Il-Trafiletto
Visualizzazione post con etichetta fantasy. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta fantasy. Mostra tutti i post

04/05/17

La ragazza dei miei sogni: fantasy italiano

È lo stesso Francesco Dimitri autore del romanzo La ragazza dei miei sogni a firmare la sceneggiatura del lungometraggio che prende il via proprio da quelle pagine, mirate tra l'altro a ribadire che l'incanto è ovunque, per le strade, tra la gente, bisogna solo imparare a guardare perché dietro a quello che vediamo tutti i giorni si nascondono significati inattesi e nulla è ciò che sembra.


Lungometraggio che rappresenta il secondo diretto dal romano classe 1970 Saverio Di Biagio - dopo l'apprezzato Qualche nuvola - e che vede al proprio centro Primo Reggiani nei panni di un trentenne insoddisfatto e condizionato da molte situazioni che gli impediscono di vivere come vorrebbe; dalla morte dei genitori all'asettica redazione giornalistica per cui lavora, passando per il tanto spigliato quanto superficiale coinquilino con le fattezze di Marco Rossetti, e per la ragazza che gli ha fatto perdere la testa, ma con la quale non riesce a dichiararsi.

Ragazza incarnata dalla Chiara Gensini di Tutto molto bello e che, in fatto di bellezze femminili coinvolte nell'operazione, fa il paio con ...http://cinema.everyeye.it/articoli/recensione-la-ragazza-dei-miei-sogni-del-fantasy-italiano-33246.html

26/09/14

Vuoi o no, i fantasy sono tutti figli di Tolkien

L'ho nominato spesso quando, in altri post, parlavo di romanzi fantasy, ma fino ad ora non avevo mai parlato di lui. E' considerato un grande autore del genere fantasy, anche se negli ultimi tempi i suoi libri si sono leggermente scostati dai parametri canonici del fantasy. Il suo primo libro, scritto nel 1977 diventò un best seller mondiale, rimanendo nella classifica del New York Times dei libri più venduti per oltre cinque mesi. Insomma mica una cosa da poco! Va però anche detto che, per quello stesso libro alcuni lo accusarono di plagio de Il Signore degli Anelli per le numerose analogie, accuse che l'autore a smentito.

Terry Brooks
Invidia? Avevano ragione loro? Sta di fatto che tutti i fantasy venuti dopo Il Signore degli Anelli, vuoi o no, pescano qualcosa da lui, è inevitabile, succede così per tutti gli autori considerati padri di un genere.

Mettiamo da parte però queste discussioni superflue e arriviamo all'autore di oggi, ovvero Terry Brooks. Premettendo che ci sono infinite discussioni su quale sia l'ordine corretto di lettura dei suoi cicli, tutti i libri incentrati su Shannara infatti sono (per ora) 17, oggi esamineremo la tetralogia denominata il Ciclo di Shannara, che si compone di: La spada di Shannara, Le Pietre Magiche di Shannara, La Canzone di Shannara e Il primo re di Shannara. Già qui bisogna dire che Il primo re di Shannara è un prequel de La spada di Shannara, quindi siete liberi di scegliere se leggerlo prima o dopo. Io l'ho letto dopo, ma non è che cambi molto.

“Qui giace il cuore e l'anima delle nazioni,
Il loro diritto di vivere nella libertà,
Il loro desiderio di vivere nella pace,
Il loro coraggio di cercare la verità,
Qui giace la Spada di Shannara.”
(La spada di Shannara)
La canzone di
Shannara

I primi tre volumi raccontano le vicende della famiglia umana degli Ohmsford, i cui membri discendono dall'antica famiglia elfica, nonché di sangue reale, di Shannara. Il sangue elfico nelle loro vene, benché ormai diluito col sangue umano ha permesso ad alcuni di loro di possedere alcune facoltà magiche. Ad unire questi tre libri e anche il quarto, è la figura del druido Allanon, lo stregone che aiuta gli Ohmsford nella battaglia contro il Male.

