Il-Trafiletto
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20/09/14

"Se sei bella non importa la professionalità"| E viene messa alla porta

E' noto che una donna bella con un look che mostra in modo esplicito le sue doti fisiche, ha più possibilità di essere assunta specialmente se l'assunzione è affidata ad un uomo. A quel punto la professionalità diventa un dettaglio trascurabile. 


È l'accusa mossa da una bancaria 33enne di Trevis , la quale lavorava in un istituto di credito a Padova. La bancaria, ormai ex, ha postato il suo sfogo-denuncia via Facebook, ma il responsabile del personale letto lo sfogo ha prima mandato una lettera di contestazione disciplinare, poi ha sospensione dall'ufficio per cinque giorni la bancaria, infine - dopo un colloquio tempestoso con il responsabile del personale, l'ha accusata di diffamazione - la transazione e le dimissioni dalla banca.

Un episodio per molti versi significativo, rivelata dal "Mattino di Padova" e iniziata qualche settimana fa quando G. R., una donna dinamica, impegnata anche nella commissione per le pari opportunità e iscritta alla Fondazione Belisario, pubblica su Fb una riflessione polemica: "Ha un nome la patologia di certi uomini, responsabili della selezione del personale, che fanno colloqui solo a ragazzine di diciannove anni con il fisico da modella e gli occhioni da cerbiatta?".

immagine presa dal web
Non l'avesse mai postato. In tempi di ministre corteggiate dalla cronaca rosa, l'eco sui social è immediato e la trentenne rincara la dose: "Gli uomini sono fatti così: se sei bella per loro sei bravissima, hai valore e sei piena di meriti. Punto. E poi stiamo qui a parlare di donne e meritocrazia. Ma dai!!! Le donne dovrebbero mandare a f... il mondo maschile e il politically correct e prendersi quello che spetta loro. Altro che storie. Se le donne oggi fossero al mio posto a vedere e sentire quello che vedo/sento io forse aprirebbero gli occhi...".

Un fuoco di fila e una valanga di post, anche contrastanti. Chi cita Rosy Bindi, chi il berlusconismo, qualche maschietto minimizza e parla di "sessismo alla rovescia" e "veterofemminismo vittimista", altre condividono la polemica di G. R. Come Chiara, che ripercorre le proprie esperienze professionali e conclude: "La metà dei datori di lavoro che ho avuto erano orientati solo ad assumere bellone senza cervello. Il fatto di essere una in gamba mi ha sempre penalizzato e non credo proprio che le cose cambieranno".

Ma la controversia non si è fermata al web, avvertiti, i vertici dell'istituto bancario e il capo dell'ufficio personale chiamati in causa dalla battagliera dipendente, probabilmente in base al colloquio avvenuto in precedenza con una giovanissima candidata. La procedura disciplinare scatta con severità sorprendente ed è vana la spiegazione fornita dalla donna e riaffermata dal suo avvocato di fiducia, Daniele Panico: "I destinatari dei post sono gli appartenenti alla categoria di persone che pensa ed agisce in modo maschilista, non un singolo individuo. La polemica, perciò, non investe un determinato atto ma una condotta generale ritenuta inaccettabile". Nulla da fare. A fronte dell'atteggiamento dei vertici, decisi a metterla alla porta, a G. R. non rimane che negoziare la rinuncia al posto di lavoro. Ora è alla ricerca di impiego nella speranza che il prossimo capo del personale esamini il suo curriculum prima di rivolgere lo sguardo altrove.

10/08/14

Roma | Policlinico Umberto I: il senatore deve stare in una stanza singola, cacciati gli altri pazienti.

