Il-Trafiletto
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04/03/14

L’Alzheimer si combatte anche a tavola. Con i Broccoli.

Dalla natuta un aiuto per la prevenzione di stress e Alzheimer. I broccoli. Lo sostiene uno studio presentato dal professor Paolo Costantino, docente di biologia molecolare presso l’Università La Sapienza di Roma, durante le giornate inaugurali del SapiExpo, manifestazione legata al prossimo Expo2015. Sostanza chiave delle proprietà benefiche dei broccoli sono gli antiossidanti, presenti in grande quantità soprattutto nei germogli. Essi garantirebbero un’azione preventiva contro la degenerazione cognitiva legata all’Alzheimer e lo stress ossidativo: “I comuni broccoli e in particolare i suoi germogli, sono ricchi di antiossidanti e abbiamo osservato effetti sorprendenti sulla salute umana. I risultati sono stati spesso straordinari, abbiamo verificato infatti un importante effetto protettivo sullo stress ossidativo e proprietà contro l’Alzheimer.” Afferma il Prof. Costantino. La scoperta è stata realizzata somministrando estratti di germogli di broccoli, in varie fasi della loro crescita, in campioni cellulari e in modelli animali capaci di simulare malattie umane. "I risultati. - ha spiegato il ricercatore - sono stati spesso straordinari, abbiamo verificato infatti un importante effetto protettivo sullo stress ossidativo e proprietà contro l'Alzheimer". Il principio attivo responsabile degli effetti benefici del broccolo, come ha spiegato Costantino, non è ancora stato individuato con certezza. Lo studio, ancora in corso e coordinato da ricercatori della Sapienza, e stato finanziato dalla Regione Lazio e coinvolge gruppi di ricerca molto diversi tra loro. Non è tuttavia il primo studio a indicare nei broccoli un potente alleato per la salute umana. Questo esemplare di verdura crucifera è stato associato anche a un’azione protettiva nei confronti dell’artrite, come dimostrano i risultati ottenuti dai ricercatori dell’Università dell’East Anglia, nel Regno Unito. Sono inoltre ricchi di vitamine C e K, oltre a vantare importanti proprietà protettive contro le patologie tumorali che colpiscono l’intestino.

12/02/14

Cellule giuste al posto giusto | Cosi aumenta la possibilità di curare le distrofie muscolari!

Cellule giuste al posto giusto! Cosi aumenta la possibilità di curare le distrofie muscolari! Raggruppare le cellule giuste al posto giusto per far salire le possibilità di curare delle distrofie muscolari. In breve questo è l'obbiettivo che si prefigge lo studio svolto dal team di Elisabetta Dejana dell’Ifom (Istituto Firc di Oncologia Molecolare) e dell’Università degli Studi di Milano in stretta collaborazione con Giulio Cossu del San Raffaele di Milano e dell’University College di Londra.

Lo studio, pubblicato su Embo Molecular Medicine, mette in evidenza un meccanismo d’azione fino ad oggi sconosciuto che consente ai mesoangioblasti, particolari cellule staminali progenitrici del muscolo scheletrico, di rimediare con maggiore efficienza il danno generato da patologie muscolari.
Le distrofie muscolari sono una classe di malattie genetiche neuromuscolari che portano a una progressiva e ineluttabile degenerazione del tessuto muscolare scheletrico.

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Cellula staminale
Tra queste, una delle forme più comuni che non lascia scampo è la distrofia muscolare di Duchenne (Dmd). La Dmd colpisce un bambino maschio ogni 3.500 nati e i piccoli soggetti affetti da tale patologia manifestano fin dalla prima infanzia difficoltà nel camminare che si aggravano progressivamente fino all’immobilità e a una prematura morte per complicanze cardiorespiratorie. 

A oggi non esistono terapie risolutive per queste malattie. Nonostante ciò, sono momentaneamante in via di sviluppo diversi studi pre-clinici e clinici per la messa a punto di nuovi approcci sperimentali, come quello condotto da Giulio Cossu e basato sul trapianto di mesoangioblasti cellule vengono isolate dai muscoli di donatori compatibili e iniettate nella circolazione sanguigna di pazienti Dmd.

Ma questo approccio sperimentale va incontro a non pochi ostacoli diminuendone l’efficacia: uno dei principali problemi consiste nella necessità per i mesoangioblasti di superare le pareti endoteliali dei vasi sanguigni per raggiungere il muscolo distrofico malato e generare così nuove e funzionali fibre muscolari. In questo passaggio, solo un limitato numero di cellule riesce a raggiungere il tessuto danneggiato.

“Proprio per superare questo limite”, spiega Elisabetta Dejana, “il nostro studio ha identificato in laboratorio un nuovo meccanismo d’azione in grado di aumentare il flusso di mesoangioblasti attraverso le pareti dei vasi sanguigni, garantendo quindi il raggiungimento del muscolo danneggiato”.
Questo flusso viene finemente regolato da particolari “passaggi a livello”, chiamati giunzioni endoteliali, che selezionano accuratamente cosa lasciar passare e quando. Agendo dunque su queste molecole, si può aumentare il numero di mesoangioblasti capaci di raggiungere il muscolo distrofico.

“Modulando l’attività di Jam-a, proteina altamente coinvolta nelle giunzioni endoteliali, in un modello animale affetto da distrofia muscolare il numero di cellule staminali che ripopolano e rigenerano il muscolo danneggiato aumenta”, spiegano le ricercatrici Monica Giannotta e Sara Benedetti, autrici della ricerca, “e l’aumentata rigenerazione muscolare corrisponde di fatto ad un significativo miglioramento della funzionalità dei topi distrofici che mantengono e a volte perfino migliorano la loro capacità di correre”.

Lo studio condotto all’IFOM di Milano ha permesso quindi di identificare delle molecole che potrebbero essere utilizzate in futuro per migliorare l’efficacia delle terapie cellulari per il trattamento delle distrofie muscolari. “Ovviamente siamo ancora lontani dalla prospettiva di una sperimentazione a livello clinico – precisa Elisabetta Dejana - ma i risultati sono incoraggianti e lo studio è un chiaro esempio di come la ricerca di base sia fondamentale per il miglioramento delle strategie terapeutiche. ”Lo sviluppo di questi risultati – continua la ricercatrice – potranno fornirci anche degli elementi conoscitivi preziosi anche per lo studio delle patologie tumorali, in particolare per le metastasi. La modulazione di JAM-A si potrebbe rivelare strategica nel bloccare la disseminazione tumorale attraverso le pareti dei vasi sanguigni”.
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