“E il demone odiava. Odiava con un'intensità che sconfinava nella pazzia. Una reclusione secolare nella nera prigione oltre la barriera del Divieto aveva dato al suo odio tempo più che sufficiente per invelenirsi e dilatarsi. Ora lo divorava. Era tutto, per lui. Da esso traeva potere, quel potere che avrebbe usato per annientare le creature che gli avevano causato tanta pena. Gli Elfi! Tutti gli Elfi!”
(Le pietre magiche di Shannara)

La narrazione tra un capitolo e l'altro della saga subisce, come è ovvio, un'evoluzione di stile e di capacità narrativa. La semplice avventura alla Signore degli Anelli del primo capitolo si consolida, diventa più complessa e più avventurosa, si svincola della poesia che Tolkien aveva introdotto nel fantasy, introducendo scene di epiche battaglie, subdole creature maligne e pause riflessive sempre più profonde e meditative, senza per questo togliere verve ai romanzi.
La spada di
Shannara

“Così Brin cantò, e la canzone inghiottì i suoni della foresta finché non vi fu altro, risuonando limpida e nitida nell'aria mattutina. L'olmo fu scosso da un brivido, i suoi rami vibrarono in risposta. Brin aumentò il tono della voce, avvertendo la resistenza dell'albero, e le sue parole divennero più pressanti. Il tronco ricurvo, stentato dell'olmo si districò dalla quercia, con i rami che si scorticavano e si laceravano, mentre le foglie venivano strappate violentemente dai gambi”
(La canzone di Shannara)

Terry Brooks e i suoi libri sono fatti per quei lettori che amano l'avventura, che amano le battaglie epiche tra il bene e il male, dove l'unico limite nel generare creature e trame avvincenti è la fantasia dell'autore. Dove i sentimenti, le riflessioni e i tentennamenti dei personaggi sono subordinati ad una lunga storia che nasce proprio sulla Terra, in un futuro sorto dalle ceneri di una guerra apocalittica.

(Le immagini presenti in questo post sono state prese da internet, le informazioni sull'autore e i libri sono state prese Wikipedia, le citazioni sono state prese dai libri stessi di cui il post tratta)

23/09/14

Si sta poco a dire fantasy

Si, si sta poco a dire fantasy. Il fantasy racchiude talmente tante sotto categorie che catalogare semplicemente un romanzo o una saga come fantasy è davvero riduttivo. I fantasy poi finisco per trattare argomenti attuali, concreti e spinosi, come fai allora a definirlo solo fantasy?

Come avrete capito questa settimana vi parlerò di libri definiti fantasy. Il primo di questi è La leggenda di Otori, primo capitolo di un'omonima trilogia, scritti da Lian Hearn.

La leggenda di
Otori
Chi è Lian Hearn? Prima di tutto è uno pseudonimo dietro cui si nasconde Gillian Rubinstein, scrittrice inglese di libri per bambini e commediografa. La leggenda di Otori però non la definirei esattamente un libro per bambini, forse più per adolescenti maturi o adulti con guizzo ancora giovanile.

La leggenda di Otori è ambientata nel Giappone tra il XIII e il XIV secolo e racconta la storia del giovane Takeo che, all'assassinio del padre adottivo, intraprende un viaggio deciso a vendicarlo. I suoi progetti di vendetta si mescoleranno al desiderio di fuggire dal proprio destino che lo vorrebbe capo di un clan e dal desiderio di poter stare insieme all'amata Kaede.

La leggenda di Otori è inserito tra i fantasy storici, perché inserito in un preciso contesto storico reale (da qui lo storico), mescolato però a poteri soprannaturali (da qui il fantasy), ma è anche inserito tra i fantasy orientali (ovviamente perché ambientato in Giappone). Al di là però di queste classificazioni sterili, La leggenda di Otori non è un semplice fantasy, tra le pagine di questo libro l'autrice ci dipinge davanti agli occhi un Giappone affascinante e fiabesco, nel quale non dimentica di trattare argomenti di spessore.
Gillian Rubinstein

In fantasy creati in mondi alternativi, la storia si può riscrivere e mettere le donne allo stesso livello degli uomini volendo, ma quando prendi il fantastico e lo incastri in un mondo reale, ecco che devi sottostare a delle particolari condizioni, da qui l'esplorazione di temi come il femminismo o la religione, e molti altri.

Per certi aspetti, si potrebbe quasi affiancare la Rubinstein alla Le Guin, in quanto anche lei nei suoi fantasy esplora quei temi fondamentali che permeano il nostro mondo.

