Il-Trafiletto
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05/11/14

La cartella non serve solo per portare i libri, ma fa molto di più

La tecnologia non riguarda solo strumenti come  tablet, phablet, smartphone o pc. Pensiamo a qualcosa di molto più utile e concreto, che davvero sia degno di questo nome e faccia la differenza per qualcuno. I nostri figli vanno a scuola equipaggiati di tutto punto, con zaini o cartelle colorate, imbottite, di marca, con stampe che richiamano i loro personaggi preferiti. Ma ci sono anche altri bambini e altri modi di andare a scuola, molto meno divertenti e colorati.

Due studentesse universitarie sudafricane,  Thato Kgatlhanye (21 anni, marketing) e Rea Ngwane (22 anni, brand), hanno avuto un'idea geniale che oltrepassa i limiti di una semplice borsa. Si tratta di uno zainetto che hanno chiamato Repurpose schoolbags, e che è un prezioso aiuto per migliorare la vita di milioni di bambini che vivono in Sudafrica, come in qualsiasi altro paese in via di sviluppo.

Repurpose Schoolbag
immagine presa dal web

Dobbiamo renderci conto che sono milioni i bambini che vanno a scuola a piedi percorrendo distanze davvero lunghe, e che vivono in quartieri dove non esistono quelle che per noi sono comodità scontate, come elettricità. Ebbene,  la prima idea è stata quella di posizionare un piccolo pannello solare fuori dallo zaino che si ricarica mentre si cammina ed è in grado di illuminare una lampada contenuta in un barattolo che i bambini possono accendere la sera, a casa, per fare i compiti. Un’altra caratteristica è quella di essere catarifrangenti per essere visibili da auto e moto. Lgarn parte di questi bimbi per arrivare in tempo a scuola si alza prima dell'alba e i catarifrangenti contribuiscono a rendere il loro percorso più sicuro.

In ultimo le due studentesse non hanno trascurato il design e dichiarano:   “Abbiamo speso molto tempo sul design, chiedendoci che tipo di borsa saremmo stati orgogliosi di portare sulle spalle” ha detto Kgatlhanye. Le cartelle infatti sono colorate, l’attenzione ai dettagli è evidente. La base a scacchiera è fatta con un taglio di tessuto che inizialmente le due studentesse volevano buttare, ma che in realtà ha contribuito a renderle un po’ più “cool”. Il progetto Repurpose schoolbags è stato presentato lo scorso anno al premio della South African Breweries Foundation per le migliori innovazioni tecnologiche arrivando al terzo posto e vincendo 300mila rand sudafricani (circa 21.700 euro) con cui, a gennaio, hanno fondato la società Rethaka. A luglio avevano già venduto 128 borse, tra quelle lanciate come prototipo, a 250 rand l’una. Ed è solo l’inizio. Le due ragazze hanno già in mente qualcosa di analogo per i computer portatili, magari grazie allo sponsor di altre realtà.

08/03/14

Non si vive di solo... vento sole ed acqua | Il calore dell'atmosfera come fonte di energia alternativa!

Non si vive di solo...vento sole ed acqua! Il calore dell'atmosfera come fonte di energia alternativa!

In base a quanto affermano un gruppo di ricercatori dell’Università di Harvard, tra cui figura l'italiano Federico Capasso in un prossimo o lontano futuro, potremmo essere in grado di ricavare energia rinnovabile anche dal calore dell’atmosfera. Chiariamo, potremo trarre energia rinnovabile esattamente dalla radiazione termica emessa costantemente dalla superficie della Terra.

Lo studio, pubblicato su Pnas, potrebbe suggerire così lo sfruttamento di una fonte di energia finora trascurata. Il nostro pianeta infatti, come tutti i corpi con temperatura superiore allo zero assoluto, emette continuamente nell’atmosfera un’enorme quantità di radiazioni termiche infrarosse. Detto in parole povere, si tratta di un flusso di calore che va dalla calda superficie terrestre al freddo Spazio aperto e che a livello puramente teorico, potrebbe ottemperare al fabbisogno energetico del pianeta.
Radiazione termica emessa dalla Terra

Ma si potrebbe sfruttare davvero questo tipo di energia
Steven Byrnes e i suoi colleghi di Harvard pensano di sì e propongono la costruzione di un dispositivo noto come raccoglitore di energia emissiva (EEH, emissive energy harvester) in grado di trasformare la radiazione termica terrestre in elettricità. I ricercatori hanno provato a immaginare due ipotetici modelli di EEH, basati su diverse tecnologie. Il primo è un EEH con un motore termico, in grado di ottenere energia facendo passare il calore ambientale a livello del terreno attraverso una placca più fredda.

Quest’ultima è mantenuta a bassa temperatura tramite raffreddamento radiativo, cioè la naturale perdita di calore in seguito all’emissione di radiazioni. Questo approccio, seppur relativamente semplice, risente di diverse limitazioni tecniche, una su tutte la difficoltà di garantire l’isolamento e il raffreddamento del dispositivo.
Una seconda e più promettente ipotesi è quella di utilizzare una rectenna, cioè un’antenna in grado di convertire direttamente le radiazioni elettromagnetiche in corrente elettrica. Uno strumento del genere sarebbe in grado di ricavare energia dalla differenza di temperatura tra le componenti elettroniche con un funzionamento paragonabile a quello di una cella fotovoltaica. La tecnologia attuale è però ancora acerba e al momento un EEH basato sulla rectenna non riuscirebbe a produrre quantità apprezzabili di elettricità.

La strada verso la costruzione di un prototipo è quindi ancora lunga.
Il primo passo sarà quello di abbattere le limitazioni tecniche in modo da poter realizzare un dispositivo efficiente e dai costi contenuti. “Ci sono diverse sfide scientifiche e tecnologiche che dobbiamo superare", afferma Byrnes: "Noi e altri scienziati stiamo lavorando su queste, una per una”. Gli scienziati sperano che in futuro l’EEH possa avere un ruolo nel panorama delle energie rinnovabili, andando ad affiancare le tecnologie già esistenti.
“Dato che può essere trasparente alla luce del Sole visibile e nel vicino infrarosso, il dispositivo potrebbe essere installato sopra un pannello solare, permettendo la generazione ulteriore energia anche nelle ore notturne e senza ulteriori costi di installazione”, suggerisce Byrnes. “Ciò che più conta però", conclude il ricercatore, "è che in campo energetico non esiste una tecnologia migliore di un’altra, diverse situazioni necessitano diverse soluzioni. Questo è il motivo per cui abbiamo bisogno di sviluppare un portafoglio di differenti tecnologie energetiche”.
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