11/02/14

Rimini | Soprannome e umiliazione difficili da digerire 15enne lascia la scuola e torna nella sua Sicilia

Si era trasferito da poco a Rimini dalla Sicilia: l'accoglienza non solo non era stata delle migliori nell'istituto superiore che frequentava, ma presto la "convivenza" con i coetanei era diventata difficile anche online. E’ accaduto nella città romagnola ad un ragazzo siciliano di 15 anni. Per tutti era diventato ‘il sorcio’. Nessuno lo chiamava più per nome, da quando i compagni di scuola avevano invaso Facebook con quel crudele soprannome che richiamava i suoi denti sporgenti. Contro quel mondo virtuale che gli aveva cambiato identità, il 15enne non poteva fare nulla, se non gettare la spugna. Così ha lasciato la scuola a Rimini dove frequentava la prima liceo ed è tornato nella sua Sicilia, riacquistando la sua vita. Se ne sono andati tutti, anche la famiglia, ma prima di lasciare il ‘civile Nord’, hanno sporto denuncia contro i giovani bulli. Quattro coetanei della vittima che adesso chinando il capo chiedono scusa di una crudeltà che è tutta dei 15 anni. I ragazzini, difesi dagli avvocati Luigi Renni e Piero Venturi, sono stati interrogati dalle forze dell’ordine, alla presenza di genitori, dicono, stavolta poco inclini a giustificarli. «Ci dispiace moltissimo — hanno confessato tra le lacrime — non abbiamo capito la gravità di quello che stavamo facendo, e gli chiediamo scusa». Non si erano resi conto, hanno ammesso, che con quel ‘click’ avrebbero messo in moto tanta sofferenza. Eppure, hanno raccontato mortificati, erano stati gli unici a cercare di coinvolgere quel ragazzino appena arrivato in Romagna dalla lontana Sicilia. Un giovane riservato che non legava con nessuno. Solitario per scelta o per forza, non era comunque riuscito a farsi degli amici. Ci avevano provato loro, usando il linguaggio della loro generazione: Facebook. Lui ha cercato per mesi di non vedersi diverso dagli altri, di convincersi che i suoi denti erano simili a milioni di altri, ma sapeva che era una battaglia persa in partenza. Nessuno più a scuola lo chiamava con il suo vero nome. «Il sorcio è partito», «il sorcio è appena tornato» scrivevano sul web. E lui era diventato una figura distorta che aveva finito col manifestarsi anche nel suo specchio. Da sempre nelle aule di scuola i soprannomi si sono affibbiati, e qualche volta anche quelli che facevano male. Si faceva finta di niente, si sprecavano i lacrimoni e speravi che passasse. E il peggio prima o poi passava. Anche se c’è gente che a 50 anni non l’ha ancora digerita del tutto. Purtroppo al giorno d’oggi diventa impossibile farlo per un 15enne che se lo trova scolpito ogni momento nell’unico universo che adesso conta se vuoi contare, quello di Facebook. Ha capito che non ce l’avrebbe fatta, troppa sofferenza, nessuna difesa. E ha deciso di scappare via. I genitori hanno capito, ma prima di fare le valigie hanno voluto ‘vendicare’ la sua umiliazione, e hanno denunciato i persecutori. Che persecutori non sono, perché non hanno nemmeno capito perchè sono finiti davanti al Tribunale dei minori. Quello, hanno detto, era un modo per essere amici suoi.
Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Italia.