La leggenda di Otori si dimostra essere quindi, volendo mettere da parte i grandi temi trattati, un libro leggero e scorrevole, piacevole e avvincente, che sa trasportare il lettore in un mondo vicino e allo stesso tempo lontano, reale eppure fantastico. Un libro che si apprezza anche se non si volesse prestare attenzione alle tematiche trattate, prendendo quindi la storia così com'è, anche così il romanzo non perde il suo fascino e la sua magia.

(Le immagini presenti in questo post sono state prese da internet, mentre le informazioni generali sul libro e sull'autrice sono state prese dalla Wikipedia)

18/07/14

Anche gli italiani sanno scrivere i fantasy!

Se, come detto martedì, il fantasy è un genere un po' di nicchia, per quanto dispiaccia sinceramente ammetterlo, gli autori italiani che si cimentano in questo genere sono delle mosche bianche. Ce ne sono ovviamente, e per fortuna, ma sono pochi.

Dopo aver parlato della famosa e pluripremiata Le Guin, oggi vi parlerò di un triestino che ha esordito nel genere fantasy non con un solo libro, ma addirittura con una trilogia. L'autore è Andrea D'Angelo e la sua saga prende il nome di La Triade.

La Triade si compone di: Le sette gemme, L'arcimago Lork e La Fortezza. Nel 2004 D'Angelo partecipò al Premio Italia proprio con La Fortezza.

La Fortezza - 3° volume della trilogia
La Fortezza
“Non chiedere mai alle persone cosa stanno facendo, bensì sempre il perché delle loro azioni […] Sappi però che non sempre la gente ha la voglia o la possibilità di rispondere. […] Le domande è meglio porle a se stessi, è il solo modo per trovare sempre una risposta […] La mente è un'arma molto potente se la sai usare.”

La storia inizia con il ritrovamento di un antichissimo libro che permetterebbe ai popoli del Mondo Interno di liberarsi delle forze del male. Burk, un saggio al tramonto della sua esistenza, comprende bene l'importanza di quel libro, e convince così i suoi amici più cari ad intraprendere un lungo e pericoloso viaggio per recuperare le Sette Gemme, dette dell'Equilibrio, le uniche in grado di liberare il Mondo Interno dal potere assoluto esercitato dall'Arcimago Lork. Tuttavia anche L'Arcimago sta cercando quelle straordinarie Gemme.

Molti sono i personaggi che popolano La Triade, e il più delle volte si rischia di far confusione, soprattutto perché i nomi sono difficili da leggere e da tenere a mente. Gli intrecci e le vicende però sono ben organizzati.
Andrea D'Angelo
Andrea D'Angelo

La narrazione parte lenta nel primo volume, di fatto il più “tranquillo” della trilogia, aumentando sempre di più il ritmo man mano che si procede con i volumi successivi, fino al finale che unisce tutti i fili lasciati sospesi durante la narrazione. Le battaglie e gli scontri sono descritti con estrema dovizia di particolari. 

“Nelle difficoltà è facile demoralizzarsi. Nell'oscurità le ombre sembrano più cupe che alla luce, anche se celano le stesse insidie”

Un plauso che va fatto a D'Angelo sono le sue parentesi sulle creature del male. In generale, almeno nei romanzi fantasy, il male è semplicemente il male, agisce così perché il cattivo. Punto. Fine della discussione. Non ci si interroga mai del perché o del come. E' un dato di fatto. Quello è il cattivo e la sua parte nella storia è agire a quel modo. D'Angelo invece si mette d'impegno e si mette a sviscerare il male, per raggiungere le sue origini, aprendo uno spaccato sulla sua natura e comprenderne i motivi che lo spingono ad agire. Non lo fa con tutti i personaggi malvagi che si incontrano ovviamente, ma con quelli per cui decide di scavare in profondità, ha fatto un buon lavoro.

Il cofanetto con i tre volumi
Tra le battaglie e la costante ricerca di queste portentose Sette Gemme, non mancano certo i momenti di riflessione ed introspezione che, se non raggiungono i livelli della Le Guin, certamente permettono di delineare con maggior chiarezza i personaggi, dando loro il giusto spessore.

