24/12/13

“Meglio un goccio di birra che un tozzo di pane!” Sarà poi vero?

Si esprimevano cosi i nostri progenitori: “meglio un goccio di birra che un tozzo di pane”! Secondo l’idea di Patrick McGovern, direttore del Biomolecular Archaeology Project for Cuisine, Fermented Beverages and Health alla University of Pennsylvania, i nostri antenati sarebbero giunti alla conclusione di abbandonare la vita che conducevano da nomadi preferendo l’istituzione delle prime comunità agricole incoraggiati dall’idea di dare vita alla “bionda” per eccellenza. Per esigenze di sete, insomma, più che di fame. Ma sarà poi vero? Certo è che la sua non è un’opinione condivisa dai più.

La "bionda" birra
La teoria più largamente diffusa ed accettata dalla comunità scientifica, infatti, afferma che i raccolti agricoli di diecimila anni fa fossero destinati per la preparazione del pane – ma McGovern la pensa diversamente, come ha raccontato a Nautilus: "La birra ha innumerevoli effetti benefici. Un alto contenuto di vitamina B e lisina, per esempio. Ma anche il fatto che è molta più sicura da bere rispetto all’acqua, perché il processo di fermentazione uccide batteri e virus.

Con il suo quattro per cento di contenuto alcolico, era considerata un potente alterante della mente e una sostanza medicinale". Tanto che, secondo lo scienziato, gli antichi produttori di birra erano considerati medici dalle comunità preistoriche.
Racconta McGovern che l’uomo preistorico avrebbe imparato a produrre la birra partendo da una specie di "pappa" a base di orzo. Il lievito naturale, forse fornito dagli insetti, avrebbe fermentato tale pappa, creando una sostanza gelatinosa alcolica, l’antenato della birra moderna. Si tratta, in effetti, di una ricetta più semplice di quella del pane, che richiede, oltre alla mietitura, la macinazione e la cottura. Ma c’è dell’altro.

Secondo McGovern, la produzione e il consumo di birra aveva anche un forte impatto sociale: la bevanda era largamente utilizzata in cerimonie e celebrazioni, più o meno come accade oggi. La teoria dello scienziato statunitense non è del tutto nuova: già negli anni ‘50, Robert Braidwood, esperto di storia antica del Medio Oriente alla University of Chicago, analizzando grano e falci rinvenuti negli insediamenti dei Natufiani – una popolazione vissuta quindicimila anni fa nell’attuale Giordania – era arrivato a una conclusione analoga. Soprattutto perché la tecnologia di mietitura allora disponibile avrebbe portato a “produzioni di cibo troppo scarse rispetto al lavoro richiesto”: per questo motivo, secondo Braidwood, i nostri antenati avrebbero preferito “qualcosa di più gratificante e prezioso del cibo: l’alcool”.
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