bagno, anzi qualche settimana fa un dipendente è stato consigliato da uno dei proprietari di espletare i suoi bisogni davanti al macchinario dove lavorava. (immagine presa dal web)

19/04/14

La Santa Sede vuole sfrattare un pensionato per morosità. Abita in una casa del Vaticano da 58 anni.

Come si dice “predichi bene e razzoli male”. -“Carissimo direttore, io sono affittuario di quel signore vestito di bianco che la domenica proclama dalla finestra di San Pietro che "la casa è un diritto di tutti" – e però, aggiungo io, "purchè non siano le mie"- Così Mauro Bellini, pensionato, sposato, racconta in una lettera accorata inviata al direttore di Libero Maurizio Belpietro e collocata in prima pagina, con la massima evidenza, annunciata da un "occhiello" eloquente e perentorio: «Il grido disperato di un lettore». L'uomo, come tanti italiani di questi tempi, è in ritardo col pagamento dell'affitto per comprensibili difficoltà economiche. Rischia così di perdere la casa in cui vive in Vaticano. Mauro è una delle migliaia di vittime della crisi economica, a causa della quale sta perdendo, un poco alla volta, tutto ciò che si era guadagnato in una vita di lavoro. Non si conosce l’età dei due coniugi, ma Mauro ha scritto di abitare nel medesimo appartamento, assieme alla consorte, da ben 58 anni, il che significa che stiamo parlando di due persone decisamente anziane. “Il proprietario della casa – scrive il signor Bellini - in cui abitiamo da oltre 58 anni, al terzo mese di ritardo del canone di affitto ci ha dato lo sfratto. È chiaro che, prima del ritardo di tre mesi, c’erano effettivamente stati altri disguidi (nel frattempo però i mesi arretrati da pagare erano diventati due, poiché uno siamo riusciti a pagarlo impegnandoci l’ultimo oro di casa), ma avevamo sempre fatto presente la nostra situazione. Avrei forse potuto immaginare un trattamento del genere da parte di una finanziaria o di una banca, ma non dal Vaticano! Quel che mi rattrista - continua ancora il signor Mauro - è che anche dopo la nostra sollecitazione, dall’Apsa (l’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica) non c’è stato alcun riscontro. È vero che loro sono i legittimi proprietari, ma vorrei sottolineare che per la casa in cui abito non hanno tirato fuori una lira per costruire, perché è una di quelle edificate con i soldi donati dagli americani per dipendenti del Vaticano con molti figli. In questa spiacevole situazione, a quanto mi risulta, non sono il solo: basta verificare in Tribunale quanti sono gli sfratti richiesti proprio dall’Amministrazione della Santa Sede, e per certo le posso dire che nel perimetro di San Pietro moltissimi negozi hanno per l’appunto chiuso per sfratto. Chissà che anche il signor Bellini, dopo questa lettera, non riceva una telefonata da papa Francesco?
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