“Il segreto per comprendere come affrontare e superare un problema, grande o piccolo che sia, è quello di ascoltare il sussurro del nostro essere. E perché questo sussurri, bisogna liberarlo dalle catene con cui la nostra mente lo imprigiona”

Giunti al termine della trilogia, dopo aver faticato tanto insieme ai suoi personaggi, e ad essersi affezionati a loro, D'Angelo regala un finale dolce-amaro che ci sta bene, ma allo stesso tempo monco. Monco perché dà l'impressione che D'Angelo si sia lasciato aperto uno spiraglio per proseguire la saga, senza però proseguirla, almeno fino ad ora, rendendo il trionfo del bene sul male ancora più amaro di quanto già non sia.

“A noi uomini succedono cose belle e cose brutte, ma la natura non si ferma mai a guardare. Il flusso degli eventi è inarrestabile e mentre qualcuno sta soffrendo, a pochi metri da lui un uccello canta allegro. E' strano.”


(Le immagini presenti in questo post sono state prese da internet. Le informazioni riguardanti l'autore sono state prese dalla Wikipedia mentre le citazioni sono state prese dai libri di cui il post tratta)

15/07/14

L'animo umano racchiuso tra le pagine di un fantasy

“Mi ci vollero degli anni per rendermi conto d'aver scelto di lavorare in generi disprezzati e marginali come la fantascienza, la fantasy e la narrativa per adolescenti, esattamente perché essi erano esclusi dal controllo della critica, dell'accademia, della tradizione letteraria, e consentivano all'artista di essere libero.” (da The Fisherwoman's Daughter; citato in Oriana Palusci, Da un mondo all'altro: Ursula LeGuin e la storia delle donne, introduzione a Il giorno del perdono, p. 5)

Che il fantasy e la fantascienza siano dei generi marginali è vero, ma ci sono stati autori (e per fortuna ce ne sono ancora) che hanno saputo portare alla ribalta questi generi letterari. Tra questi pilastri c'è anche una donna: Ursula K. Le Guin.

La saga di Terramare
La saga di Terramare
Per chi non legge abitualmente il fantasy, questo nome non dirà nulla, ma per i fans, e i critici questo nome è famoso. La Le Guin, nel corso della sua carriera, ha vinto cinque premi Hugo e sei premi Nebula (i massimi riconoscimenti della letteratura fantastica), nonché è considerata una delle principali autrici viventi di fantascienza.

La Le Guin non si ferma qui, perché lei semplicemente non si è limitata a scrivere di libri che hanno ricevuto dei premi, lei appartiene a quella ridotta schiera di autori glottoteti. Cos'è un glottoteta? Ci viene in aiuto l'affidabile Wikipedia. La glossopoiesi è l'arte di creare linguaggi artificiali. Come lei ci sono Tolkien, Zamenhof (Esperanto) e Okrand (Klingon), tanto per citarne qualcuno.

Dunque la Le Guin non è una banale autrice di fantasy e fantascienza, ma un'autrice di quella con i fiocchi e oggi vi parlerò dei primi tre volumi del suo Ciclo di Earthsea.

“Fin dalle tenebre di quella notte […] non aveva conosciuto altro che buio: e ora vide la luce del giorno, e il sole che splendeva nel cielo. Chiuse tra le mani il volto sfregiato e pianse”

Il Ciclo di Earthsea si compone di cinque volumi: Il mago di Earthsea (o Il mago), Le tombe di Atuan, La spiaggia più lontana (o Il signore dei draghi), L'isola del drago e I venti di Earthsea (o I venti di Terramare). I primi tre libri della saga vengono solitamente racchiusi in un unico volume chiamato La saga di Earthsea, mentre i successivi due nel volume I draghi di Earthsea. La Mondadori però pubblica tutti i libri in unico grosso volume chiamato La saga di Terramare.
Ursula K. Le Guin
Ursula K. Le Guin

La saga di Earthsea, racconta le vicende del giovane Ged e del suo percorso di apprendimento da apprendista a mago di Roke, l'unica scuola di magia di Earthsea, in un susseguirsi di prove, di scontri e rivelazioni che lo porteranno a maturare e renderlo un uomo saggio.