Il malcostume continua e imperversa, nonostante le belle parole (solo parole) che si ripetono nelle alte sfere del Parlamento, di un cambiamento che possa migliorare le sorti di un’Italia allo sbando in tutti i settori. Quello che è accaduto al Policlinico Umberto I di Roma ha dell’incredibile, e potremmo sicuramente annoverarlo come l’ennesimo caso di malasanità. Un’infermiera alcuni giorni fa ha avuto disposizioni di liberare, nel reparto dove lavorava, una stanza dai pazienti che vi erano ricoverati, i quali sono stati poi “sistemati” in altre stanze già al completo, lasciando la stanza in questione completamente vuota. Il motivo? Di lì a poco sarebbe dovuto arrivare un senatore, il quale doveva stare, disposizioni del primario, in una stanza singola. A questo punto l’infermiera in questione, Roberta Cristofani, del reparto di Medicina Interna del Policlinico Umberto I di Roma, ha scritto una lettera aperta al proprio primario, pubblicandola sul proprio profilo Facebook e inviandola alla stampa.
Alla cortese attenzione del professor Violi (Policlinico Umberto I, Roma), da una studentessa di Infermieristica - Lettera aperta.

 Gentile professor Violi, le rubo qualche istante del suo tempo per raccontarle una breve storia. Sono una studentessa di Infermieristica del primo anno e al mio secondo tirocinio mi sono trovata a lavorare nel suo reparto di Medicina Interna. Una sera, verso le 20, ho notato una certa agitazione da parte del personale. Due pazienti, senza ricevere alcuna spiegazione, sono stati spostati in stanze in cui erano presenti già altri quattro letti, mentre quella in cui si trovavano loro è rimasta vuota. Lo stato di agitazione continuava: apriamo le finestre, spruzziamo un deodorante, il nuovo letto deve essere perfetto. IL nuovo letto. Uno solo. Io non ho molta esperienza, per questo mi è sembrato naturale chiedere lumi. “Domani arriva il senatore. Deve stare in una stanza singola, disposizioni del primario.” Di primo acchito, non ho capito molto di ciò che mi era stato comunicato. Perché mai il senatore dovrebbe stare in una stanza singola? Con la penuria di letti che abbiamo, tra l’altro? E perché avremmo dovuto scomodare altri due pazienti per permettere a una persona di stare in una stanza singola? Riesce minimamente a percepire la mia incredulità? Incredulità che non ha fatto che aumentare, notando che al paziente venivano concesse visite a qualsiasi ora, nonché qualsiasi tipo di trattamento di favore. Altre “disposizioni del primario”, immagino. Caro professore, le scrivo per dirle che mi sento profondamente offesa. Dal momento in cui varca la soglia del reparto, il paziente per me è semplicemente una persona, ovviamente con pari dignità e diritti rispetto a tutte le altre. Cosa mi importa che nella vita faccia lo spazzino, il salumiere, l’insegnante o il senatore? Mi trovo di fronte, sempre e comunque, una PERSONA: spesso spaventata, con mille dubbi e incertezze, turbata, fuori dall’ambiente rassicurante della sua casa. E non è forse questo uno dei doveri dell’infermiere? Far sì che la persona che entra in reparto si senta accolta, rassicurata, ascoltata, al di là di chi è, cosa fa di mestiere o del suo status sociale? Può anche solo lontanamente immaginare l’umiliazione che ho provato nel comunicare ai due pazienti che occupavano la stanza sgomberata per far posto al senatore che avrebbero dovuto spostarsi? “Voi siete malati di serie B, dovete far spazio al malato di serie A.” Quel compito ingrato, me lo lasci dire, sarebbe toccato a lei, professore. Non a una studentessa che non riesce a farsi una ragione di episodi del genere. E sì, mi sento offesa. Sento che, rendendomi strumento di questo tipo di ingiustizie, lei ha sminuito la mia professionalità, l’impegno che metto ogni giorno per migliorarmi e diventare una brava infermiera. Così come, e questo è un mio modesto parere, ha sminuitola professionalità e il duro lavoro della caposala e di tutti gli infermieri che giorno per giorno si impegnano per dare al paziente, ad OGNI paziente, le migliori cure possibili e l’accoglienza di cui parlavo. La prego, per il futuro, di non mettermi più in una situazione tanto imbarazzante e umiliante. La prego, con tutto il cuore, di non lasciarmi con la sensazione amara che “tutti i pazienti sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri.” Cordialmente, R. Cristofani
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