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12/02/14

Cellule giuste al posto giusto | Cosi aumenta la possibilità di curare le distrofie muscolari!

Cellule giuste al posto giusto! Cosi aumenta la possibilità di curare le distrofie muscolari! Raggruppare le cellule giuste al posto giusto per far salire le possibilità di curare delle distrofie muscolari. In breve questo è l'obbiettivo che si prefigge lo studio svolto dal team di Elisabetta Dejana dell’Ifom (Istituto Firc di Oncologia Molecolare) e dell’Università degli Studi di Milano in stretta collaborazione con Giulio Cossu del San Raffaele di Milano e dell’University College di Londra.

Lo studio, pubblicato su Embo Molecular Medicine, mette in evidenza un meccanismo d’azione fino ad oggi sconosciuto che consente ai mesoangioblasti, particolari cellule staminali progenitrici del muscolo scheletrico, di rimediare con maggiore efficienza il danno generato da patologie muscolari.
Le distrofie muscolari sono una classe di malattie genetiche neuromuscolari che portano a una progressiva e ineluttabile degenerazione del tessuto muscolare scheletrico.

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Cellula staminale
Tra queste, una delle forme più comuni che non lascia scampo è la distrofia muscolare di Duchenne (Dmd). La Dmd colpisce un bambino maschio ogni 3.500 nati e i piccoli soggetti affetti da tale patologia manifestano fin dalla prima infanzia difficoltà nel camminare che si aggravano progressivamente fino all’immobilità e a una prematura morte per complicanze cardiorespiratorie. 

A oggi non esistono terapie risolutive per queste malattie. Nonostante ciò, sono momentaneamante in via di sviluppo diversi studi pre-clinici e clinici per la messa a punto di nuovi approcci sperimentali, come quello condotto da Giulio Cossu e basato sul trapianto di mesoangioblasti cellule vengono isolate dai muscoli di donatori compatibili e iniettate nella circolazione sanguigna di pazienti Dmd.

Ma questo approccio sperimentale va incontro a non pochi ostacoli diminuendone l’efficacia: uno dei principali problemi consiste nella necessità per i mesoangioblasti di superare le pareti endoteliali dei vasi sanguigni per raggiungere il muscolo distrofico malato e generare così nuove e funzionali fibre muscolari. In questo passaggio, solo un limitato numero di cellule riesce a raggiungere il tessuto danneggiato.

“Proprio per superare questo limite”, spiega Elisabetta Dejana, “il nostro studio ha identificato in laboratorio un nuovo meccanismo d’azione in grado di aumentare il flusso di mesoangioblasti attraverso le pareti dei vasi sanguigni, garantendo quindi il raggiungimento del muscolo danneggiato”.
Questo flusso viene finemente regolato da particolari “passaggi a livello”, chiamati giunzioni endoteliali, che selezionano accuratamente cosa lasciar passare e quando. Agendo dunque su queste molecole, si può aumentare il numero di mesoangioblasti capaci di raggiungere il muscolo distrofico.

“Modulando l’attività di Jam-a, proteina altamente coinvolta nelle giunzioni endoteliali, in un modello animale affetto da distrofia muscolare il numero di cellule staminali che ripopolano e rigenerano il muscolo danneggiato aumenta”, spiegano le ricercatrici Monica Giannotta e Sara Benedetti, autrici della ricerca, “e l’aumentata rigenerazione muscolare corrisponde di fatto ad un significativo miglioramento della funzionalità dei topi distrofici che mantengono e a volte perfino migliorano la loro capacità di correre”.

Lo studio condotto all’IFOM di Milano ha permesso quindi di identificare delle molecole che potrebbero essere utilizzate in futuro per migliorare l’efficacia delle terapie cellulari per il trattamento delle distrofie muscolari. “Ovviamente siamo ancora lontani dalla prospettiva di una sperimentazione a livello clinico – precisa Elisabetta Dejana - ma i risultati sono incoraggianti e lo studio è un chiaro esempio di come la ricerca di base sia fondamentale per il miglioramento delle strategie terapeutiche. ”Lo sviluppo di questi risultati – continua la ricercatrice – potranno fornirci anche degli elementi conoscitivi preziosi anche per lo studio delle patologie tumorali, in particolare per le metastasi. La modulazione di JAM-A si potrebbe rivelare strategica nel bloccare la disseminazione tumorale attraverso le pareti dei vasi sanguigni”.

20/10/13

Il Regno Unito ospita il primo hamburger di carne artificiale!

Servito il primo hamburger di carne artificiale nella capitale del Regno Unito. Cotto e mangiato in diretta in uno studio televisivo di Londra il primo hamburger creato facendo uso delle cellule staminali di un mucca, sviluppate in vitro fino ad ottenere i 140 grammi di manzo, "sintetico" ma del tutto indistinguibile, chiaramente non il sapore, da un hamburger originale. Alfine di produrre la carne, lo scienziato olandese Mark Post è partito da cellule staminali prelevate da un manzo, per poi farle moltiplicare e crescere in un liquido di coltura di origine animale, ma già si sta cercando un alternativa per poi spingerle ad evolversi in tessuto muscolare. Tale procedimento è durato tre mesi.
L'esperimento ha dato vita a carne sufficente per un hamburger, cucinato con aggiungendo soltanto un pizzico di sale e pepe. Adesso i palati fini della tavola faranno valere le loro ragioni, denunciando che il sapore non è affatto piacevole, dato che è stato prodotto soltanto da tessuto muscolare, e che gran parte del gusto della carne è dovuto al grasso e al sangue.
Al momento, oltretutto, la carne artificiale non presenta affatto nessuna convenienza economica: per crearla sono stati spesi infatti ben 250.000 Euro, forniti da un anonimo finanziatore, il che ne fa probabilmente l'hamburger più costoso della storia. Con questa esibizione chiarmente Mark Post spera di trovare nuovi fondi per le sue ricerche.
Lo scienziato ritiene che, dopo avere dimostrato che esiste la possibilità di produrre carne commestibile artificialmente , il prezzo di produzione calerà rapidamente fino a divenire più basso di quello della carne vera. 
Hamburger di carne artificiale

Lo scienziato Olandese sta già studiando il modo di generare anche cellule adipose e persino ossee (per chi vuole rosicchiare una braciola artificiale), nonché di equipaggiare la sua carne di un sistema circolatorio che consenta di produrla in grossi tranci, perchè al momento cresce in sottili striscioline, in quanto che il liquido nutriente non riuscirebbe a raggiungere le cellule.
La produzione di carne è attualmente sotto accusa per la sua scarsa sostenibilità: allevare bovini e suini occupa una quantità di suolo coltivabile sproporzionata rispetto alla quantità di cibo ottenuta, e produce in abbondanza gas che contribuiscono al riscaldamento globale. Secondo Post la carne artificiale risolverebbe questo problema, soddisfacendo le tendenze carnivore di molti esseri umani con un consumo di risorse che, secondo le prime stime, sarebbe molto inferiore di quello della carne autentica (dal 60% al 90% in meno). E senza far soffrire alcun essere vivente.
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