“Ma ogni scelta, ogni azione, ogni decisione ti lega alle sue conseguenze, e ti costringe ad agire di nuovo, ancora e ancora. Poi, molto di rado, riesci a trovare un buco, uno spazio, un tempo come questo, che si inserisce tra un'azione e l'altra, e tu finalmente puoi fermarsi e limitarti ad essere. E puoi domandarti chi sei, dopo tutto.”

La saga di Earthsea può essere definita una saga per ragazzi, ma sarebbe semplicistico affermarlo, perché, per quanto il modo di scrivere dell'autrice sia scorrevole e abbordabile anche al lettore meno avvezzo, l'autrice si immerge nell'introspezione dei personaggi, scoperchiando questioni e quesiti che ogni adulto, prima o poi si pone.

La Le Guin è magistrale per il suo modo di creare mondi credibili, popolati dalle creature più disparate eppure così reali. Tuttavia è la sua straordinaria capacità di caratterizzare i personaggi a livello emotivo a rendere i suoi libri dei piccoli tesori.
Il signore dei draghi - 3° volume della saga
Il signore dei draghi

“Devi voltarti. Devi affrontarla. Se continui ad andare avanti, se continui a fuggire, dovunque tu vada, sempre incontrerai il male ed il pericolo, poiché è lei che ti spinge, è lei che sceglie le tue strade. Devi scegliere tu, invece. Devi cercare chi ti cerca, inseguire chi ti insegue, devi dare la caccia a chi ti caccia”

L'azione, l'avventura e i colpi di scena, sono ben descritti e ben gestiti, ma sono sempre subordinati ai personaggi della storia. La Le Guin non pone infatti al centro della storia la trama come avviene per la maggior parte degli autori, lei pone al centro dei suoi libri i personaggi. E' ciò che accade loro a a creare la storia, non viceversa.

I temi che la Le Guin affronta, nonostante siano calati in un contesto fantastico, sono profondi e attuali, spaziando dal femminismo (l'autrice infatti si considera una femminista oltre che un'anarchica), all'utopia senza dimenticare il pacifismo. La Le Guin è una dei pochi autori in grado di scavare nelle profondità dell'animo umano, mettendo a nudo le debolezze e i dubbi che cela nel profondo dei cuori, fissandolo nero su bianco nei suoi piccoli capolavori.

“E nessuno altro uomo vivrà in eterno e nessuna cosa. Non esiste l'immortalità. Ma soltanto a noi è dato di sapere che dobbiamo morire. E questo è un grande dono: il dono dell'individualità. Perché possediamo soltanto ciò che sappiamo di dover perdere, ciò che desideriamo perdere... quell'individualità che è il nostro tormento, e anche il nostro tesoro e la nostra umanità, non sopravvive. Cambia. Sparisce, come un'onda sul mare. Vorresti forse che il mare si fermasse e le maree cessassero, per salvare te stesso? Rinunceresti all'abilità delle tue mani e alle passioni del tuo cuore, rinunceresti all'alba e al tramonto, per conquistare la sicurezza per te stesso... una sicurezza eterna?”


(Le immagini presenti in questo post sono state prese da internet. Le informazioni riguardanti l'autrice sono state prese dalla Wikipedia, mentre le citazioni sono state prese dai libri di cui il posto parla)

16/05/14

Il rinvaso più difficile della storia

Pronti a parlare di un altro fantasy? Dopo gli elfi che camminano sulla neve eccoci pronti a mettere da parte queste creature immortali per restare un po' più con i piedi per terra. Oggi vi parlerò di Lumina di Kai Meyer.
Lumina
Lumina

Siamo nel 1257. Corax di Wildenburg, ex cavaliere, vive in una foresta solitaria e selvaggia insieme alla giovane figlia Libuse, la quale possiede la conoscenza della magia elementale, che ha come guarda del corpo un feroce cinghiale di nome Ombranotte. I contatti con il mondo esterno si limitano a quelli commerciali con il vicino monastero circense, dove vive Aelvin, innamorato di Libuse a cui sta un po' stretta la vita sacerdotale. Una notte presso il monastero giunge Alberto di Lauingen, chiamato Alberto Magno, il priore del convento dei domenicani di Colonia. Insieme a lui una misteriosa ragazza ferita di nome Favola. I due sono inseguiti dai soldati dell'Arcivescovo di Colona per ciò che portano con loro: la Lumina, ultimo esemplare sopravvissuto del Paradiso terrestre. La leggenda vuole che se la Lumina venisse riportata ne luogo d'origine farebbe rifiorire il leggendario giardino dell'Eden.

