Il-Trafiletto
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21/03/14

Leto e il Gallo: questo illustre sconosciuto

Leto con Apollo e Artemide
Leto, Aurora e il Gallo


Cari lettori del Trafiletto, oggi faccio un balzo nell’affascinante mitologia greca, per ritrovare quell’uccello domestico dal piumaggio brillante e dalla testa grossa con cresta carnosa e bargigli che tutti noi conosciamo: il gallo. Ancora oggi questo volatile viene  ricordato per il suo canto annunciatore dell’alba, senza che nessuno si domandi il come e il perché esso apra il becco e faccia vibrare l’ugola per intonare la sua millenaria melodia poco prima dell’arrivo del giorno. Tutto ebbe inizio quando: Leto, (Latona per la mitologia romana, figlia dei titani Ceo e Febe) dea greca, sposa Zeus e diviene madre di Apollo e Artemide.
Secondo la tradizione storica più diffusa, l’unione di Leto con il re olimpico ebbe luogo a Didimo presso Mileto, e da quel momento la dea fu perseguitata dalla gelosia di Era, (settima moglie di Zeus) che la costrinse a vagare per molte terre prima di poter partorire.
Per volere di Era, infatti, Leto avrebbe potuto sgravarsi unicamente in un luogo che non fosse mai stato illuminato dal sole. Le peregrinazioni di Leto incinta sono state narrate e suddivise in due gruppi, di cui il primo si ricollega alla Licia, il secondo all’isola di Delo.
La singolare condizione posta da Era al parto di Leto, sottolinea che Apollo doveva nascere nelle tenebre, e quindi pone in evidenza l’aspetto oscuro ed infero del dio e di sua madre: aspetto che coincide con il carattere lupino di Apollo e si riconnette alla Licia (in greco Likia, paese dei lupi); l’elemento lupino sopravvive anche nelle tradizioni che indicano l’isola di Delo come luogo natale di Apollo. Si narra infatti che Zeus abbia trasformato Leto in lupa, e che sotto questa forma la dea sia giunta a Delo e qui abbia partorito i due gemelli. Parto che si protrae per nove giorni e nove notti di terribili doglie, alla presenza di tutte le grandi dee. Le doglie si protraggono così a lungo poiché Era aveva trattenuto con l’inganno sull’Olimpo la dea dei parti, Ilizia; quest’ultima, infine, viene chiamata da Iris, (personificazione dell’arcobaleno) che sospinge la dea dei parti sull’isola, la quale sollecita e assiste al parto. Ed è proprio nel divino evento che entra in scena il nostro comune gallo: Fato vuole che alla fine dello sgravio gemellare sia presente l’uccello domestico che oggi noi chiamiamo il gallo del mattino; questo, fino ad allora anonimo volatile, passa alla storia mitologica come l’annunciatore di Aurora, (dea greca dalle rosee dita che precede in cielo il fratello Elios, recando agli uomini la luce), divenendo per sempre sacro alla stessa dea Leto.
Cari amici del Trafiletto, se un comune uccello domestico è riuscito a divenire un "illustro sconosciuto", non disperate, siate speranzosi, anche voi un giorno potreste ritagliarvi un lembo di eterna storia.
La cresta del Gallo-particolare
Il gallo sacro a Leto

06/12/13

Perchè si dice: "essere un anfitrione"?

Anfitrione
Ed eccoci ad un altro adagio, anche questo desueto devo dire, in realtà mi riporta alla mente una canzone di Aznavour.
Essere un Anfitrione, si dice di un ospite generoso e accogliente, presso il quale si mangia bene, abbondantemente in allegria. Anfitrione è un eroe mitico, figlio di Alceo e re di Tirinto.

Restò forse, ironicamente, famoso per la sua prodigalità. Ospitò Zeus e questi, innamoratosi di sua moglie Alcmena, si travestì ed eluse la fedeltà della donna, rendendola madre di Ercole. Ma l'origine vera del detto è probabilmente nella battuta dell'Amphitryon di Molière, dove Sosia, per indicare chi è il vero marito di Alcmena, tra Anfitrione e Zeus che ne ha assunto l'aspetto, dice: Le véritable Amphitryon, c'est l'Amphitryon où l'on dine (il vero Anfitrione è l'Anfitrione presso cui si mangia).

07/11/13

Perchè si dice "il re travicello"?

Ai bei vecchi e cari tempi del liceo la mia professoressa di latino e greco, ci fece tradurre una favola di Esopo, intitolata "Le rane chiesero un re".  Ricordo perfettamente che risi quando mi trovai a tradurre proprio una frase buffa: Zeus mandò alle rane un re travicello.
Da questa frase capii poi che era nato un adagio.
Il re travicello si dice di occupa un posto di comando solo per figura senza avere l'autorità necessaria. In fatti narra  la favola di Esopo che le ranocchie, stanche di vivere senza alcuno che le governasse, mandarono ambasciatori a Zeus, pregandolo di largire loro un re. E Zeus, vedendo la semplicità del loro animo, buttò giù nello stagno un pezzo di legno.

Le rane chiesero un re
 A tutta prima, atterrite dal tonfo, le ranocchie si tuffarono nel fondo; ma poi dato che il legno rimaneva immobile, risalirono a galla, e giunsero a tal punto di disprezzo per il loro re che gli saltarono addosso e vi si accomodarono sopra. Infine, vergognandosi di avere un sovrano di tal fatta, andarono nuovamente da Zeus, e lo pregarono di mandare loro un re più valido, perchè il primo era troppo indolente. Allora Zeus perdette la pazienza, e mandò una biscia d'acqua, che comincò ad afferarle e divorarsele. La favola, conclude Esopo, mostra che è meglio avere governanti infingardi ma non cattivi, piuttosto che turbolenti e malvagi.
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