Come potete aver notato dalla trama, questo libro è un fantasy solo marginalmente in quanto manca delle caratteristiche creature del genere, mantenendo comunque degli elementi fantastici. Sarebbe meglio definirlo un romanzo storico con incursioni fantasy che un vero e proprio fantasy, ma a noi le etichette non interessano giusto? Noi vogliamo sapere com'è questo discreto mattonicino.

Kai Meyer
Kai Meyer
Per chi è abituato al genere fantasy e ne ha letti molti, Lumina può stonare un po', dando l'impressione di essere costruito a tavolino, un po' infantile forse, quasi leggero a volte. I personaggi sono affrontati e descritti ma mai realmente approfonditi, tranne forse per Gabriele di Goldau. Si, in questo caso sono di parte, è stato il mio personaggio preferito.

Il romanzo è ben scritto e scorrevole, con un buon equilibrio tra l'azione e il tema amoroso tra i personaggi. Le incursioni nel piano religioso, con i riferimenti all'Eden potrebbero far storcere il naso a qualche lettore, ma tutto sommato si integrano bene con il resto della storia. Ecco, se c'è da aggiungerci un ma, lo metterei per il finale, non lo so, non mi ha convinto appieno e mi ha lasciata un po' perplessa.

Un romanzo leggero, nonostante leggero non sia proprio visto il numero di pagine, adatto più ad un pubblico giovane che adulto, forse per questo non mi sento di promuoverlo davvero.

Spendo ancora due parole sulla copertina del libro, su cui di solito non dico mai nulla, questo perché a noi lettori interessa la storia, non la copertina. Dicevo della copertina, se per caso lo trovate il libreria, guardate il retro della copertina: una serie di personaggi che percorrono in fila indiana un ripido sentiero. Vi sembrerà di aver già visto quei personaggi e quella scena e non ve lo state immaginando, li avete già visti perché sono i personaggi del film Il signore degli Anelli: cosa c'entrino con Lumina è il vero mistero del libro.

(Le immagini presenti in questo articolo sono state prese da internet)

13/05/14

800 pagine buone per ammazzare gli scarafaggi

Quest'oggi nella mia rubrica faremo un'altra incursione nel mondo del fantasy. L'ultima volta che ci abbiamo provato, se ricordate, ci andò bene solo in parte. Questa settimana ci riproviamo e partiamo con il libro Gli Elfi di Bernhard Hennen.


Gli Elfi
Gli Elfi
Prima di vedere il libro vediamo un po' chi è Bernhard Hennen. Scrittore, storico e giornalista tedesco è anche un creatore di storylne per i giochi di ruolo. Vi ricorda qualcuno? Si, vi ho già parlato di autore con incursioni nei giochi di ruolo, si trattava di Ed Greenwood e non era andata affatto bene, ma proseguiamo. Hennen esordì nel '93 con il ciclo L'anno del Grifone, scritto in collaborazione con Wolfgang Hohlbein. In seguito provò a scrivere da solo lanciandoci una saga incentrata sugli elfi.

Gli Elfi, primo capitolo di questa saga, ci porta nel mondo degli elfi, creature inavvicinabili e misteriose dal fascino eterno. Il mondo degli elfi però è minacciato da un demone malvagio. Nuramon e Farodin sono decisi a sconfiggerlo e, benché non vedano di buon occhio la razza umana, si ritroveranno a combattere fianco a fianco con l'umano Mandred. Ai due elfi però non preme solo la salvezza del loro mondo, ma anche la liberazione di Noroelle, di cui entrambi sono innamorati, che, vittima del demone, è stata esiliata per l'eternità in mondo parallelo.

Le premesse ci sono e sono buone: c'è la battaglia, c'è l'amore, ci sono le tipiche creature caratteristiche dei romanzi fantasy... eppure non va. Un mattone che pesa sullo stomaco del lettore che a tratti vorrebbe gettarlo dalla finestra e a tratti si sente quasi interessato alla storia.
Bernhard Hennen
Bernhard Hennen

Hennen cerca di mantenere il fascino e il mistero degli elfi di Tolkien, riuscendoci solo in parte, mancando della poesie che Tolkien era in grado di creare quando ne parlava.

La storia tende a perdersi in se stessa, tanto che in certi punti ti domandi qual'era la missione iniziale dei due elfi, poi risbuca il demone che minaccia il mondo degli elfi e rinsavisci. Ridondanze snervanti ed estenuanti, tra le quali quella che gli elfi camminano sulla neve: ve lo ripeterà fino allo sfinimento.

Leggendo il romanzo, 799 pagine che potevano tranquillamente essere ridotte a 200 senza perderci nulla, si capisce che il demone, la lotta per il mondo degli elfi e la missione per sconfiggerlo, nonché tutti gli altri micro colpi di scena non esattamente ben incorporati nella storia, non sono che la cornice, i fronzoli per un triangolo amoroso un po' inverosimile.

Hennen è famoso in Germania, ricevendo svariati per i suoi romanzi, e viene da chiedersi come fossero gli altri autori in gara se lui è stato premiato. Non che Gli Elfi sia un romanzo totalmente da buttar via, alcuni punti non sono male, hanno del potenziale, come ad esempio i balzi temporali, ma da qui a promuoverlo appieno o a dargli qualche premio... no, mi spiace Hennen ci sono autori fantasy che sono di gran lunga migliori di te. Hai ancora molta strada da fare e, per l'amor del cielo, abbiamo capito che gli elfi camminano sulla neve, basta ripetercelo!

(Le immagini presenti in questo articolo sono state prese da internet, le notizie riguardanti l'autore sono state prese dalla Wikipedia)

06/02/14

E' italiana la mano bionica capace di sensazioni tattili

Forse le scoperte di oggi traggono ispirazioni dai "fantasy"di ieri, oppure i fantasy di ieri sono stati profetici, sta di fatto che l'uomo bionico stà prendendo forma. Per ora con una mano completamente bionica in grado di sentire senzazioni. Ancora in fase di sperimentazione, questo progetto si chiama LifeHand2 ed e' un progetto internazionale che vede l'Italia in prima linea.


Una mano artificiale innestata sul braccio amputato, capace di muoversi non solo rispondendo
direttamente agli impulsi del cervello, ma anche in grado di trasmettere sensazioni tattili, facendo "sentire" forme e consistenza degli oggetti impugnati. La sperimentazione che ha reso possibile questo nuovo passo verso l'impianto definitivo di mani bioniche si chiama LifeHand2 ed e' frutto di un progetto internazionale che vede l'Italia in prima linea. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine. Ci hanno lavorato medici e bioingegneri dell'Universita' Cattolica-Policlinico Agostino Gemelli di Roma, dell'Universita' Campus Bio-Medico di Roma, della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e dell'IRCSS San Raffaele di Roma. Fanno parte del gruppo di ricerca anche due Centri oltreconfine: l'Ecole Polytechnique Federale di Losanna e l'Istituto IMTEK dell'Universita' di Friburgo. Era il capodanno del 2004, quando Dennis Aabo Sorensen, 36enne danese, subi' l'amputazione della mano sinistra, distrutta dallo scoppio di un petardo. Da allora solo una protesi estetica e l'impegno a ricominciare con la forza d'animo che gli ha anche permesso di superare i test psicologici di selezione, fino ad arrivare a Roma, per affrontare la fase sperimentale di LifeHand 2. La comunicazione tra cervello di Dennis e mano artificiale ha effettivamente funzionato grazie a un complesso sistema d'impulsi tra centro e periferia, tra organismo e arto artificiale, che ha avvicinato ulteriormente la scienza alla riproduzione del fenomeno naturale. "Quella del feedback sensoriale e' stata per me un'esperienza stupenda", ha raccontato Dennis. "Tornare a sentire la differente consistenza degli oggetti, capire se sono duri o morbidi e avvertire come li stavo impugnando e' stato incredibile", ha aggiunto.

Un'esperienza soggettiva confermata dall'osservazione sperimentale. In otto giorni di esercizi, infatti, Dennis e' stato in grado di riconoscere la consistenza di oggetti duri, intermedi e morbidi in oltre il 78 per cento di prese effettuate. Nell'88 per cento dei casi, inoltre, ha definito correttamente dimensioni e forme di oggetti come una palla da baseball, un bicchiere o l'ovale di un mandarino. Non solo. Ha saputo anche localizzare la loro posizione rispetto alla mano con il 97 per cento di accuratezza, riuscendo a dosare con precisione non troppo distante da quella di una mano naturale la forza da applicare per afferrarli. I dati sperimentali hanno cosi' dimostrato che e' possibile ripristinare un effettivo feedback sensoriale nel sistema nervoso di un paziente amputato, utilizzando i segnali provenienti dalle dita sensorizzate della protesi. L'intervento per gli impianti di elettrodi e' durato otto ore. Il punto di collegamento tra sistema nervoso di Dennis e protesi biomeccatronica sono stati quattro elettrodi intraneurali, poco piu' grandi di un capello, impiantati nei nervi mediano e ulnare del suo braccio. Un intervento delicato, eseguito il 26 gennaio del 2013 al Policlinico "Agostino Gemelli" di Roma dal neurochirurgo Eduardo Marcos Fernandez. Sviluppati nel Laboratorio di Microtecnologia Biomedica IMTEK dell'Universita' di Friburgo, sotto la direzione di Thomas Stieglitz, gli elettrodi sono stati impiantati trasversalmente rispetto ai fascicoli nervosi, in modo da moltiplicare la loro possibilita' di contatto con le fibre dei nervi e di conseguenza la loro capacita' di comunicazione con il sistema nervoso centrale. Il gruppo di lavoro, coordinato da Silvestro Micera, docente di Bioingegneria presso l'Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e presso l'Ecole Polytecnhique Federale di Losanna, ha sviluppato parallelamente una serie di algoritmi capaci di trasformare in un linguaggio comprensibile al cervello di Dennis le informazioni provenienti dalla mano artificiale. "Il paziente e' riuscito a modulare in maniera molto efficace e in tempo reale la forza di presa da applicare sugli oggetti", ha commentato Micera. "Ha svolto, inoltre, gli esercizi bendato, riuscendo a riconoscere - ha aggiunto - le varie proprieta' di questi oggetti grazie unicamente al continuo invio d'informazioni sensoriali dalla protesi al suo sistema nervoso. E' la prima volta che si realizza qualcosa di simile". Usa una metafora, per spiegare la sfida, Paolo Maria Rossini, responsabile clinico della sperimentazione presso l'IRCCS San Raffaele Pisana di Roma e Direttore dell'Istituto di Neurologia dell'Universita' Cattolica-Policlinico Gemelli: "Ci siamo presentati un po' come i ricercatori della prima missione lunare: dopo anni di lavoro spingi il bottone, fai partire l'astronave e da li' non puoi piu' tornare indietro". Il viaggio verso il futuro, comunque, e' andato bene: "Avevamo l'obiettivo di esplorare i cambiamenti nell'organizzazione del cervello di Dennis - ha proseguito Rossini - sperando che si verificasse quel che poi e' stato: il pieno controllo dei feedback provenienti dalla protesi da parte del paziente, la preservazione della funzionalita' di cio' che rimane dei suoi nervi mediano e ulnare, la riorganizzazione della neuroplasticita' del suo cervello in modo da consentirgli un efficace controllo della mano robotica". Finanziato dall'Unione Europea e dal Ministero della Salute italiano, il cui ente capofila e' l'IRCCS San Raffaele-Pisana di Roma, LifeHand 2 e' il proseguimento di un programma di ricerca che cinque anni fa porti' la protesi biomeccatronica CyberHand - versione meno evoluta della OpenHand utilizzata per questo secondo esperimento - a rispondere per la prima volta al mondo ai comandi di movimento trasmessi direttamente dal cervello del paziente. Nel 2008, tuttavia, la protesi non poteva ancora essere calzata sul braccio umano, permetteva di compiere solo tre movimenti (presa a pinza, chiusura del pugno e movimento del mignolo) e non restituiva alla persona nessuna sensazione.                                                                                                                  Fonte  (AGI) .
Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Italia.